- Quello è Galactus? - intonano in coro i F4. - Quella specie di blob fumoso?- Quell’ammasso informe in preda a crisi epilettiche, senza capo né coda, ributtante e amorfo?
- Credevo che fosse il nuovo Partito Democratico.
- Non temete, terrestri - tuona eroicamente Silvio Surfer. - Assaporate ogni momento della vostra vita, e sappiate che avevate ragione: si può sempre scegliere.
- E i pranzi a menù fisso?
Senza rispondere, Silvio Surfer s’invola sulla tavola argentea, raggiunge il cuore della nube, assume una posizione a uovo, si spreme dolorosamente e infine fa fuori il distruttore dei mondi, mollando quel che a tutti in sala sembra un gran peto cosmico.
- La Terra è salva! - commenta soddisfatto Mr. Fantastic.
- Di già? - protesta Ben Grimm. - Per essere un divoratore di pianeti, questo Galactus mi sembra un grandissimo segaiolo.
- Ma il pubblico non si incazzerà per questo finale così affrettato e raffazzonato? - si chiede dubbioso la Torcia. - Non è fin troppo evidente che si rimanda tutto al terzo film della serie?
- Hai ragione, Johnny. Qui ci vuole un controfinale coi fiocchi, qualcosa che s’imprima a fuoco nella mente degli spettatori, qualcosa di unico, maestoso e potente, qualcosa che entri nella Storia stessa dell’Arte Cinematografica.
Ed ecco infatti che, prima dei titoli di coda, viene presentato in pompa magna il nuovo matrimonio, questa volta in versione sino-nippo-catanese, di Reed e Sue, con gli invitati che si ingozzano col riso invece di gettarlo sui coniugi, le ragazze nubili che si strappano a vicenda i capelli nel tentativo di impadronirsi del bouquet, il neo-sposo assaltato dai cugini siciliani della sposa che a turno lo baciano sulla bocca sussurrandogli “trattala bene la picciotta, sennò…”, Montezemolo truccato da Dario Ballantini e i soliti paparazzi questa volta travestiti da sushi.
- Cos’hai, Alice? - suona preoccupata la voce del papà in sala. - Hai la faccia verde e la mano premuta sulla bocca. Ti viene forse da vomitare?
- Domanda pleonastica, papà, domanda pleonastica - pronuncia la bambina, come un epitaffio.
FINE
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