La vita del dittatore ugandese Idi Amin raccontata attraverso un personaggio di finzione, vagamente, ispirato ad una persona realmente vissuta. Una scelta al limite dell'Ucronia per il biopic su Amin scritto dallo stesso sceneggiatore di The Queen, Peter Morgan e dall'autore di Mrs.Brown e Charlotte Gray, Jeremy Brock.
Un film interessante che utilizza il personaggio del giovanissimo (e superficiale...) medico scozzese Nicholas Garrigan per affrontare il tema della disillusione nei confronti del potere.
Tutto inizia quando Nicholas (James McAvoy noto per il suo ruolo ne Le cronache di Narnia) dopo la laurea decide di partire verso l'ignoto per lasciare la sua famiglia conservatrice.
Finito in Uganda dopo un lungo viaggio, tenta prima di sedurre la moglie del medico britannico con cui lavora (una 'rediviva' e sempre bella Gillian Anderson), poi, per caso conosce il nuovo presidente Idi Amin, che - appassionato della Scozia - gli offre il posto di medico personale.
Affascinato dalla retorica panafricana e indipendetista dell'allora non così feroce dittatore, il giovane accetta il lavoro offertogli ed inizia a seguire Amin nella sua follia egocentrista fino a salvarlo da un attentato. Da lì, però, la vita del ragazzo inizia a sprofondare quando si rende conto di avere davanti a sé una persona - nonostante tutto - ripugnante e pericolosa.
In questo senso 'L'ultimo Re di Scozia' è un film più che gradevole e interessante, dove - con un forte gusto anni Settanta - si analizzano le macchinazioni occidentali per rovesciare o rafforzare i regimi dei singoli stati africani. Il problema è, purtroppo, che la pellicola - ogni tanto - ha delle cadute inspiegabili al punto da renderla 'faticosa' e - alla fine - talora, perfino, incredibile.
La tragica storia d'amore tra il medico e la terza moglie segregata di Amin, il momento del redde rationem durante il dirottamento di Entebbe rendono 'L'ultimo Re di Scozia' meno 'forte' di quanto sarebbe potuto essere. Un film su una figura complessa come Amin, un dittatore al tempo stesso carismatico e ripugnante
sotto il cui regime sono stati uccisi 300.000 ugandesi meritava, nella sua parte 'inventata', ben altro espediente, perché tutto diventa poco credibile.
Perfino la realtà che declinandosi nella sua verità, è spaventosa e tragica.
Buona, ma non eccezionale la performance candidata all'Oscar di Forest Whitaker, mentre decisamente ottima è la regia di ispirazione documentarista del regista scozzese Kevin MacDonald già autore dell'originale 'La morte sospesa - Touching the Void'.
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