Bronco aveva preso tra pollice e indice un altro chiodino dall'aspetto innocuo. - I chiodi sono maschili per definizione - proseguì serio. - Ma questa è il loro equivalente femminile. E' la donna di tutti i chiodi. Una bulletta da scarpe. Una signora in tutti i sensi. La bimba la contemplò esterrefatta, si ricompose una ciocca ribelle sulla fronte e sorrise con garbo. - Posso avere le pantofole, ora? Bronco ripose la “donna di tutti i chiodi” e raccolse il cancano. Lo alzò minacciosamente squadrandolo alla luce del fuoco. Il metallo luccicò nelle sue dita. - Allunga la manina, Tania. La bambina deglutì, si sporse, ma il braccio rifiutò di staccarsi dal suo grembo. - Avanti
Il cancano sembrava attendere di passare di mano. Un riflesso dardeggiò sulle parete annerita alle spalle di Bronco. Tania incominciò a tremare. Sapeva che il suo fratellone era in grado di infilare i chiodi con la sola pressione delle dita, la sola brutale forza delle sue leve e della sua pazzia. Nessun martello, niente arnesi. Stese il braccino con le palpebre serrate. Bronco sorrise distratto; una smorfia buona.
- Te le piglio e le passo dal tavolo… le pantofole, voglio dire. Così non c'è bisogno che faccio il giro per portartele.
La bimba buttò fuori l'aria molto lentamente, con sollievo. Bronco raccolse le pantofole e le spinse lungo il tavolo, quasi a contatto con le ditine della sorella. Improvvisamente la sua mano scattò e si strinse attorno al polso della bimba. Il cancano graffiò appena la pelle rosea della piccola e rimbalzò sul legno, inerte e muto. Il giovane si mise a ridere istericamente, la mascella contratta, la muscolatura del viso orrendamente tesa, il labbro superiore aggricciato a mostrare le gengive scarlatte.
- Brutta bestia il cancano – sentenziò ancora. - Gli ci vuole un cane da tener su, vero Tania?
Le buttò le pantofole in viso e ricacciò tutti i chiodi nel sacchetto di plastica.
- Fammi la cena, testona. Ho fame e i soliti dolori.
La bambina calzò subito le pantofoline e corse in un angolo a spignattare con le mani che tremavano.
* * *
Bronco fissò con occhi vacui il fondo della scodella. Dalle imposte chiuse filtravano spifferi gelidi e taglienti lame di buio. Nel bosco il vento scuoteva le fronde e ricopriva le cortecce di dure croste di vetro. Per tutta la cena nessuno aveva aperto bocca; l’unico suono era stato lo scoppiettio dei ceppi sulla cenere. Lo spavento di Tania era divampato come fuoco di sterpaglie; ora ne era rimasto soltanto il fumo, con il suo odore aromatico e vago. E un calore che le avvampava le guance lasciandole rosse e congestionate. La mano sinistra di Bronco era rimasta celata nella tasca dei suoi calzoni luridi. Prima o poi le sarebbe toccato lavarglieli e il solo pensiero di mettervi le mani sopra la indusse a posare il cucchiaio sul tavolo.
- Mi hanno di nuovo tirato i sassi - esordì il ragazzo come parlando alla brodaglia sul fondo della scodella. Tacque per un po'. - Pietre e ghiaia. Sono stati i bambini, quando salivo dalla rampa. Sembra che mi spellano con gli occhi a vedermi passare in bici. A sputar fuori aria e saliva per lo sforzo. Non respiro bene. Un giorno o l'altro lascerò in paese la bicicletta. In fondo alla discesa.
Tania ascoltò in silenzio lo sfogo del fratello, mentre i piedini oscillavano nel vuoto.
- Mi fai vedere la mano?
Bronco scosse il capo e si sprizzò qualche gocciolina di minestra sul maglione di lana.
- E' tanto che non la tiri fuori dalla tasca.
Ingrugnito, Bronco la appoggiò delicatamente sul tavolo. Con la stessa grazia con la quale avrebbe liberato la tasca da una chiave inglese. Tania arricciò il naso. La mano era scarna e bluastra, con dita sottili e deformi, tenute insieme da una pelle che sembrava carta da pacco. La bimba pensò che dovesse straccarsi da un momento all’altro, con il rumore che fanno le pagine quando le strappi da un quaderno. Le capocchie di sette chiodi spuntavano dalla carne. Nere e impolverate di ruggine. Attorno a un paio sventolavano ancora dei brandelli di cotone bianco rimasti probabilmente impigliati quando Bronco aveva tolto la mano dalla tasca. Tre chiodi passavano da parte a parte, emergendo dal palmo bianco, dove le punte apparivano scure di sangue secco. La mano poggiava su quei tre dolorosi piedini, come se fosse stata uno strano tipo di sottopentola o un ragno mutilato, che cercasse un precario equilibrio a fianco di una scodella di minestra.
- Ti mangiano, i chiodi? - domandò la bimba.
- Succhiano, sì. Come cannucce.
Bronco schiodò piano la mano dal tavolo e se la ricacciò in tasca. Da qui, una grossa macchia di sangue secco si allungava lungo la gamba dei calzoni. Tania giocherellò con il cucchiaio nella scodella. Nessuno di loro aveva bevuto. Fuori il vento si era alzato in ululanti vortici di polvere di ghiaccio. All'interno della baita la luce si era affievolita, il fuoco del camino languiva; le pareti attorno si erano fatte buie e ancora più sinistre. Dall'oscurità giungeva un monito silenzioso a tenersi nel centro della stanzetta, sforzandosi di rimanere aggrappati agli oggetti che ancora mostravano i loro contorni: un cucchiaio, una brocca d’acqua, il sacchetto con i chiodi. Dalle quattro mura immerse nella penombra, vampate di alito marcio e putrescente soffiavano verso il tavolo; un soffio gelido carico di gemiti e invocazioni. Tutt'attorno, in ogni angolo, creature grandi e piccole pendevano ciascuna dal proprio chiodo in una macabra cascata di vite troncate. I ciocchi nel camino schioccarono facendo sobbalzare Tania.
- Prendi una candela! - berciò Bronco senza neppure alzare la testa.
La bimba si alzò e dopo un po’ tornò a sedersi reggendo un moccolo acceso. La fiammella incise sul volto del fratello profonde rughe di buio.
- Sei scesa e hai disubbidito - riprese svogliatamente Bronco. - Devi aver camminato sul tavolo per non pungerti i piedi. La brocca dell'acqua è leggermente fuori posto. Non ci puoi arrivare che salendo ginocchioni sul tavolo - Si piegò in avanti per continuare, sempre a capo chino, rivolto alla brodaglia sul fondo della sua scodella. Aveva il volto inespressivo, gli occhi affondati tra porri e grossi fagioli. Appoggiò il grosso indice sul legno. - C'è una piccola tacca qui. Una virgola che non si nota affatto. Io ci faccio baciare la base tonda della brocca. Un bacio, capisci? Hai disubbidito, Tania. Dovrò punirti. Il vetro non è sulla tacca; lo vedi anche tu, no?
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