Raffaella Baccolini insegna studi di genere e letteratura inglese e americana presso l'Università di Bologna, Campus di Forlì. Ha pubblicato diversi articoli su distopia e fantascienza, il trauma, la scrittura delle donne, la memoria e la letteratura modernista. E' autrice di Tradition, Identity, Desire: Revisionist Strategies in H. D.'s Late Poetry (Patron, 1995) e ha curato diversi volumi, tra cui Dark Horizons: Science Fiction and the Dystopian Imagination (Routledge, 2003), e Utopia, Method, Vision: The Use Value of Social Dreaming (Peter Lang, 2007), entrambi con Tom Moylan. Attualmente si occupa della rappresentazione dell'11 settembre nella cultura popolare americana e della gentilezza e della solidarietà nell'utopia.
Non potete comprare la Rivoluzione. Non potete fare la Rivoluzione. Potete solo essere la Rivoluzione. È nel vostro spirito, o non è da nessuna parte.
Ursula K. Le Guin, The Dispossessed
Per più di cinquanta anni Ursula K. Le Guin è stata una pioniera nei generi della science fiction e del fantasy, trasformando con le sue opere il mondo della fantascienza come nessun(’)altro/a scrittore/rice. Si è distinta nell’arte di costruire mondi, che è anche l’arte di immaginare e valorizzare le differenze. Le sue opere continuano a parlarci e a essere rilevanti e attuali per il nostro tempo: contengono idee coraggiose e rivoluzionarie, raccontate con lucidità e senso di responsabilità in una prosa elegante, cristallina e poetica. Non è stata la sola, naturalmente, Le Guin nell’avviare questa trasformazione della fantascienza. Insieme a lei altri scrittori, come Samuel R. Delany, tante scrittrici, come Joanna Russ, Marge Piercy, James Tiptree, Jr. e Octavia E. Butler, e i primi critici, tra cui Darko Suvin, Tom Moylan, Marleen S. Barr e Sarah Lefanu, hanno contribuito a trasformare il genere.
Negli oltre venti romanzi e quasi duecento racconti che ha pubblicato – tradotti in più di quaranta lingue – Le Guin ha esplorato la natura umana con i suoi desideri, le paure e i difetti, indagando così i rapporti e gli incontri/scontri culturali. Ha portato le questioni di genere e l’oppressione delle donne in primo piano e le sue esplorazioni hanno rivelato una scrittrice profondamente politica, una coscienza lucida che ha incessantemente ricordato che la resistenza e il cambiamento sono le armi che appartengono a tutti/e noi: “Gli esseri umani possono resistere e cambiare qualsiasi potere umano. La resistenza e il cambiamento iniziano spesso nell’arte, molto spesso proprio nella nostra arte – l’arte delle parole” (discorso di accettazione del National Book Award, 2014).
Influenzata dalla filosofia taoista, Le Guin ha raccontato che tutto è impermanente, temporaneo: tutto muta, è passeggero, niente è eterno. Tuttavia, se ciò può apparire a prima vista come una dolorosa perdita, è proprio nel cambiamento che si trova l’utopia di Le Guin; un’utopia che non è un modello, bensì un impulso e un processo e che ci ricorda che “è bene avere una meta finale da raggiungere, ma è il viaggio che conta, alla fine” (The Left Hand of Darkness). L’accettazione dell’impermanenza non significa tuttavia rinunciare al dovere di essere responsabili, etici e onesti. Allo stesso modo, il perseguimento della resistenza anche radicale non significa abbandonare la compassione.
Resistenza e cambiamento non possono infatti fare a meno, nella narrativa di Le Guin, della ricerca del contatto, della connessione e del confronto con l’altro da noi. Il rapporto con l’altro è al centro della fantascienza antropologica di Le Guin, fino ad arrivare al tema della riconciliazione che tanto spazio occupa nella sua narrativa più recente (si pensi a Four Ways to Forgiveness e The Telling ma anche a The Other Wind). Il principio di fondo dell’universo Hainish che Le Guin ha creato è proprio quello di assumersi le proprie responsabilità senza coltivare quel senso di colpa che porta alla paralisi. Avere il senso del dovere, fare la cosa giusta senza necessariamente attendere una ricompensa qui o in un’altra vita, bensì assumersi la responsabilità nel presente, il tutto mantenendo il senso di umanità, è ciò che Le Guin persegue nella sua opera. Sono queste le caratteristiche che fanno dei suoi personaggi dei bravi cittadini, dei buoni osservatori e ascoltatori, e anche degli ottimi narratori, perché come dice Genly Ai, il protagonista di The Left Hand of Darkness, “farò il mio rapporto come se raccontassi una storia, perché […] la verità è una questione di immaginazione” – un’immaginazione radicale, aggiungerei, pensando alla sua opera e ai suoi mondi.
Umanità, compassione e amore sono dunque altrettanto importanti nell’universo di Le Guin e possono offrire una risposta all’ingiustizia, alla violenza o ai problemi che caratterizzano i mondi da lei descritti. Di fronte al riconoscimento delle nostre solitudini, non possiamo fare altro che “tenerci per mano nel buio” (“Nine Lives”, The Wind’s Twelve Quarters) e comprendere che l’amore è fatica, lavoro e scelta: “L’amore non sta fermo lì, come una pietra, deve essere fatto, come il pane; rifatto di continuo, fatto nuovo” (The Lathe of Heaven). Perché anche se l’amore ci appare una piccola cosa di fronte alla Storia è pur sempre una forza: “Cosa sono l'amore e il desiderio di un uomo e di una donna a fronte della storia di due mondi, le grandi rivoluzioni delle nostre vite, la speranza, la crudeltà senza fine della nostra specie? Una piccola cosa. Ma anche una chiave è una piccola cosa accanto alla porta che apre. […] È nei nostri corpi che perdiamo o diamo inizio alla nostra libertà” (“A Woman’s Liberation”, Four Ways to Forgiveness). Anche l’amore e l’empatia possono quindi essere tasselli fondamentali per la difesa della libertà, il tema ricorrente della sua opera. E gli scrittori e le scrittrici devono essere, per Le Guin, in prima linea nella lotta quotidiana per mantenere e diffondere la libertà.
La ricerca della libertà, la complessità e la fluidità della sessualità e dell’affettività umane, i rapporti umani e familiari, i modi in cui l’ambiente sociale modella, la ricerca della propria identità attraverso il confronto con l’altro, la lotta tra ambizione e compassione, la brutalità di colonialismo e imperialismo e il dilemma tra desiderio di pace e la necessità della guerra per difendersi sono alcuni dei temi ricorrenti dell’opera di Le Guin, temi che implicano resistenza, cambiamento e compassione. Le Guin crede nel potere e nella responsabilità della parola, nell’assunzione e nell'accettazione della responsabilità della scelta: valori che tutti insieme affermano l’importanza sociale dell’arte – e dei libri in particolar modo – e contribuiscono a porre le basi per un cambiamento utopico. Dopo l’elezione di Donald Trump, Le Guin ha scritto nel suo blog: “So quello che voglio. Voglio vivere con coraggio, con compassione, con pazienza, in pace”.
L’opera di Ursula K. Le Guin è il luogo di visioni coraggiose e complesse, radicalmente rivoluzionarie e utopiche. Nel discorso di accettazione del National Book Award (2014), Le Guin ha affermato, “Credo che stiano per arrivare tempi bui in cui avremo bisogno delle voci di scrittori/scrittrici che siano in grado di vedere alternative a come viviamo ora; vedere, oltre la nostra società paralizzata dalla paura e le sue tecnologie ossessive, anche altri modi di essere, e persino immaginare un fondamento concreto di speranza. Avremo bisogno di scrittrici e scrittori in grado di ricordare la libertà. Poeti/e, visionari/e, realisti/e di una realtà più vasta”. Quei tempi sono già arrivati e narratrici come Ursula K. Le Guin ci mancheranno profondamente, ma porteremo con noi le sue utopie imperfette da perseguire.
2018
di Salvatore Proietti
di Brian Attebery
Precedenti all'organismo di cui sono parte, e allo stesso tempo mantenendo la loro autonomia di azione, i mitocondri offrono un utile modello per l'intertestualità della SF/F, e specialmente di quella delle donne. Il dialogo fra testi, e tra chi li scrive e legge, può essere riconosciuto e valorizzato al meglio soltanto se si consente alle comunità sorte dalla pratica della scrittura e della lettura di compiere il suo ruolo. La cancellazione della SF delle donne è funzione della cancellazione di questi sforzi collettivi, azioni che spesso vanno oltre nozioni autoritarie del controllo autoriale; in effetti, alla bloomiana "angoscia dell'influenza", tutta al maschile, si sostituisce un'"euforia dell'influenza" che, frutto della scrittura delle donne, consente una permanenza anche agli autori maschi omaggiati e riscritti.
di Salvatore Proietti
di Raffaella Baccolini
di Eleonora Federici
di David Ketterer
di Joseph McElroy
di Tom Moylan
di Carlo Pagetti
di Salvatore Proietti
di Roberta Mori
L'articolo analizza la ricezione critica italiana della fantascienza di Primo Levi, dalla pubblicazione di Storie naturali (1966) alla seconda edizione di Vizio di forma (1987).
di Alessandro Fambrini
L'articolo discute l'antologia di racconti fantascientifici Saiäns-Fiktschen, pubblicata nel 1981 da Franz Fühmann, figura rilevante nella letteratura del dissenso nella Germania Est. Tra scenari distopici e ricerche scientifiche dagli esiti frustranti, le storie mettono in scena un generale pessimismo rispetto alla capacità umana di evolvere verso forme individuali e sociali migliori attraverso le ideologie del suo tempo, in opposizione al forzato ottimismo ufficiale. Allo stesso tempo omaggio e parodia, la sua fantascienza fonde speculazione e scrittura saldando insieme conoscenze scientifiche e logiche economico-politiche. Nella programmatica metafora della stella marina, testi di Pohl & Kornbluth e Naomi Mitchison, scritti in altri contesti storici, offrono risonanze affini, e di maggiore speranza.
di Riccardo Valla e Antonino Fazio
In forma di dialogo critico, l'articolo è un'esplorazione del rapporto instaurato da fantascienza e fantasy con i concetti di scienza e magia. Storicamente mutevoli, e legati anche alla specifica modalità retorica della loro presentazione, questi concetti restano sfumati; nondimeno, la scienza (anche immaginaria) si distingue dalla metafisica per il rigore del metodo di indagine del mondo possibile. In questo senso, l'attribuzione di un testo a un genere o all'altro può condurre a risultati contro-intuitivi: esempi sono opere di Peter F. Hamilton e Ted Chiang.
di Salvatore Proietti
L'articolo analizza Unfinished Tales come paradigma di lettura per la testualità di Tolkien, legata non tanto alla stabilità autoritaria del mito, quanto alla pluralità dialogica della performance folklorica – un riferimento frequente negli scritti critici dell'autore . L'ipotesi è che, tra mito e romanzesco, Tolkien cerchi un punto di incontro in una scrittura che sfumi nella narrazione orale. Esempi sono tratti anche dal Silmarillion e da opere dalla struttura apparentemente più tradizionale, come The Hobbit e The Lord of the Rings. Alcune recenti opere fantasy (Le Guin, Samatar, Monette) consentono di ritenere che l'instabilità del racconto e della pratica orale continui a essere un'ispirazione per il genere.
di Salvatore Proietti
di Salvatore Proietti
di Salvatore Proietti
di Giovanni De Matteo
di Daniela Guardamagna
di Antonino Fazio
di Antonino Fazio