Salvatore Proietti insegna Letterature anglo-americane all'Università della Calabria, ed è direttore di Anarres. Fra i suoi lavori più recenti, la cura di Henry David Thoreau, Dizionario portatile di ecologia (Donzelli 2017), e saggi su Samuel R. Delany (Leviathan, A Journal of Melville Studies, 2013) e sui conflitti razziali in Philip K. Dick (in Umanesimo e rivolta in Blade Runner, a cura di Luigi Cimmino et al., Rubbettino 2015), e una panoramica storica della SF italiana (in Science Fiction Studies, 2015), oltre alla riedizione della traduzione di Paul Di Filippo, La trilogia steampunk (Mondadori 2018).
C’era qualcosa di diverso nella scena del fantastico emergente nei Sixties statunitensi, catalizzato da un nuovo pubblico, che trovava le sue voci anche in nuove espressioni artistiche (dalla musica al fumetto) – un ricambio generazionale che rinnovava i generi, come altre volte prima e dopo, non rimpiazzando le sensibilità precedenti ma ampliando la gamma degli interessi. In quella scena e in quel pubblico le donne si stavano aprendo uno spazio duraturo. Della rinnovata comunità legata alla scrittura e alla lettura fantastica Ursula K. Le Guin sarebbe diventata la più alta portavoce.
A sua volta legata alle istanze di emancipazione e uguaglianza di quegli anni, in cui il femminismo stava diventando centrale, anche la critica scopriva che la SF aveva linguaggi propri, che antropologie aliene e speculazioni scientifiche non erano zavorra “commerciale” che allontanava dalla necessaria gravitas “artistica”, in tutte le sue versioni, dal New Criticism al crocianesimo o al marxismo volgare. L’amore per l’alterità e le utopie problematiche parlavano, su tante lunghezze d’onda, a tante speranze – e continuano a farlo nella scena che di Le Guin ha seguito le orme.
In Nordamerica, a segnare l’inizio dell’attenzione critica erano stati il numero speciale di Science-Fiction Studies curato da Darko Suvin nel 1975 (con Suvin, Fredric Jameson, Donald F. Theall, Douglas Barbour, Ian Watson e altri) e, un anno prima, New Worlds for Old di David Ketterer, insieme agli scritti di Robert Scholes e a intuizioni di Raymond Williams. In Italia, erano state soprattutto le introduzioni di Riccardo Valla e Carlo Pagetti alle traduzioni della Editrice Nord di Gianfranco Viviani (per me, soprattutto quella di Pagetti a I reietti dell’altro pianeta) a renderla centrale. Poi, a partire da Tom Moylan, gli studi utopici avrebbero messo l’accento sull’importanza dei suoi mondi, non autoritari perché imperfetti e perfettibili, mentre anche la fantasy e i juvenile diventavano modelli.
In questi ultimi mesi, molti sono stati i tributi a Le Guin (rimando alla pagina apposita nel sito dell’autrice). Per questo forum si è cercato di radunare persone, italiane e anglofone, che si erano occupate di lei e che sarebbe stato bello si unissero alla conversazione.
Alcuni omaggi mettono a fuoco temi, angolazioni di lettura: la compassione per Raffaella Baccolini, studiosa di utopia e distopia; la traduzione per Eleonora Federici, storica della SF delle donne; la migrazione per Joseph McElroy, scrittore spesso compagno di strada del genere.
Altri, come David Ketterer, Tom Moylan e Carlo Pagetti, colgono l’occasione per proseguire il dialogo con Le Guin, rileggendo retrospettivamente il loro lavoro critico; di un dialogo intellettuale e anche personale parla il mio intervento.
Non ci sono dubbi che il dialogo proseguirà, anche su Anarres; in particolare auspichiamo che Darko Suvin dica la sua: il suo concetto di “parabole di de-alienazione” (che Italo Calvino avrebbe condiviso) non smette di avere rilevanza, per Le Guin e per le speranze che ha concretizzato per tutta la vita, e anche per noi.
A Eleonora Federici e Carlo Pagetti va un ringraziamento speciale per il loro sostegno, che ha reso l’allestimento del forum un’esperienza molto più piacevole.
2018
di Salvatore Proietti
di Brian Attebery
Precedenti all'organismo di cui sono parte, e allo stesso tempo mantenendo la loro autonomia di azione, i mitocondri offrono un utile modello per l'intertestualità della SF/F, e specialmente di quella delle donne. Il dialogo fra testi, e tra chi li scrive e legge, può essere riconosciuto e valorizzato al meglio soltanto se si consente alle comunità sorte dalla pratica della scrittura e della lettura di compiere il suo ruolo. La cancellazione della SF delle donne è funzione della cancellazione di questi sforzi collettivi, azioni che spesso vanno oltre nozioni autoritarie del controllo autoriale; in effetti, alla bloomiana "angoscia dell'influenza", tutta al maschile, si sostituisce un'"euforia dell'influenza" che, frutto della scrittura delle donne, consente una permanenza anche agli autori maschi omaggiati e riscritti.
di Salvatore Proietti
di Raffaella Baccolini
di Eleonora Federici
di David Ketterer
di Joseph McElroy
di Tom Moylan
di Carlo Pagetti
di Salvatore Proietti
di Roberta Mori
L'articolo analizza la ricezione critica italiana della fantascienza di Primo Levi, dalla pubblicazione di Storie naturali (1966) alla seconda edizione di Vizio di forma (1987).
di Alessandro Fambrini
L'articolo discute l'antologia di racconti fantascientifici Saiäns-Fiktschen, pubblicata nel 1981 da Franz Fühmann, figura rilevante nella letteratura del dissenso nella Germania Est. Tra scenari distopici e ricerche scientifiche dagli esiti frustranti, le storie mettono in scena un generale pessimismo rispetto alla capacità umana di evolvere verso forme individuali e sociali migliori attraverso le ideologie del suo tempo, in opposizione al forzato ottimismo ufficiale. Allo stesso tempo omaggio e parodia, la sua fantascienza fonde speculazione e scrittura saldando insieme conoscenze scientifiche e logiche economico-politiche. Nella programmatica metafora della stella marina, testi di Pohl & Kornbluth e Naomi Mitchison, scritti in altri contesti storici, offrono risonanze affini, e di maggiore speranza.
di Riccardo Valla e Antonino Fazio
In forma di dialogo critico, l'articolo è un'esplorazione del rapporto instaurato da fantascienza e fantasy con i concetti di scienza e magia. Storicamente mutevoli, e legati anche alla specifica modalità retorica della loro presentazione, questi concetti restano sfumati; nondimeno, la scienza (anche immaginaria) si distingue dalla metafisica per il rigore del metodo di indagine del mondo possibile. In questo senso, l'attribuzione di un testo a un genere o all'altro può condurre a risultati contro-intuitivi: esempi sono opere di Peter F. Hamilton e Ted Chiang.
di Salvatore Proietti
L'articolo analizza Unfinished Tales come paradigma di lettura per la testualità di Tolkien, legata non tanto alla stabilità autoritaria del mito, quanto alla pluralità dialogica della performance folklorica – un riferimento frequente negli scritti critici dell'autore . L'ipotesi è che, tra mito e romanzesco, Tolkien cerchi un punto di incontro in una scrittura che sfumi nella narrazione orale. Esempi sono tratti anche dal Silmarillion e da opere dalla struttura apparentemente più tradizionale, come The Hobbit e The Lord of the Rings. Alcune recenti opere fantasy (Le Guin, Samatar, Monette) consentono di ritenere che l'instabilità del racconto e della pratica orale continui a essere un'ispirazione per il genere.
di Salvatore Proietti
di Salvatore Proietti
di Salvatore Proietti
di Giovanni De Matteo
di Daniela Guardamagna
di Antonino Fazio
di Antonino Fazio