Le riviste hanno fatto, probabilmente, la vera storia della fantascienza. Chiunque voglia affrontare la nascita e l'evoluzione di questo genere non può farlo se non seguendo le vicende delle riviste, almeno fino agli anni settanta quando l'editoria libraria prese il sopravvento.
La fantascienza è nata su Amazing Stories, è cresciuta su Astounding, ha raggiunto la maturità su Galaxy e su Fantasy And Science Fiction. La grande rivoluzione stilistica degli anni sessanta, la new wave, è stata promossa dalla rivista inglese New Worlds. E ancora oggi tanti nuovi autori muovono i loro primi passi su Asimov's o Analog. Ma se è chiaro che i giorni di gloria sono finiti da tempo, sembra che ora una nuova crisi stia accelerando il lento declino di questo settore.
In un articolo pubblicato sul suo blog e ripreso da Boing Boing, l'autore inglese Warren Ellis mette il dito nella piaga mettendo in mostra i crudi dati che evidenziano il sensibile calo negli ultimi anni delle vendite delle riviste.
Asimov's Science Fiction, che qualche anno fa era la rivista leader e che tutt'ora con i suoi racconti domina le nomination ai vari premi, ha visto scendere del 13% i suoi abbonati in soli due anni, attestandosi al momento su circa 15000; poco di meno fa Fantasy & Science Fiction, intorno ai 14500, che però si mantiene sostanzialment stabile.
Entrambe le riviste vengono vendute anche in edicola: F&SF vende circa 3700 copie, mentre i numeri della Asimov's non sono disponibili.
Analog è la rivista leader del settore, e perde circa il 7% ogni anno. Al momento conta su 23700 abbonati e vende circa 4600 in edicola, con una percentuale di 3,2 copie vendute ogni dieci distribuite.
Non vanno affatto meglio le cose in Inghilterra, dove la rivista di narrativa più nota, Interzone, vende tra le duemila e le tremila copie (appena il doppio di Robot: ci consoliamo).
Secondo Cory Doctorow, che ha rilanciato l'argomento sul suo famoso blog Boing Boing, il problema delle riviste è la difficoltà a condividerne l'esperienza. Se un lettore apprezza un racconto letto su una rivista, non può consigliare agli amici di acquistare quel numero perché spesso è già sparito dagli scaffali. A differenza di quanto avviene con le pubblicazioni online, i cui racconti restano disponibili per mesi (a volte per sempre) e possono quindi essere linkati facilmente e condivisi. Doctorow dice anche se fosse lui il direttore di una rivista darebbe le copie in anteprima a tutti i blogger che conosce, li farebbe votare per il miglior racconto, ne metterebbe uno online in podcast, farebbe intervistare gli autori dai siti più letti e così via. Insomma sfrutterebbe il potere di comunicazione della rete.
Le idee di Doctorow sono giustissime; del resto la fantascienza è un prodotto di nicchia, e internet è il mezzo più adatto - forse l'unico - per raggiungere i propri clienti se si opera in un settore di nicchia.
La sorte delle riviste online, come Strange Horizons o Sci Fiction però testimonia come il modello online possa aver successo solo se non ha scopi di vero business. Probabilmente queste riviste online sono state importanti per far conoscere gli autori che hanno pubblicato, ma non sono riuscite a guadagnare abbastanza soldi da rendere l'impresa stabile. Non è detto che non sia possibile, ma in questi due casi sicuramente non è avvenuto.
C'è anche da sottolineare, anche se forse questo vale più per l'Italia e meno per gli Stati Uniti, che l'età media dei lettori di fantascienza è piuttosto alta, mentre i mezzi di comunicazione di cui parla Doctorow sono frequentati da persone mediamente più giovani.
Non si può neanche fare a meno di notare, comunque, come tutte e tre le maggiori riviste americane, Asimov's, Analog e Fantasy & Science Fiction, abbiano un aspetto terribilmente vecchio. Una grafica interna noiosa e ai limiti della leggibilità, zero stimoli né grafici né testuali. Copertine - con l'eccezione di Fantasy & Science Fiction che invece mantiene una qualità delle illustrazioni decisamente più alta - spesso prive di creatività e di spunti narrativi oltre che non di rado davvero brutte. Tutte queste riviste hanno siti web deludenti che fanno ben poco per favorire il crearsi di una community; anche se apprezziamo la buona abitudine inaugurata da qualche anno di mettere online i racconti finalisti ai premi Hugo e Nebula.
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