di Tullio Regge
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CONTACT
Tullio Regge, Professore Ordinario di Teorie quantistiche della materia al Politecnico di Torino In questo numero di Contact abbiamo il piacere di pubblicare una delle lezioni galileiane tenuta a Padova da Tullio Regge, professore di Fisica del Politecnico di Torino. Tullio Regge è uno dei garanti scientifici del CICAP e il suo intervento è stato pubblicato in una versione più estesa sul n. 36 di Scienza&Paranormale
Confesso che ogni tanto vado a rileggere quelle famose pagine del Dialogo in cui il Nostro anticipa la teoria della relatività. Come mi ha fatto notare l'amico Bellone nell'opera appare anche una oscura anticipazione della futura teoria della gravitazione. Non sono uno storico e non oso avventurarmi nei meandri e nelle interpretazioni di queste sortite galileiane. Rendiamo tuttavia conto che solitamente le opere scientifiche che hanno cambiato la storia, oltre ai contenuti di natura strettamente tecnico-formale hanno anche un possente ruolo metafisico di manifesto ideologico e Galileo non fa eccezione.
Poco prima di venire a Padova ho ritrovato alcuni appunti di Gian Carlo Rota, un illustre matematico recentemente scomparso. Non condivido tutti i giudizi di Rota ma li rispetto anche perché aprono un dialogo intenso sulla natura della scienza. Rota era un grande ammiratore di Husserl, un matematico che ha lasciò la ricerca per tuffarsi nella filosofia influenzando profondamente la cultura europea della prima metà del XX secolo. Secondo Husserl, mediato da Rota, ogni scienza è caratterizzata da un principio fondamentale che la distingue da altre. Grosso modo la matematica tratta con oggetti perfettamente identificabili e riproducibili di cui non viene richiesta l'esistenza in senso fisico ma solo la consistenza logica. La fisica sarebbe invece un salto nell'immaginario e crea simulacri semplificati della realtà trascurando di volta in volta fenomeni di scarsa rilevanza in modo da evidenziare senza ambiguità le caratteristiche fondamentali di quelli che ci interessano.
La tesi di Husserl si adatta bene al mitico e forse mai eseguito esperimento galileiano della caduta delle pietre dalla Torre di Pisa. I tempi di caduta risultano indipendenti dalla massa del grave solo se trascuriamo l'attrito dell'aria e l'incertezza nella misura dei tempi. Analogamente la meccanica newtoniana e la legge di gravità funzionano molto bene perché nel sistema solare l'attrito è trascurabile ma anche perché molti fenomeni parassiti, quali le forze di marea e il vento solare sono in prima istanza del tutto trascurabili.
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Se percorriamo il cammino della fisica ci rendiamo conto che la tesi di Husserl è certamente valida fino ai nostri tempi. Ricordo vivida una testimonianza di Emilio Segrè sulla incredibile capacità che Fermi aveva nell'isolare le caratteristiche essenziali di un fenomeno fisico andando direttamente al punto. Ma, come sovente accade nella grandi tesi metafisiche, quella di Husserl non caratterizza fino in fondo la fisica.
Alcuni anni or sono ho incontrato in varie occasioni il filosofo Vattimo che mi ha espresso dubbi e tesi di Heidegger sulla natura della scienza, dubbi e tesi che paiono in netto contrasto con quelle di Husserl, un fatto che sarebbe di per se sorprendente se consideriamo gli stretti legami esistenti tra i due grandi esponenti della fenomenologia ma in fondo non del tutto inatteso: è molto difficile infatti trovare due filosofi che vadano completamente d'accordo. Secondo Heidegger, mediato questa volta da Vattimo, la scienza non potrà mai giungere alla comprensione finale e completa dei fenomeni fisici perché questo implicherebbe una assoluta conoscenza e controllo su tutte le interazioni anche prima vista evanescenti quali potrebbero essere causate dalla forza gravitazionale di una stella remota.
Penso che le obiezioni di Heidegger nascano da un fraintendimento della vera natura e modus operandi della scienza. Il XIX secolo è caratterizzato da una fastidiosa e futile polemica tra positivismo e idealismo, ambedue correnti filosofiche che hanno in vario modo inseguito e preteso il monopolio della verità ultima, un mito fasullo anzi pernicioso.
Non penso che la scienza abbia il monopolio della verità. Non esiste la teoria finale che abbraccia la realtà in ogni suo dettaglio per quanto minuto e dobbiamo sempre trattare con rappresentazioni parziali la cui validità è limitata. Ma al tempo stesso non dobbiamo rassegnarci e accettare una visione statica del procedere della scienza: la nostra conoscenza si sta ampliando continuamente, oggi sappiamo molto di più di quanto fosse alla portata di Galileo. Infine anche una conoscenza limitata può rivelarsi utile ed esauriente in un ambito ben delimitato.
Il nostro progresso continuo è un fatto di per se straordinario, come diceva Einstein la caratteristica meno comprensibile dell'Universo è che è comprensibile. La rinuncia alla comprensione attuale e completa della struttura fisica della materia ci impone aggirare in successione gli ostacoli che si presentano davanti a noi. Se volessimo ottenere la descrizione completa di una goccia d'acqua in ogni dettaglio dovremmo davvero valutare l'influenza di astri anche molto lontani e accettare la critica di Heidegger. Nel limite assurdo della conoscenza assoluta dovremmo costruire un modello esatto e comprensivo dell'intero universo scoprendo in questo modo che in linea di principio non è possibile scindere la realtà in parti se non in via provvisoria ricorrendo al salto nell'immaginario.
Al tempo stesso l'incompletezza della scienza è garanzia di continuo progresso e di perenne vitalità. Finirà forse la scienza ?
Una fine ingloriosa ma non del tutto improbabile potrebbe essere causata dalla salita al potere da parte delle ideologie irrazionali e mistiche della New Age, ostili alla scienza e decise a tagliare i finanziamenti alla ricerca. Lo stesso movimento ambientalista è già pesantemente inquinato da pregiudizi antiscientifici. La scienza potrebbe svilupparsi ed andare avanti in qualche remota civiltà extraterrestre ma l'umanità rimarrebbe per sempre confinata in un ghetto culturale.
Altri vagheggiano un finale glorioso a trionfale in cui la scienza avrà risolto tutti i problemi e sarà giunta alla verità finale e assoluta. Si tratterebbe in ogni caso di un trionfo fasullo che porrebbe fine alla scienza e alla straordinaria avventura intellettuale che essa rappresenta.
Ci si può chiedere se esista davvero il TOE, la theory of everything vagheggiata da tanti miei colleghi di chiara fama. Con tutto il rispetto che ho per loro non credo che esista, anzi spero che non esista e in questa mia attitudine traspare la mia metafisica personale. Ogni nuova scoperta porta con se nuove domande, il suo valore finale dipende dalle nuove prospettive che ci apre e non dall'accumularsi della conoscenza. Secondo Freeman Dyson il cammino della scienza è simboleggiato molto bene dal teorema di Gödel secondo cui esistono sempre infinite proposizioni indecidibili in ogni sistema formale che si rispetti. Il tentativo di decidere queste proposizioni ricorrendo ad un oracolo conduce a un sistema formale più ampio che ne contiene altre egualmente in decidibili in un processo recursivo che non ha fine.
Il teorema di Gödel serve molto bene come metafora per tutto il procedere della scienza. Ogni teoria scientifica nasce in un contesto delimitato anche se non conclamato e può essere generalizzata in vari modi al di fuori di questo contesto. La meccanica newtoniana e la legge di gravitazione universale furono concepite per spiegare il moto dei pianeti e il loro successo fu così straordinario da essere accettate come la verità assoluta da generazioni di scienziati. In realtà, come ben sappiamo, esse cessano di essere valide quando si esca dalla analisi dei moti di oggetti macroscopici e non relativistici, esse appaiono come approssimazioni valide in un contesto ben delimitato di teorie molto più ampie. Questa limitazione non era di certo alla portata di Newton così come noi stessi non possiamo percepire al momento i limiti del contesto attuale.
Possiamo ragionevolmente assumere che le teorie attuali ma anche quelle che verranno sviluppate in un futuro più o meno lontano siano valide in un contesto il cui superamento richiederà una evidenza empirica e nuove tecnologie al momento non ancora accessibili e condurrà alla rivoluzione scientifica ben descritta da Kuhn. Nella metafora gödeliana questo superamento corrisponde alla decisione dell'oracolo, l'oracolo in se è essenzialmente l'universo che, se interrogato, risponde con decisioni inappellabili.
Il mito della verità assoluta assilla da secoli menti elevate ma ha anche inquinato i rapporti tra scienza e religione e in generale tra scienza e metafisica. Da vari documenti della Chiesa risulta chiaro il desiderio di porre fine a una polemica inutile e dannosa e di relegare il processo a Galileo nella storia e penso che dovremmo assecondare questo desiderio. Non illudiamoci e non cediamo al facile ottimismo: orde di fanatici attendono il momento propizio per porre fine alla scienza e imporre la loro visione del mondo.
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