Mattia provò a calmarlo parlandogli a voce bassa, poi lo abbracciò e cercò di tirarlo giù, di farlo sedere. Ma lui si aggrappava tentando invece di stare in piedi; e allungava il collo oltre la testa dell'amico nel tentativo di non perdere un solo istante di ciò che accadeva nei suoi occhi e nella valle con cardi rossi. Improvvisamente, dal fucile che portava a tracolla esplose un colpo; la nebbia dilatò lo sparo nei meandri del bosco, come se la cartuccia fosse stata un batuffolo di cotone sporco esploso da un fucile a elastico. Un stonato rintocco di morte. D'istinto Mattia insaccò la testa; poi mollò un calcio dietro il ginocchio dell'amico, che cadde a terra come un sacco vuoto. Lentamente Castagna cominciò a rilassarsi; il suo respiro tornò regolare, i muscoli si fecero più docili ai movimenti. Mattia lo aiutò ad appoggiarsi con la schiena al tronco del grosso pino, gli sfilò dal braccio la tracolla del fucile e cominciò a frugargli concitatamente nelle tasche. Le volse e le rivolse più volte. C'erano chiodi sotto la giacca, nella camicia, dentro i calzoni, appiccicati alla stoffa, ai fili strappati della canottiera di lana, alla pelle, come se il suo sudore fosse un particolare tipo di colla. Quasi che il terrore dell'amico fosse stato una calamita. Gettò lontano manciate di minutaglia appuntita e crollò seduto accanto a Castagna. Lo aveva quasi spogliato nudo e temeva che qualche altro cacciatore potesse vederli così; in più, non voleva che l'amico prendesse un malanno. Pensò comunque che nessun male potesse essere peggio di quello che avevano visto insieme. Accantonò però l'idea di rivestirlo. Era ancora troppo scosso dal pensiero passatogli per la testa: che l'amico attirasse i chiodi o che magari il suo sudore glieli appiccicasse addosso. Gli si fece più vicino e gli arruffò amichevolmente i capelli; qualcosa lo punse. Ritrasse di scatto la mano. E si ritrovò tra le dita un piccolo chiodo d'acciaio del tipo di quelli dei calzolai. Si portò il dito alla bocca e succhiò il sangue dalla ferita. Poi poggiò il capo all'indietro - pregando istintivamente che non ci fossero chiodi conficcati nella corteccia dell'albero - e chiuse gli occhi. Sopra la sua testa, il passerotto trafitto aveva esalato l'ultimo timido respiro e i suoi occhietti si erano posati sulla riva dove la bassa marea aveva spiaggiato orde di cadaveri infilzati. Mattia alzò lentamente la testa e rimase a guardare le palme delle sue mani. Alcuni chiodi erano rimasti appiccicati al suo sudore...
* * *
- Bomberina piana, bomberina bombata, cavallottino, zappetta, CANCANO, bulletta da calzolaio, ribattino, cambretta... CANCANO!
Bronco camminava pestando con violenza gli stivaloni, ogni passo scandito dal suono del fogliame secco che si sbriciolava sotto le suole. I nomi dei chiodi erano la sua unica compagnia, invocazione blasfema ai piccoli demoni puntuti.
- CANCANO!
Irriverente e carica di minaccia, la voce saliva di parecchie ottave ogni volta che si trovava a proferire quel nome d'inferno. Il signore dei chiodi. Il gran bastardo.
Onde di una risacca sulla spiaggia di un mare di sangue...
-... battino, cambretta, CAN-CA-NO!
Tania lo strattonò per una manica, aggrappandosi per non scivolare. Faticava a stargli al passo, ma si sforzava di non lasciargli più di dieci passi di vantaggio. Quando riusciva a mettersi al fianco, poteva sentire il tiepido contatto con i calzoni inzuppati, dalle tasche dei quali si allungavano macchie di sangue secco che scendevano sino al polpaccio. A volte, un folata d'aria gliene portava l'odore e spesso Tania si scopriva a indugiare con lo sguardo sulle chiazze color vinaccia, rigide come croste di pane. Ogni tanto era costretta a rincorrere il fratello per non perdere terreno e lo faceva con il cuore in gola, zampettando agile in mezzo ai rametti e alle pietre del sentiero.
Bronco camminava spedito, una rete buttata sulla spalla e le mani affondate nelle tasche. Senza altri pensieri che quel suo salmodiare inespressivo. Una ballata di parole affilate, i nomi dei suoi chiodi.
Doppiarono un misero crocicchio; i loro sguardi si incrociarono per un istante.
- Diritti? - chiese Tania grattandosi il polpaccio.
- Diritti!
La bimba tornò ad aggrapparsi alla manica di Bronco. Era assonnata e triste - il sogno l'aveva prostata più di quanto non si fosse decisa ad ammettere - ma si sforzava di mostrare un visetto risoluto, del quale il suo fratellone potesse andare fiero. Inforcando l'uscio di casa aveva gettato uno sguardo alle sue ciocche appese allo stipite e si era data un morso alla lingua. Le pareva che sotto la sporcizia e il sangue ormai scuro del topo, i riccioli si fossero incanutiti, impolverati dalla bianca farina degli anni. Aveva sentito il loro odore ed era stata costretta a spalancare la porta e a correre fuori per inspirare a pieni polmoni.
Inciampò, ma riuscì a non finire lunga e distesa sul sentiero tenendosi aggrappata al braccio del fratello. Immaginò che quello strattone improvviso avesse fatto sì che le punte dei chiodi sulla mano di Bronco affondassero nella coscia del fratello.
...Quattro anni prima, in un'afosa notte d'agosto la casa dei loro genitori era stata distrutta da un incendio; un fulmine aveva colpito il comignolo della baita e le fiamme si erano immediatamente propagate dal tetto alle stanze da letto e alla cucina. Paglia e legno erano stati divorati in pochissimi minuti. Tania - avvolta dal fumo - era stata svegliata nel sonno e prelevata da due grosse braccia glabre; fumo e lacrime non le avevano permesso di vedere la faccia del suo salvatore, nonostante molto più tardi realizzasse che nel tragitto fino alla soglia l'uomo aveva seguito un'andatura goffa e sgraziata, e lei aveva sospettato fosse quella del fratello. Di quella notte ricordava solo immagini sfocate, la prospettiva dalla quale aveva visto gli stipiti delle porte e gli angoli della pareti sfiorarle la testa mentre il suo salvatore zigzagava tra le fiamme, saltando travi incenerite e assi divelte dal calore. Quando poi si era trovata all'aperto, si era imposta di chiudere gli occhi e di tenere le palpebre abbassate finché il terribile incubo non fosse finito e la cose non avessero ripreso il loro corso naturale. E mamma non fosse venuta a darle il bacio del buongiorno e la cucina non si fosse riempita dell'aroma di caffè.
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