La spada selvaggia del mercato
Non saranno pochi i racconti postumi, spesso riveduti e corretti da L. Sprague De Camp, Lin Carter e altri, e solo dopo molti decenni ristampati nella versione originaria. La fortuna postuma di Howard inizia con l’antologia Skull-Face and Others della Arkham House (1946), seguita dalla serie di sette volumi howardiani della piccola editrice specializzata Gnome Press, fra cui il romanzo, rititolato Conan the Conqueror nel 1950, ristampato con successo in tascabile nell’edizione Ace Double nel 1953 (un libro che conteneva anche la La spada di Rhiannon di Leigh Brackett, un’altra riscoperta meritoria), uscendo l’anno dopo anche in Gran Bretagna per l’editore londinese Boardman. Innumerevoli, in seguito, saranno le rielaborazioni altrui; a partire da The Return of Conan, scritto nel 1957 da De Camp e dal fan svedese Björn Nyberg, molti si lanceranno nell’industria di Conan: con risultati ottimi come Karl Edward Wagner, dignitosi come lo stesso De Camp, o francamente indegni. Ma questa è un’altra storia, che non riguarda Howard. Tanti Conan, dunque, anche oltre la letteratura. Per la generazione di chi scrive, la scoperta dei libri nella Fantacollana Nord (nel mio caso, a partire da Conan il conquistatore), nella seconda metà degli anni 70, andò insieme con quella dei fumetti Marvel Comics nelle collane Corno, gli Albi dei super-eroi e poi Conan e Ka-zar. Sfogliandole ora, (per menzionare solo i primi autori) le sceneggiature di Roy Thomas appaiono viziate da pseudo-liriche didascalie incredibilmente verbose, pur essendo spesso interessanti pastiche che univano le trame di Howard a quelle dei vari continuatori, di vecchi mestieranti della fantasy letteraria e fumettistica come Gardner Fox e Norvell Page, nonché H.P Lovecraft e, coraggiosamente, Michael Moorcock. Nondimeno, nei disegni per l’epoca estremamente barocchi di Barry Windsor-Smith e Gil Kane, come quelli più classici di John Buscema, insieme all’eroe e ai suoi avversari si delineava lo sfondo di tutto un mondo fatto di città esotiche con intrighi e conflitti, magia e stregoneria, cappa e spada, affastellando antichità e medioevo. Anche grazie a quegli sfondi affollati e complicati, se non sempre complessi, ci siamo appassionati a Conan (e non dimentichiamo la breve serie sul re Kull, forse la migliore insieme a The Savage Sword of Conan): sarebbe bello ritrovarli nei fumettisti delle nuove generazioni.
L’iconografia di Conan, parallelamente, diventava quella degli esagerati muscoli da body-builder delle illustrazioni e delle copertine di Frank Frazetta: anche grazie alla sua presentazione di una fisicità prorompente ma non patinata diventa concepibile lo Arnold Schwarzenegger dei film di John Milius (Conan the Barbarian, 1981) e Richard Fleischer (Conan the Destroyer, 1984). Milius utilizza Conan nella visione epica (in cui, a ben vedere, la fantasy e l’azione hanno un ruolo limitato) di un mondo perduto, in cui poteva dominare un individualismo e un senso di libertà sconfitti dalla modernità, secondo il regista incarnati dalla mascolinità prorompente del protagonista. Un film di cui si è molto parlato, e che è stato analizzato nel libro di Michele Tetro, Conan il Barbaro, l’epica di John Milius (Falsopiano, 2004): appunto un’ennesima interpretazione di un personaggio che è sopravvissuto al suo autore, trasformandosi e trasfigurandosi.
Nel frattempo, come sappiamo, tutto un sottogenere della fantasy era nato come imitazione e riscrittura, anche ironica, di quei racconti su Conan. Di ironia ne esiste molta in Jirel di Joiry, l’eroina femminile e proto-femminista creata dalla scrittrice C.L. Moore negli anni 50, come nel dopoguerra specularmente esiste molto rispetto per l’era hyboriana di Conan nella Nehwon di Fritz Leiber, dove si muovono gli antieroi Fafhrd e Gray Mouser; passiamo poi per i toni leggeri delle fantasie di De Camp, fino alle suggestioni controculturali di Elric e degli altri personaggi dell’inglese Michael Moorcock, o all’universo di Nevèrÿon di Samuel R. Delany, aggiornamento “colto” e affettuoso della sword and sorcery per gli anni dell’Aids e dei conflitti razziali e di orientamento sessuale.
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