Con la cerimonia di chiusura e l’impegno di ripetere la manifestazione il prossimo anno si è chiuso il RomaFictionFest; cercheremo di stilare un primo bilancio di quello che si è visto con un occhio di riguardo alle tematiche legate alla fantascienza.
Una premessa è d’obbligo. Molte volte accade che dopo un festival i prodotti premiati non sempre incontrino i favori del pubblico. Per cercare in qualche modo di invertire questo trend il direttore artistico del RomaFictionFest Felice Laudadio e il suo staff per questa prima edizione hanno voluto tenere conto non solo degli esperti del settore ma anche del classico “utente finale” e, sulla scia già solcata del festival del cinema di Roma, hanno previsto oltre alle giurie tecniche tre giurie popolari, ciascuna composta da circa 30 membri, presiedute da un presidente professionista del settore, a cui è stato richiesto di assegnare i premi come miglior prodotto, miglior regia, miglior attore ed attrice per le categorie tv movies, miniserie e serial (per quest’ultima il presidente era Alexander Siddig, noto per esser stato il dottor Julian Bashir della serie Star Trek: Deep Space Nine).
Come prevedibile non moltissimo lo spazio dedicato alla fantascienza, anche se l'organizzazione ha dimostrato sensibilità verso questo genere selezionando alcune serie molto interessanti e una novità assoluta. Praticamente nullo quello destinato al genere fantasy, al quale effettivamente, chissà perché, sono dedicate davvero pochissime serie.
Ma è proprio una chimera sperare che un domani qualcuno si decida a girare un prodotto italiano di fantascienza? Eppure quando nei lontani anni 70 la Rai decise di imbarcarsi nella produzione di Spazio 1999 i risultati furono incoraggianti. Ancora oggi anche chi non ama il genere ha memoria di quella serie ormai mitica e decisamente all’avanguardia per i tempi in cui venne girata. A questa domanda Laudadio ha risposto “Solo il pubblico ha il potere di far cambiare idea a sceneggiatori e produttori. Quando chi di dovere capirà che i gusti del pubblico sono questi vedrete che le cose cambieranno”.
Resta quindi a noi utenti amanti del genere operare le dovute pressioni affinché le nostre speranze un giorno possano trasformarsi in realtà.
Venendo al festival tra le anteprime fuori concorso oltre ai vari Rino Gaetano, Caravaggio, The Tudors e Guerra e Pace, molte erano le attese per la proiezione di alcune puntate inedite della terza serie di Lost, che in Italia dovrebbe andare in onda da settembre. Per l’occasione sono sbarcati nella capitale Jorge Garcia, in arte Hugo, e Terry O’Quinn l’enigmatico John Locke. Delusione per chi si aspettava qualche succulenta anticipazione. Bocche cucite da parte degli attori che non si sono lasciati sfuggire alcuna indiscrezione sia durante la conferenza stampa che nel corso della premiazione finale dove Terry O’Quinn, chiamato sul palco per premiare i vincitori della categoria serial, all’insistenza delle domande del presentatore della serata, Fabio Fazio, ha risposto come il miglior Locke avrebbe fatto “Se ti dicessi come va a finire Lost subito dopo dovrei ucciderti!”
A proposito dei titoli in concorso il vincitore del premio più prestigioso il Maximo Diamond Award, un trofeo con più di 100 carati di diamanti assegnato dai presidenti delle tre giurie, è stato vinto da Perfect Parents, fiction inglese che inizia come commedia per poi trasformarsi in un avvincente thriller, incoronato miglior prodotto anche dalla giuria popolare e da quella tecnica dei tv movie. Riconoscimenti anche per Christopher Eccleston, ai più noto come colui che ha rilanciato la figura del Doctor Who, premiato come miglior attore e al regista Joe Ahearne, che tra le altre opere nel 2005 ha diretto Eccleston in cinque episodi della storica serie che dopo anni ha rilanciato le epiche avventure del Dottore.
Nella categoria miniserie è stato possibile vedere la seconda stagione dell’inglese Life on Mars, ovvero le avventure del detective Sam Tyler, misteriosamente svegliatosi dopo un incidente 33 anni nel passato, e assistere in anteprima assoluta alla prime puntate dell’americano Master of Science Fiction, la trasposizione su piccolo schermo di alcuni racconti dei più celeberrimi romanzieri di fantascienza introdotte di volta in volta dal prof. Stephen Hawking.
Nella categoria serial ha rischiato di vincere Torchwood, la serie prodotta dall’inglese BBC che trae spunto dalla serie di Doctor Who per narrare le avventure di una squadra di investigatori guidata dal Capitano Jack Harkness, immortale viaggiatore temporale, il cui scopo è quello di acquisire tecnologia aliena, per poi utilizzarla per risolvere crimini sia umani che extraterrestri.
La serie avrebbe certamente vinto un premio ma sul filo di lana a far cambiare il parere alla giuria è stata una produzione canadese, che letteralmente tradotta suona come La piccola moschea nella prateria, in cui vengono narrate in stile sitcom le vicende di una piccola comunità islamica che cerca di integrarsi con la popolazione di un piccolo paese immerso nell’immensa prateria canadese.
Con un po' più di freddezza (scusate la battuta) è stato accolto La compagnie des glaces, serial ambientato in un futuro post era glaciale in cui un gruppo di giovani ragazzi si batte contro l’establishment al potere affinché la verità sul mondo di ghiaccio sia di dominio pubblico.
Tra le migliori attrici oltre al meritatissimo premio al premio Oscar Helen Mirren per la serie Prime Suspect, una menzione speciale la merita la francese Anne Caillon, praticamente sconosciuta al grande pubblico italiano ma che ha letteralmente stregato la giuria popolare dei tv movie che l’ha incoronata miglior attrice protagonista della categoria.
La Caillon oltre ad avere un fascino magnetico ha impressionato per l’intensità e la bravura con cui ha interpretato il ruolo di una giovane ex galeotta perseguitata dal suo misterioso passato nel film L’etrangere.
Non mi sorprenderebbe se quando questa fiction verrà trasmessa in tv il cuore degli italiani venisse rapito da questa splendida interprete, così come è accaduto in passato con altre dive transalpine che poi sono diventate autentiche icone del cinema europeo e mondiale.
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