raccontata da Riccardo Valla
Storia della fantascienza
La storia della fantascienza, dall'epoca di Verne e Wells fino all'era del cyberpunk, è affascinante. Riccardo Valla, uno dei maggiori esperti italiani, ce la racconta un po' per volta, in ordine sparso.
Alcuni titoli editi da Ballantine Nelle scorse puntate abbiamo visto a grandi linee le riviste americane di fantascienza fino al 1960. A quell'epoca il mercato della science fiction, che per alcuni anni, a partire dal 1950, aveva visto una notevole espansione, si riduce a poche riviste di piccolo formato. Nello stesso tempo, però, comincia a diffondersi il tascabile di fantascienza, e mi pare interessante soffermarmi brevemente sulle collane di libri tascabili che apparivano negli SU, perché in genere, a parte la Ace Books, curata da Wollheim, la trafila (o la "filiera", come si dice adesso) era la stessa delle collane di fantascienza italiane che apparivano all'epoca: invece di pescare tra la pila dei manoscritti inediti, si ripubblicavano cose già edite. Questa prevalenza delle riedizioni comincia a declinare quando Robert Heinlein pubblicherà direttamente in tascabile, senza una precedente apparizione su rivista, il romanzo Straniero in terra straniera. A partire da allora, il numero di opere scritte direttamente per il mercato dei pocketbooks aumenta progressivamente.
Naturalmente, negli anni di predominio delle riviste, ossia dal 1925 al 1955, esisteva anche un mercato di libri rilegati di fantascienza, ma erano stampati da piccole case editrici, in poche copie, e raggiungevano soprattutto il pubblico delle riviste, che, pubblicando recensioni o annunci pubblicitari, permettevano di conoscere l'esistenza di quei volumi. Probabilmente qualche autore di gialli o di western avrà tratto lauti guadagni dalla riedizione in volume dei romanzi che pubblicava originariamente su riviste come Argosy, ma nel campo del fantastico non si ricordano arricchimenti improvvisi. Anche lo stesso Burroughs, che in genere era il più oculato scrittore della sua epoca (dal 1915 al 1940, pressappoco), provò per alcuni anni a ripubblicare per conto suo le storie di Tarzan, all'epoca in cui uscivano i film con Weissmuller, ma alla fine si accorse che gli conveniva darli a grossi editori.
Il campo dei tascabili americani è sempre stato un mercato di massa, rispetto a quello dei rilegato che era un mercato di nicchia, e il pocket aveva il vantaggio, rispetto alle riviste, di poter partire con tirature più basse: mentre le riviste tiravano dalle 50 mila alle 200 mila copie, il tascabile partiva da 20 mila, magari per poi arrivare a parecchie centinaia di migliaia di copie, ma attraverso decine di ristampe.
La mia impressione è che le case editrici di tascabili riuscissero a condizionare il mercato molto più delle riviste. Le riviste duravano un mese o due nelle edicole e nessuno ne parlava, mentre il tascabile rimane esposto un certo tempo in libreria e negli altri punti di vendita e perciò fa in tempo a godere di recensioni. E' chiaro che la situazione si presta a operazioni di lobby, perché la casa editrice col miglior ufficio stampa finisce per far parlare maggiormente di sé.
Per vedere le differenze tra le collane di libri tascabili, conviene fare una piccola rassegna storica della fantascienza nei pocket americani. La prima casa che divenne famosa per le sue edizioni tascabili fu la Pocket Books, che iniziò nel 1938. Anche se fin dal secondo numero (o dal primo, perché il precedente non era numerato) aveva pubblicato Orizzonte perduto, negli anni successivi non pubblicò fantascienza, a meno che non si considerino come fantascienza le storie di Fu Manchu. Pubblicò negli anni 40 vari romanzi di Wells, e nel 1943 un'antologia curata da Wollheim, nel 1948 Mr Adam di Pat Frank, e qualche titolo di Leinster, Le sabbie di Marte di Clarke e La morte dell'erba di Christopher; ossia, per le sue scelte, non prendeva in esame le riviste americane, ma ristampava libri che avessero avuto un certo successo in America o in Inghilterra. Più o meno i criteri seguiti anche dalle edizioni per le forze armate, che vennero pubblicate fino al 1947 e che arrivarono a 1200 titoli (più di dieci nuovi titolo il mese, quindi).
E altri editi negli ACE Un po' più tardi (1941) uscirono gli Avon, ma anch'essi, nonostante quasi 2000 titoli, non pubblicarono molta fantascienza: antologie, le opere di Merritt e, curiosamente, The Lurking Fear di Lovecraft (che è uno dei più rari: vent'anni fa, in condizioni di "nuovo", valeva 40 dollari; oggi ne varrà 200). Inoltre i libri di C.S. Lewis su Marte e le avventure del "pianeta radio" di Farley.
I Bantam Books iniziano nel 1945, ma per vari anni pubblicano solo occasionalmente qualche titolo di fantascienza di autori non specializzati. Pubblicano nel 1950 Il cervello mostro di Kurt Siodmak, Assurdo universo di Fredric Brown. Negli anni seguenti pubblicano Matheson, le raccolte di Tenn e quelle di Bradbury, Distruggete le macchine di Kurt Vonnegut, e alcuni volumi di Brown.
Nel 1952 iniziano le due serie più importanti, quelli della Ace e della Ballantine. I primi Ace sono gialli e western, e hanno il formato caratteristico del "doppio romanzo", ossia due romanzi stampati uno opposto all'altro, cosicché i volume ha due prime pagine di copertina e nessuna quarta. Col n. 13, nel 1953, gli Ace pubblicano Cry Plague! di T.S. Drachman (che non ha lasciato molte tracce di sé, a dire il vero), e col 31 dello stesso anno Gli uomini ombra e Il mondo del Non-A, tutt'e due di van Vogt. Il 36 presentava Conan il conquistatore di Howard e La spada di Rhiannon della Brackett (spacciato come originale mentre era una ristampa di un romanzo chiamato Sea Kings of Mars). Nel 1954 Le sentinelle del cielo di Russell, e ristampe di van Vogt, Leinster, Ritorno al domani di Hubbard. L'anno dopo comincia a comparire Dick, con romanzi quasi sempre originali. Tra gli autori che compaiono più spesso negli anni seguenti troviamo R.M. Williams, A. Norton, e poi Brunner, Silverberg.
Anche la Ballantine aspetta qualche tempo prima di pubblicare fantascienza, e il primo libro che pubblica è Star Science Fiction Stories, un'antologia curata da Pohl. Nello stesso anno troviamo:
21 Pohl e Kornbluth, I mercanti dello spazio
25 Pratt, Nettunio 237
28 Kersh, The Secret Masters
30 una raccolta di Kuttner, Ahead of Time
33 Clarke, Le guide del tramonto
38 Moore, Anniversario fatale
41 Bradbury, Fahrenheit 451
46 Sturgeon, Nascita del superuomo
50 Wyndham, Il risveglio dell'abisso
Negli anni seguenti, i nomi più ricorrenti sono Sheckley, Pohl, Clarke, Wyndham. Non sto a fare l'elenco dell'intera collana (chi lo vuole, lo può trovare in un paio di prezziari americani; alle mostre-mercato dei fumetti ogni tanto si vedono), ma è abbastanza chiara la caratteristica di questo mercato americano: Ballantine e Bantam puntavano su testi più brillanti, rivolti a un pubblico più colto: Tenn è brillante e, come Sheckley, ha sempre un sottofondo amaro: Tenn, Sheckley, Pohl e Kornbluth: i quattro cavalieri dell'utopia negativa. Invece la Ace si manteneva a un livello più avventuroso, attingendo al materiale degli anni 30 e 40 e pubblicando anche la produzione più vicina alla Fantasy. Il curatore della serie era Donald A. Wollheim, e non aveva esitazione a pubblicare anche gli esordienti: le prime opere di Dick, la Bradley, Silverberg, Brunner o la Norton, che all'epoca pubblicava molti romanzi nelle serie per ragazzi. Nel criterio della Ace, la storia veniva prima di ogni altra cosa.
Personalmente ho l'impressione che nel campo della fantascienza la presenza delle edizioni mass market corrisponda a un lavoro sotterraneo di lobby mirante a imporre determinati autori e determinati tipi di storia. All'inizio era sufficiente la pubblicazione in sé, dato che le pubblicazioni erano poche decine l'anno, ma in seguito questo lavoro si è svolto soprattutto attraverso due organi che in teoria dovrebbero essere super partes, ossia la rivista amatoriale Locus e l'organo dell'associazione degli editori americani, il Publisher's Weekly. Un'infinità di recensioni di Locus sono eccessivamente ottimistiche, e un mucchio di segnalazioni dell'altra rivista sono un po' troppo benevole, e in genere tutt'e due tendono a essere più indulgenti con le opere difficili che con quelle avventurose. Anche le famose biografie scritte da Moskowitz hanno contribuito a indirizzare i gusti del pubblico verso la produzione dell'era di Campbell; in seguito Moskowitz ha allargato le sue ricerche ai precursori, ma ha trascurato una buona parte degli autori usciti tra il 1920 e il 1940: basta controllare cosa dica Moskowitz sugli autori scelti da Asimov per la sua antologia sull'"alba del domani". Per esempio, Moskowitz trascura del tutto Keller.
La critica condiziona i premi, e ha sempre spinto i lettori verso la produzione Ballantine/Bantam piuttosto che verso quella Ace. Però, secondo me, la maggiore operazione di lobby dell'editoria americana è stata quella che verso il 1970 ha portato tutte le attenzioni a concentrarsi su Ursula Le Guin, scrittrice senza dubbio brava, ma anche assai adatta a proporre una particolare immagine della fantascienza presso il grande pubblico, lasciando da parte altri scrittori più scomodi, come Malzberg o Dick: figlia di un noto antropologo e di una madre appassionata di indiani, bizzarra quanto basta a incuriosire ma non da allontanare (fuma la pipa ed è anarchica), buoni studi e per di più, avendo sposato un professore francese ed essendoselo portato a Portland, a suo modo una patriota. Mettete invece che si volesse prsentare Dick: quello arrivava, cominciava a parlare di LSD e ad accusare l'FBI di impiantargli le "cimici" nel bagno, di infilargli in tasca bustine di cocaina per incastrarlo ecc. Crollo delle vendite.
Con la Le Guin giunge alla conclusione un tentativo di imporre la fantascienza "letteraria" a scapito di quella avventurosa, che inizia con il saggio di Kingsley Amis, Nuove mappe dell'inferno, prosegue con la supervalutazione di Bradbury e qualche anno più tardi, della New Wave, e alla fine arriva a quella della Le Guin. Personalmente, ammetto di esserci cascato anch'io, all'epoca, tanto era suadente il messaggio: "la fantascienza è la miglior letteratura che esista, ma la gente la confonde con i mostri e i razzoni; presentandole però i volumi più letterariamente validi, sceglierà quelli e si creerà un mercato". Di qui i miei vecchi amori per Ballard, per esempio. In realtà, la gente non voleva affatto quel tipo di storie "letterarie", tolte le migliori, e anche quelle a piccole dosi, e questo sia in Italia sia in America, e probabilmente colui che ha visto meglio i termini della questione è Silverberg, il quale diceva in una intervista che bisogna distinguere tra la fantascienza avventurosa e quella "speculativa" (new wave, Malzberg, molto suo materiale); la prima ha un pubblico potenziale abbastanza vasto, ma la seconda è di élite (o di nicchia, se vogliamo usare questo termine). Secondo Silverberg non ha senso cercar di vendere 50 mila copie di un romanzo "speculativo", perché il pubblico può essere di tremila o quattromila persone; perciò la narrativa speculativa dovrebbe essere indirizzata a piccole case editrici di volumi rilegati che lavorano su quel numero di copie e non agli editori mass-market che hanno bisogno di 30 o 40 mila copie. Di conseguenza, la gente che ama quel tipo di letteratura dovrebbe rassegnarsi a pagare le 30 mila lire del libro anziché le sette o diecimila lire del tascabile.
Non vorrei rendermi responsabile di paranoie dickiane immaginando un complotto, ma ho l'impressione che una figura chiave di questo tentativo sia Pohl, che si trovava a stretto contatto con gli editori maggiormente orientati in quel senso. I principali sostenitori teorici del filone "sociologico" (più o meno, corrisponde con quella che Silverberg chiama narrativa speculativa: è sostanzialmente la antiutopia) sono Amis e la Merrill. A proposito di Amis si era osservato già all'uscita del suo saggio (che bisognerebbe mettere in rete, visto che è introvabile: fate conto che un paio d'anni fa ne ho trovato una copia e se l'è fatta dare Staffilano; e dire che tra noi credevamo di avere tutto) che Amis prende in esame solo il materiale di Galaxy e le ristampe della Ballantine, senza occuparsi della vecchia fantascienza di Gernsback e neppure di quella di Campbell, che all'epoca era ancora la più venduta. Pohl era uno dei consulenti sia di Galaxy sia della Ballantine. La prossima volta che Sheckley viene in Italia, qualcuno potrebbe interrogarlo su questi retroscena: come autore prima coccolato e poi abbandonato dall'editoria americana, forse può essere disposto a rivelare qualche retroscena.
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