La scrittura non è quasi mai una disciplina facile. Scordatevi i miti tardo-romantici degli scrittori nati per narrare storie e dell'attitudine intrinseca all'arte e al capolavoro. Non è così che funziona. Serve invece spirito di dedizione, sacrificio, cultura, lavoro. Disciplina, insomma. Proprio come confessa Thomas Pynchon nella brillante introduzione a questa antologia, l'unica da lui pubblicata nella sua ormai quasi cinquantennale carriera e non a caso intitolata Slow Learner. Se a dirlo è il più grande scrittore vivente, l'uomo capace di trasformare in mitologia postmoderna ogni singola immagine uscita o rielaborata dalla sua macchina da scrivere, c'è da fidarsi.
Proseguendo nel solco della riscoperta del mito di Pynchon, due anni dopo L'incanto del lotto 49 Einaudi ristampa la leggendaria raccolta già edita dalle edizioni e/o come Entropia (dal titolo del racconto forse più rappresentativo del libro), ripristinando il titolo originario: Un lento apprendistato, appunto. Cinque racconti, praticamente tutta la produzione breve di un autore che ha abituato i suoi lettori a un tonnellaggio non inferiore alle 600 pagine. Manca solo Mortality and Mercy in Vienna, l'unico lavoro breve dei suoi ancora inedito in Italia a quasi cinquant'anni dalla sua pubblicazione (correva l'anno 1959).
Del libro e dei racconti, ricordo di averne parlato nella prima puntata della rubrica Borderline, dedicata proprio allo scrittore newyorkese. Vi rimando a quelle pagine per un profilo più dettagliato dell'autore e per una panoramica dei suoi temi (http://www.fantascienza.com/magazine/rubriche/7127/), limitandomi a riportare in questa sede un brano del capitolo dedicato all'antologia in questione.
"... I racconti sono piccoli capolavori di precisione in cui l’autore riesce a collaudare in una manciata di pagine un meccanismo narrativo perfetto. La decisione di Pynchon di sospendere la sua dedizione alla narrativa breve è stata forse motivata anche dallo sforzo immaginifico e creativo sotteso al respiro cosmico cui ambiscono le sue opere lunghe. I romanzi, dopotutto, sono concepiti come pretesto per tutta una serie di digressioni, divagazioni e flashback che da soli potrebbero reggere il peso di un racconto autonomo: a voler tentare un azzardo, sono un po’ come il Decamerone di Boccaccio, una cornice storica farcita di racconti.
I cinque brani di Entropia possono prestarsi facilmente ad una lettura critica, volta a portare allo scoperto il funzionamento segreto della narrazione, la potenza intrigante dell’affabulazione, il controllo totale sulla materia raccontata. E, al contempo, rappresentano un’ottima occasione per seguire il percorso di crescita dello scrittore che, a partire da un’opera già ampiamente riuscita come Pioggerella, racconto dai toni lirici e struggenti di una prova tecnica dell’Apocalisse, non si fossilizza nello stile e nei temi ma si rinnova ad ogni successivo tentativo, portando avanti una crescita esponenziale fino all’ultima Integrazione segreta, che chiude il sipario sullo spettacolo con una nota d’impegno e critica sociale. Nel mezzo vi sono il citato Terre basse, esperienza onirica di un mondo fantastico (forse addirittura l’immaginario collettivo) sepolto in una discarica; il racconto che dà il titolo a quest’ultima edizione della raccolta e che offre un duplice punto di vista su un tema tanto attuale quanto poco esplorato come l’entropia (concetto cruciale sia in termodinamica che nella teoria dell’informazione, successivamente ripreso sia in V. che nel Lotto 49), dove la contrapposizione di due spinte che potremmo dire archetipiche (rispettivamente alla mitizzazione della catastrofe e alla banalizzazione del disordine) si riflette nel tono della narrazione, che oscilla tra il fatalistico e l’esilarante; e, per finire, il già citato Sotto la rosa, in cui gli avvenimenti che fecero da sfondo alla crisi di Fashoda del 1898 offrono lo spunto per una rappresentazione del mondo soggetta alle leggi della statistica (cos’è la gaussiana che si affaccia agli occhi di Porpentine nella scena finale se non l’evidenza simbolica dello scontro di Forze superiori che si sono sostituite al gioco degli uomini?).
I racconti di Pynchon esplorano il senso di una catastrofe imminente, il rapporto con il serbatoio della cultura popolare, il degrado dell’informazione, la concezione statistica della storia e lo scontro di prospettive. Manipolazione delle fonti, uso di citazioni e pastiche, come sottolineato nell’illuminante postfazione all’edizione italiana di Roberto Cagliero, sono invece i più marcati tratti stilistici che emergono da queste prove, per altro passate in rassegna nella preziosa Introduzione scritta dallo stesso maestro americano, in cui conduce con tono brillante un’attenta disamina critica e ontogenetica dei racconti, soffermandosi oltre che sui presunti difetti ed errori di gioventù anche sulle fonti d’ispirazione. "
Un lento apprendistato di Thomas Pynchon (Slow Learner), traduzione di Massimo Bocchiola, Einaudi Stile Libero, pag. 203, euro 11,00.
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