La ribalta internazionale Alfonso Cuarón l'ha conquistata dirigendo il terzo capitolo delle avventure di Harry Potter, un film fantastico e fantasioso pieno di effetti speciali. Eppure per I figli degli uomini (è già online la nostra recensione, firmata da Marco Spagnoli: /film/8582/, e nei prossimi giorni metteremo online anche un'intervista esclusiva con Cuarón), sua ultima fatica di autore oltre che regista, ha preferito stare lontano da automobili volanti, pannelli olografici e da tutto l'armamentario che l'immaginario del cinema fs ci ha consegnato. "Quando uno dichiara di voler fare un film di fantascienza" ha confessato divertito in una recente intervista, "tutti subito si eccitano pensando in termini di Blade Runner. Amo quel film, ma io volevo fare un anti-Blade Runner."
I figli degli uomini è un thriller ambientato in un futuro molto prossimo nel quale il mondo è in preda all'anarchia causata da una sterilità globale. Un uomo, ex militante politico, si prenderà cura dell'unica ragazza rimasta incinta su tutto il pianeta e che potrebbe aiutare gli scienziati a trovare un rimedio per garantire un futuro all'umanità. Cuarón ha dovuto faticare parecchio per tenere a freno la fantasia dei responsabili artistici del film. "Se ne sono usciti con concetti soprendenti, suggerendo cose selvagge" ha detto il regista, "ma io pensavo che i progressi tecnologici dovessero essere minimi. Non volevo un futuro che si annunciasse esplicitamente, volevo che gli spettatori scoprissero che si parlava di futuro un po' alla volta. Ad esempio le autovetture, pur essendo futuribili, dovevano essere molto simili a quelle attuali. Insomma, volevo un futuro che 'parlasse' al presente."
Il regista ha poi parlato dell'influenza sulla stesura dello script esercitata dall'11 settembre, "poiché il mondo è decisamente cambiato da allora, ed era importante tenerne conto per definire l'essenza del 21° secolo." Dopodiché Cuarón dichiara di non sapere bene in che modo il film si discosti dal libro da cui è tratto (e scritto dalla famosissima autrice inglese P.D. James): "Devo confessare: non ho mai letto il romanzo. Ero preoccupato di ciò che mi avrebbe portato a scoprire. Ciò che ha acceso il mio interesse è stata il lavoro di sceneggiatura, e neanche da subito, devo ammettere." Fortunatamente la produzione conosceva bene il libro e ha lavorato affinché il film ne restasse abbastanza vicino (caso più unico che raro). "Mantenere l'ambientazione in Inghilterra era fondamentale, anche da un punto di vista visivo. Ambientare il film in America non avrebbe funzionato; la premessa della pellicola è che il mondo è crollato e l'Inghilterra se ne è separata, precipitando verso una regressione della democrazia, e questo negli USA non potrebbe succedere. L'Inghilterra non ha lo stesso tipo di controllo di cui dispone l'America, lo sapete no?" Sarebbe stato interessante vedere l'espressione di Cuarón mentre pronunciava questa frase.
Passando agli attori, Cuarón ha detto di essersi sentito elettrizzato quando la produzione gli propose come protagonista Clive Owen, del quale il regista si dichiara ammiratore da sempre. "Quando la produzione ha dato il disco verde per il progetto, si è subito iniziato a parlare di Clive come attore principale. Ero eccitato, perché lui sta diventando una grande star ma più di questo è un grande attore. Ha capito subito che il personaggio che doveva interpretare non è un supereroe ma un uomo comune." Sembrava invece azzardata la scelta di Micheal Caine per il ruolo di Jasper, un vignettista in pensione che passa il suo tempo a fumare qualunque cosa. Lo stesso Caine era poco convinto all'inizio, finché "non gli abbiamo messo trucco e parrucca, vestiti hippy e sistemato sul set della sua abitazione. Allora si è messo a camminare davanti allo specchio e il suo linguaggio corporeo ha iniziato a modificarsi. Alla fine Micheal si è innamorato del suo personaggio, ci si è immedesimato completamente, interpretandolo come una specie di John Lennon invecchiato e divertendosi a caricarlo in modo esagerato. E' la prima volta che vedo Michael fumare erba e fare scoregge in un film" conclude Cuarón ridendo.
Il regista ha infine confessato tutto il suo disagio durante la lavorazione, simile a quello di Caine per il ruolo da interpretare. "Ero molto nervoso" dice, "ma alla fine tutto è venuto molto naturalmente, e proprio nel momento in cui tutti erano più stanchi e stressati." Il lavoro di un regista raffinato e tecnicamente virtuoso come Cuarón sembra comunque aver dato buoni frutti, almeno a giudicare dalla più che buona accoglienza ricevuta all'ultimo Festival del Cinema di Venezia dove è stato presentato in concorso, "rischiando" addirittura l'aggiudicazione di qualche premio, nonché dalle critiche complessivamente positive. Ognuno potrà giudicare il 17 novembre prossimo, data di uscita nelle sale italiane.
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