Il fatto che troviamo questo nuovo volume in libreria vuol dire che ti è tornata la voglia di scrivere? Se mai era andata via....
Ho smesso di scrivere una ventina d'anni fa, perché il mestiere di traduttore non mi lasciava il tempo. Tutto ciò che ho potuto fare da allora è stato di riprendere in mano alcuni miei romanzi quando un editore voleva ristamparli, e farne nuove versioni più ordinate e corrette. La voglia di scrivere è parte del desiderio di creare qualcosa, che abbiamo tutti. Io credo che sia bene cambiare attività ogni volta possibile, per fare nuove esperienze.
Quali sono i tuoi programmi a breve, ci saranno altri romanzi?
Continuerò a fare il traduttore, ma non per molto. Sento di aver già dedicato troppi anni della mia vita alla scrittura.
Dopo queste domanda che trovavamo urgente farti, torniamo a domande diciamo più normali. Le notizie su di te sono scarsissime, puoi darci una scheda più completa oltre alla data di nascita, che studi ha fatto, come sei arrivato a Livorno e così via?
Contrariamente a quanto può far pensare il mio nome, io sono nato a Carpi, quando Carpi era ancora un vecchio paese emiliano non diverso da quello di Don Camillo e Peppone, e non la ricca cittadina che è oggi. Lì ci sono i miei antenati e le mie origini. Ho fatto molti lavori diversi, dal metalmeccanico al tecnico di radiologia medica, sono emigrato a Varese e in Germania, e ho fatto il pittore per anni prima di accorgermi che mi divertivo di più a scrivere. A Livorno la mia famiglia si è trasferita perchè mio padre era sottufficiale di Marina.
Quando hai iniziato a leggere, e quando hai scoperto la fantascienza?
Ho cominciato a leggere a otto anni. Nel dopoguerra le famiglie povere facevano di tutto per costringere i figli a prendere un diploma, e quando mio padre mi scopriva a perdere tempo con un libro di Salgari o di Zane Grey o di Steinbeck, mi prendeva a calci e il libro finiva in coriandoli. Ovviamente è così che uno diventa un lettore appassionato. L'amore per la fantascienza è nato quando non avevo ancora dieci anni, e uscivano i primi Urania e Fantascienza Garzanti. I miei sogni erano pieni del Falco degli Spazi e della Legione dello Spazio. In seguito arrivò la SF sociologica di Pohl e Sheckley, e i fantasiosi panorami di Jack Vance.
Quali erano i tuoi autori preferiti (anche al di fuori della fantascienza)?
I miei preferiti sono troppi per enumerarli. Li ho amati tutti, ma per molti anni sono stato un fanatico della divulgazione scientifica di ogni genere, e quegli autori lì, che non sono mai stati nell'olimpo della letteratura, mi hanno dato moltissimo. La mia formazione più determinante l'ho avuta forse negli anni 70, con i libri delle teoriche del femminismo, italiane e americane. Lì è nata la mia passione per il movimentismo, i diritti civili delle minoranze, la voglia di sentire la voce della gente comune e non quella dei politicanti. E ho amato svisceratamente anche un'autrice che col femminismo non se la diceva molto, e che ha fatto incavolare spesso anche me, ma che nessuno dimenticherà mai (ciao, Oriana).
Visto che il tuo nome lo leggiamo spessissimo... purtroppo non come autore, è giusto dire che la tua professione è quella del traduttore, oppure fai altro?
Fare il traduttore di fantascienza e di fantasy è divertente e interessante. Quando ho cominciato, nel 1982, l'ambiente della fantascienza italiana era molto animato. A iniziarmi a questo lavoro fu Malaguti, che mi diede da ritradurre diversi classici della SF che mi avevano affascinato da ragazzino, come Un pianeta e tre stelle e La casa senza tempo. Poi tradussi alcuni romanzi per Fanucci, e infine passai alla Nord, che grazie al sig. Viviani in quegli anni stava dando il meglio della SF americana ai lettori italiani.
Hai mai frequentato il “fandom”? Sei mai stato presente a “convention” o altro? Frequenti in Internet newsgroup o mailing list? Se la risposta è no, e per mancanza di tempo oppure....
Negli anni 80 frequentavo il fandom e le convention, e voglio dire che ho conosciuto lì delle persone meravigliose, ragazze e ragazzi che dalla SF non riuscivano a tirarci fuori una lira ma che, senza saperlo, valevano oro quanto pesavano. Poi, per motivi personali, non ho potuto più allontanarmi da casa. Ma voglio approfittare di queste righe per dire a chiunque può viaggiare: partecipate alle convention, alle riunioni, a tutte le manifestazioni possibili. Le persone che conoscerete lì arricchiranno la vostra vita, credetemi. In quanto ad andare in rete, lo faccio soprattutto per la posta e per comunicare con la mia casa editrice.
Quali sono i tuoi hobby, cioè cosa fai nel tuo tempo libero?
Mi piacciono i lavori manuali, e mi piace la gente che fa i lavori manuali. Le discussioni politiche o filosofiche più appassionate le ho fatte da ragazzo seduto su una catena di montaggio ferma nella pausa pranzo, o nella campagna livornese seguendo un contadino che zappava o potava le piante. Le cose che uno si trova a pensare quando lascia lavorare le mani appartengono a un genere di pensiero stranamente fluido, non razionale, che però penetra nella materia della realtà come un cavaturaccioli, e alla fine ti regala una visione del mondo molto basilare.
Quando hai pensato di scrivere, e perchè hai scelto la fantasy che, presumo verso gli anni ’70, era quasi un “oggetto sconosciuto”. Dove e come hai scoperto l’heroic fantasy?
L'heroic fantasy l'ho scoperta leggendo Sinhue l'Egiziano, di Mika Waltari. Quel romanzo è un genere di heroic fantasy molto basata su una realtà storica. Anche l'Iliade e l'Odissea sono heroic fantasy. Da lì è nata la mia antipatia per la fantasy alla Tolkien, troppo distaccata dalla realtà del pianeta Terra, e per tutti quei generi di fantasy pieni di elfi, maghi, incantesimi e principesse in pericolo, che sanno troppo di favole per bambini. Il mago che fa un incantesimo mi lascia freddo. Ma il truffatore vestito da mago che soffia il fumo con una peretta dentro la sfera di cristallo, e poi fa entrare in scena l'assistente travestito da demone, be', questo invece mi diverte molto.
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