Strano mondo quello degli strategici in tempo reale, spesso più improntati sulla tattica che sulla strategia. Ma, finché si tratta di convenzioni e nomenclature, il problema è relativo. Piuttosto, il limite vero è che il genere, in quest’epoche di trambusti, è rimasto fin troppo uguale a se stesso. Rare le eccezioni al di fuori della formula aurea dettata da Blizzard, anche se a ben vedere il 2007 potrebbe essere l’anno del cambiamento, proprio in seno a una rinnovata passione per la tattica, che sembra aver conquistato il panorama “rts”.
World in Conflict è un campione perfetto della nuova era di rtt, real-time tactical. L’accumulo di risorse in loco, croce e delizia di praticamente ogni titolo di grido da Dune II a oggi, viene eliminato in favore di un sistema più snello e rigoroso, basato sul credito e la conquista. Tolta di mezzo l’ovvia riflessione che l’anima della guerra sono i soldi, l’economia bellica studiata da Massive Entertainment (team svedese già responsabile dei due Ground Control) funziona a meraviglia, donando per di più al gioco un accattivante ritmo marziale. Il monte totale di denaro spendibile in missione per richiedere rinforzi è prestabilito. Ciò scongiura l’insensata corsa all’armamento.
Più che il numero di unità, per il risultato degli scontri è importante la tipologia, secondo un’efficace rivisitazione dello schema classico sasso, carta, forbice, al quale bisogna aggiungere il dogma costi e benefici. Crediti vengono reintegrati in caso di perdite, mentre altri bonus sono ottenibili soddisfando gli obiettivi secondari richiesti dal comando, consentendo di rimpolpare lentamente le fila, magari quel plotone mandato al macello, ma il fatto che le truppe sopravvissute guadagnino esperienza di battaglia in battaglia suggerisce di ponderare bene le proprie mosse. Queste contemplano anche una serie di ausili tattici, come bombardamenti a tappeto in grado di risolvere le situazioni più complicate, opzioni da guadagnare ancora una volta in maniera prettamente militare, attraverso punti vinti con le azioni sul campo, per esempio la conquista di postazioni nemiche.
Le sortite, comunque, hanno uno sviluppo lineare. La campagna singleplayer mette di fronte, uno dopo l’altro, ai vari contesti di gioco, in ottica di lasciare maggior margini interpretativi nel multiplayer, che rappresenta una porzione abbondante di World in Conflict. Intanto ci si può gustare una carrellata di storia alternativa, indietro nel 1989, incominciando da Seattle, dove si concentra l’invasione sovietica degli States, all’indomani di una diversa conclusione della Guerra fredda. Il richiamo è ad Alba rossa di John Millius e la produzione ricorda quella degli odierni telefilm, con un buon cast di personaggi e un eccellente motore di gioco che, all’occorrenza, diventa altamente cinematografico. Lo stesso che ritaglia con gusto le scene del racconto anima battaglie cruente ed estremamente “fisiche”, interattive al centro e tutt’attorno di un mondo 3D alla mercé del giocatore, che tocca il culmine nella conseguenze estreme dello sganciamento di un ordigno nucleare.
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