Sulla spinta delle nuove tecnologie, il progresso sta modificando il mondo intorno a noi, obbligandoci di conseguenza a rivedere il nostro modo di rapportarci ad esso. Forse l’adattamento sociale (prima ancora che evolutivo) non sta avvenendo alla velocità che imporrebbero le circostanze: il digital divide, l’ostilità dei gruppi di potere particolarmente evidente nel caso delle reti wireless (in un paese come il nostro l’assegnazione delle frequenze per la tecnologia WiMAX sta assumendo le proporzioni di una telenovela), la definizione della proprietà intellettuale e l’equa allocazione delle risorse, sono tutti temi toccati da Stross nel suo capolavoro. Tu che la segui assiduamente ormai da oltre trent’anni, credi che la fantascienza possa svolgere un’opera di risveglio delle coscienze su ampia scala, o Arthur C. Clarke e William Gibson resteranno casi isolati, incidenti fortuiti nel percorso di un genere?

Mah, qui potrei essere più dubitativo. Non so se spetti alla fantascienza, e in generale alla letteratura, un ruolo diverso dalla onesta presentazione di scenari che, attraverso spazi e tempi immaginari, parlino dello stato presente delle cose. Nel passato come adesso, le figure critiche sono molte, e proprio mentre rispondo a questa intervista, sto completando l’introduzione per una riedizione del Morbo di Mida di Frederik Pohl (a settembre in Odissea), un autore che ha costruito una carriera all’insegna dell’impegno civico. Di profeti o maestri di vita, forse, abbiamo le tasche piene. Di scrittori con le antenne ben puntate sul mondo che ci circonda, invece, i generi della letteratura popolare continuano a produrne molti. E la SF continua a fare la sua parte, come sempre.

Lo stato della fantascienza. Tu che nel nostro paese forse conosci la situazione internazionale del genere meglio di chiunque altri, puoi dirci come se la passa?

Come scrive giustamente John Clute, negli ultimi anni il default della fantascienza si è spostato dal mezzo scritto agli audiovisivi. Ma la SF scritta continua a difendere la sua nicchia, nelle collane della grande distribuzione come nelle riviste e nella piccola editoria. Forse le grandi vendite spettano ad altri tipi di best-seller, più “costruiti”, ma non mi sembra motivo di disperazione. I picchi qualitativi continuano a esserci e, soprattutto, esiste una produzione “media” che continua a essere dignitosissima. E allora, andiamo avanti per la nostra strada, accompagnati dalla nostra passione.

Per diversi anni avevamo assistito a un progressivo svuotamento dei cataloghi dei nostri editori di fiducia. La fantascienza sembrava essere quasi messa al bando. Poi sono arrivate Odissea della Delos Books e Valis della Hobby&Work e adesso è il momento della tua Nuova Galassia, che segna il ritorno alla fantascienza di Armenia dopo la gloriosa stagione a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. La crisi è finita (o si avvia a finire) (anche/almeno) qui da noi?

Intanto, noi ci siamo, e cercheremo di restarci. Il resto è fantasy!