La D-Wave Systems, Inc. è una compagnia canadese con base a Vancouver che intorno al 20 gennaio scorso ha dato un soprendente annuncio: i suoi laboratori sarebbero pronti a sfornare la prima applicazione commerciale di un processore quantistico. Lo scalpore suscitato da una notizia simile nel mondo scientifico risulta più che giustificato, essendo la corsa a un dispositivo del genere una delle sfide più straordinarie poste dalla natura non solo alla tecnologia, ma alla scienza stessa dell'uomo. L'annuncio è balzato subito in vetta nella toplist di WordPress.com e, a partire da quel momento, è echeggiato nel web lungo i canali dell'informazione ufficiale dei siti specializzati come in quelli meno ufficiali dei blog (a proposito, si segnala la scelta dei ricercatori canadesi di aprire un blog dedicato che fungesse da linea diretta con curiosi, appassionati e addetti ai lavori). Da allora, sul loro sito web campeggia la fiera attribuzione del titolo di "primo - e solo - fornitore al mondo di sistemi di quantum computing progettati per sostenere applicazioni commerciali".

Il primo computer quantistico della storia sarebbe un sistema di calcolo equipaggiato con un processore quantistico a 16 qubit (l'equivalente quantistico del bit, capace però di racchiudere una maggiore densità d'informazione), che verrà presentato dal vivo nel corso di due appuntamenti che già registrano il tutto esaurito, fissati per domani 13 febbraio presso Mountain View, nella Silicon Valley, e per il 15 febbraio presso la sede centrale dell'azienda. Il condizionale è però d'obbligo, visto lo scetticismo espresso da diversi commentatori. A destare perplessità, a ben guardare, non è tanto la realizzazione pratica di un simile dispositivo, quanto piuttosto il tono dell'annuncio, che vorrebbe che nel corso della presentazione il nuovo processore della D-Wave sia in grado di risolvere un problema NP-completo. Per gli umili mortali come noi, trattasi della categoria più ostica in assoluto di problemi matematici in NP, vale a dire "problemi non deterministici a tempo polinomiale". Questa classe di problemi è lo scrigno inespugnabile della teoria matematica, ma lungi dall'essere confinata nella sfera della teoria pura non manca di affascinanti connessioni pratiche: le applicazioni vanno dall'ottimizzazione finanziaria al cosiddetto "problema dell'Automatic Speech Recognition" (basato sul riconoscimento e la comprensione del linguaggio parlato), fondamentale nel famigerato test di Turing e quindi cruciale nel campo dell'intelligenza artificiale.

Data la complessità del problema, in molti esprimono diffidenza di fronte alla pretesa della D-Wave, e in effetti appare molto probabile che le dimostrazioni verteranno sulla fattorizzazione in numeri primi di numeri non molto complessi (per quanto potenti, 16 qubit non possono fare miracoli!). Un processo, questo, di importanza comunque cruciale nella sicurezza informatica, visto che concerne tutte le chiavi crittografiche di cui facciamo quotidianamente uso senza nemmeno rendercene conto (dal bancomat alla codifica dell'e-mail fino ai protocolli di comunicazione via web). Non a caso sono numerosi i soggetti governativi (come la National Security Agency americana) e privati (istituti bancari e società di comunicazione di tutto il mondo) interessati agli sviluppi in questo campo, e timorosi che l'avvento del primo computer quantistico possa cogliere impreparate le loro misure di sicurezza, scardinando l'intero sistema economico mondiale. Con i suoi 16 qubit il dispositivo della D-Wave, battezzato Orion, non riuscirà a sovvertire l'ordine, ma se le dimostrazioni dov'essero dare esito positivo la sua evoluzione futura solleverebbe problemi non di poco conto.

Geordie Rose, fondatore della società canadese, non si risparmia in

Veduta di uno degli stadi di filtraggio di Orion, indispensabile per ridurre l'effetto del rumore termico e risolvere i problemi di decoerenza che affliggono il funzionamento dei processori quantistici.
Veduta di uno degli stadi di filtraggio di Orion, indispensabile per ridurre l'effetto del rumore termico e risolvere i problemi di decoerenza che affliggono il funzionamento dei processori quantistici.
dettagli sul suo blog, che in questi giorni registra un traffico da ora di punta. Una delle sfide che ha dovuto affrontare con il suo gruppo è stato il superamento della decoerenza, ovvero l'instabilità indotta nell'informazione registrata nel sistema (in stati quantistici tecnicamente conosciuti come quantum dot, analoghi ai transistor correntemente impiegati in elettronica) dall'interferenza dell'ambiente esterno. I sistemi quantistici risultano infatti terribilmente sensibili a qualsiasi influsso, e questo pone problematiche di non facile risoluzione. Rose e i suoi hanno ovviato all'inconveniente ricorrendo all'architettura di computer quantistico adiabatico a superconduzione, che consente al chip di tollerare il rumore termico intrinseco della materia e produrre risultati affidabili anche in assenza di un isolamento completo dall'ambiente.

Il dispositivo, per funzionare, deve essere portato alla temperatura critica di 5 mK, vale a dire 5 millesimi di grado al di sopra dello zero assoluto (pari a circa 273,16 gradi Celsius sotto zero). Opportuni stadi di prefiltraggio permettono di regolare l'accoppiamento tra i singoli qubit, limitando al minimo l'influenza del rumore. Il processore è progettato per operare in coppia con un chip classico che funziona da controllore e interprete e che ne invoca il funzionamento ogni qual volta si presenti un compito che lo richieda.

In attesa che si apprendano i risultati delle dimostrazioni pubbliche, la marea d'interesse crescente intorno all'evento non tradisce battute d'arresto, complici anche le dichiarazioni di Rose che si prefigge di arrivare a un chip da 1000 qubit entro il 2008. Ma dovremo attendere ancora qualche ora per capire se Orion è davvero la rivoluzione che i suoi costruttori pretendono che sia: ovvero il primo processore quantistico nella storia della computazione.