L'archetipo del "Viaggio d'Inverno" di Ursula K. Le Guin

di David Ketterer

David Ketterer, University of Liverpool, americanista, e' autore di uno dei primi studi complessivi sulla fantascienza, New Worlds for Old: The Apocalyptic Imagination, Science Fiction, and American Literature (Doubleday 1974). Oltre a volumi su Poe e su Frankenstein, e a molti saggi su Melville e Twain (di cui ha anche curato l'antologia The Science Fiction of Mark Twain, Archon, 1984), ha pubblicato Imprisoned in a Tesseract: The Life and Work of James Blish (Oxford UP 1987) e Canadian Science Fiction and Fantasy (Indiana UP 1992). Attualmente è al lavoro su una biografia critica su John Wyndham, a cui sono legati diversi saggi usciti su Science Fiction Studies, Foundation e altrove, e la cura con Andy Sawyer dell'inedito Plan for Chaos (Liverpool UP 2009, Penguin 2010).

traduzione di Luisa Marino

Ursula K. Le Guin (1929-2018) sta alla SF moderna come H.G. Wells sta a tutta la storia della SF: è la sorgente. The Left Hand of Darkness (1969) e The Dispossessed: an Ambiguous Utopia (1974) come minimo si avvicinano all’importanza di The Time Machine (1895) e The War of the Worlds (1897). Visto che il sempre maggiore numero di donne che scrivono fantascienza e lo sviluppo dell’intero sottogenere della SF femminista sono dirette conseguenze di La mano sinistra delle tenebre, Le Guin supera Philip K. Dick in importanza. Allo stesso romanzo può essere attribuito anche lo sviluppo della fantascienza come campo accademico sempre più rispettato.

La mia carriera accademica di critico e teorico della fantascienza sostanzialmente cominciò con un saggio intitolato “The Left Hand of Darkness: Ursula K. Le Guin’s Archetypal ‘Winter-Journey’”. La sua prima presentazione avvenne a Toronto nell’ottobre 1971, durante la Secondary Universe Conference. Ursula Le Guin era fra il pubblico e ricordo dai suoi commenti che era stata men che compiaciuta di quello che avevo da dire. Non sarebbe stata soddisfatta, dunque, della diffusione, relativamente ampia, di quel saggio. Esistono molti saggi accademici su Left Hand, ma credo che il mio sia stato il primo. Fu pubblicato nel 1973 sul numero di aprile del Riverside Quarterly, inserito fra i capitoli del mio libro New Worlds for Old (1974) e ristampato in due raccolte di saggi della Chelsea House di Harold Bloom: Ursula K. Le Guin (1985) e The Left Hand of Darkness (1987). Qui voglio prendere atto di cosa non andò a genio a Ursula Le Guin e cercare di spiegare perché la cosa non abbia avuto importanza.

Il “Viaggio d’Inverno” del mio titolo è una citazione da La mano sinistra e un’allusione all’Anatomia della critica (Anatomy of Criticism, 1957) di Northrop Frye. Quando arrivai a Montréal, in Canada, nel 1964, non conoscevo il libro di Frye. In Canada mi resi rapidamente conto dell’importanza internazionale di due autori di Toronto: Frye e Marshall McLuhan. Siccome la mia lettura di Anatomia della critica aveva preceduto di poco la lettura di La mano sinistra, col suo pianeta denominato Gethen oppure Winter (Inverno), in un paese incline alla neve e al ghiaccio che potrebbe perfettamente essere stato chiamato Inverno, era inevitabile che applicassi al romanzo di Le Guin la teoria della mitologia e della letteratura di Frye, basata sulle stagioni. Quella teoria, indebitata con Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione (The Golden Bough: A Study in Comparative Religion, 1890) di Sir James George Frazer e (come nel lavoro più recente di John Clute) con il concetto del “calderone di storie” proposto da Tolkien nel 1939 durante una conferenza (pubblicata per la prima volta nel 1947 come “On Fairy Tales”), può essere considerata riduttiva. Bisogna ricondurre ciascuna narrazione a un archetipo oppure associare gli espedienti narrativi alle quattro stagioni. La teoria del mythos di Frye accosta la primavera alla commedia, l’estate al romance, l’autunno alla tragedia, e l’inverno all’ironia e alla satira.

Le Guin obiettò alla mia analisi del suo romanzo, chiaramente riduttiva: al modo in cui riduceva drasticamente le complessità della psicologia, del genere, della razza, della politica e della trama ai tre concetti di dualità, unità ed equilibrio. Io continuo a sostenere la validità di quell’analisi ma, sfortunatamente, al tempo in cui scrissi la critica, non ero consapevole del fatto che i concetti da me evidenziati fossero un riflesso diretto della prospettiva taoista, sostanzialmente religiosa o filosofica, di Le Guin. La critica successiva avrebbe reso molto evidente l’influenza di quella visione del mondo (un’influenza che la stessa Le Guin avrebbe riconosciuto). In La mano sinistra il sistema di credenze taoista giustifica quello che potrebbe essere criticato come un riduttivo eccesso di semplificazione. Ma nelle numerose opere di fantascienza e fantasy che sono seguite, le complicazioni e le ambiguità che accompagnano le relazioni fra quelle semplificazioni visionario/religiose e le realtà terrene sono sempre più utilizzate e preziose.