Ad una decina di anni da L'arcano incantatore, Pupi Avati torna al cinema di genere con un film disturbante e denso di inquietudini in cui il regista emiliano gioca con lo spettatore attraverso suggestioni complesse e spaventose.
Una vedova italiana (Laura Morante) dopo un lungo ricovero in clinica psichiatrica, decide di rifarsi una vita aprendo un ristorante italiano a Davenport, Iowa, dove già sua zia ne aveva avuto uno. Sceglie un grande edificio isolato in cima ad un colle, disseminato ovunque di rettili decorativi: la Snakes' Hall, un antico pensionato per anziane gestito da suore. Una volta stabilitasi all’interno di questa insolita dimora, incomincia ad avvertire, durante la notte, delle presenze, a sentire voci, rumori, passi scorrere lungo il perimetro delle pareti. Pensa di essere di nuovo vittima della sua malattia mentale. Ma proprio questi rumori notturni quasi costanti e quasi reali, la spingono a interessarsi alla storia della casa, fino a scoprire qualcosa di tremendo accaduto in una notte di bufera prima di Natale, nel 1957.
Non splatter, tutt'altro che facile e psicologicamente disturbante, Il nascondiglio è un film in cui Avati addensa, senza protezione alcuna per lo spettatore, una serie di elementi terrificanti e vagamente ripugnanti.
Il regista sfrutta l'elemento claustrofobico per costruire una storia intorno ad una donna sola che si trova in una cittadina dove, di fatto, non può 'fidarsi di nessuno'. Sono in molti, infatti, quelli che non vogliono ricordare cosa era accaduto cinquanta anni prima e - ancora di più - sono quelli che vorrebbero vedere la bella italiana occuparsi soltanto di sughi e spaghetti. In questo senso il film di Avati funziona particolarmente bene in quanto è un coacervo di cattivi pensieri e situazioni di comodo dove le azioni di una donna volte a turbare la pace della piccola cittadina, vengono registrate da tutti come una 'follia'.
Ed è questo 'l'altro tema' de Il Nascondiglio, l'avere come protagonista una presunta 'pazza' porta la narrazione su un piano di fragile equilibrio dove l'incertezza domina il racconto e il pubblico si sente confuso nel seguire le strane scelte di una donna sola, non del tutto affidabile e un po' enigmatica in quanto non è chiaro a nessuno chi sia veramente e cosa sia accaduto nel suo passato. In più, e questo è l'elemento ancora più divertente del film, Pupi Avati dissemina la pellicola di indizi e segnali contraddittori che vanno dal suo gusto per il cinema di genere e per la letteratura gialla fino ad arrivare al suo sconfinato amore per il Jazz.
Il nascondiglio è senza dubbio un'altra grande sorpresa di questo regista che dopo tanti drammi e commedie torna al cinema con una storia inquietante, figlia di una forte crudeltà e non priva di perversione e concupiscenza. Un thriller - horror italiano in cui la violenza va di pari passo con la ricerca di una verità che nessuno vuole davvero arrivare a conoscere.
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