Popolarissimi in estremo oriente, i giochi di ruolo di scuola nipponica animano un mercato difficile da seguire per un appassionato europeo. L’esplosione del fenomeno con Final Fantasy VII (1997) ha moltiplicato le uscite nel vecchio continente, presentando a un pubblico più ampio produzioni alternative ai kolossal Square, ma restano ancora molti problemi, come i ritardi sulle tabelle di marcia rispetto a giapponesi e americani, insieme a limiti più o meno marcati di localizzazione e conversione da un sistema video (il loro, ntsc) all’altro (il nostro, pal), che dovrebbero in parte venire superati con l’affermarsi – tramite Playstation 3 e Xbox 360 - dello standard unico dei televisori ad alta definizione. Shin Megami Tensei: Digital Devil Saga è esattamente tutto questo. Perché è uno dei migliori giochi di ruolo nipponici che si possano giocare oggi, ma anche perché arriva viziato da ciò a cui si accennava prima, quella confusione e approssimazione alle quali tende il mercato europeo quando si misura coi giochi di ruolo orientali.
Il videogame giunge da noi a due anni dall’uscita originale in Giappone e a uno dalla pubblicazione negli Usa, con l’aggravante che là sono disponibili entrambi i capitoli della mini-serie, mentre qua non si conoscono a tuttora i piani per portare sulle console pal la conclusione del racconto.
Shin Megami Tensei: Digital Devil Saga è uno spin-off della raccolta principale Shin Megami Tensei: Nocturne (in Italia si può recuperare il terzo episodio, dato alle stampe con il titolo Shin Megami Tensei: Lucifer’s Call) suddiviso in due sezioni, similarmente a Kill Bill di Tarantino o, come stacco, a quello che intercorre tra la Compagnia dell’anello e Le due torri nel Signore degli anelli. C’è un viaggio che al termine di Digital Devil Saga conduce a un primo traguardo, per poi risolversi attraverso gli eventi di Digital Devil Saga 2.
La pubblicazione della seconda metà della mini-serie in Europa pare quindi scontata, magari entro marzo 2007 (attuale data d’avvento di Playstation 3), ma per adesso non esistono rasserenamenti ufficiali.
Conviene incrociare le dita, dato che Shin Megami Tensei: Digital Devil Saga è, nella sua canonicità, uno dei migliori esponenti della scuola nipponica del gioco di ruolo. Molto del fascino deriva dall’ambientazione: un universo demoniaco cibernetico, oscuro cyberpunk alla giapponese inzuppato di misticismo, tra satanassi e compari di Belzebù. Lo scenario in cui si apre il videogame ricorda una versione high-tech del futuro tratteggiato da Mad Max, con tribù impegnate a combattere tra i ruderi di un mondo distrutto con l’obbiettivo di conquistare non l’acqua o la benzina, ma – missione assai più orientale – il nirvana. L’intera avventura è disseminata di riferimenti alla filosofia indiana, compresi ritmo e intreccio, nonostante gli stereotipi comuni, più approfonditi e maturi (essenzialmente perché “occulti”) che nella maggioranza delle produzioni.
Per la giocabilità gli autori hanno invece preso ispirazione dalla serie principale Nocturne, ad esempio mantenendo alto il tasso di incontri casuali. Calcolando che lo sviluppo di Digital Devil Saga si fonda sull’esplorazione di labirinti, ciò si traduce in centinaia di combattimenti a turni di qualsiasi entità. Rispetto al complesso sistema di gestione del gruppo redatto per Lucifer’s Call, nello spin-off si è però scelta una direzione più conservatrice, elementare. I mostri non si devono più irretire, fondere e allevare come pokémon. Fanno già parte della compagnia prestabilita di personaggi, incluso l’alter ego del giocatore, rimasti esposti a una malefica radiazione; poi si tratta di insistere a propria discrezione sulle loro diverse strade evolutive, secondo uno schema di abilità che richiama Final Fantasy X: funzionante, senza scossoni.
Scelta conservatrice anche quella dell'adattamento: niente selettore di Hz e testo tutto in inglese.
L’importante, comunque, è che Shin Megami Tensei: Digital Devil Saga ce l’abbia fatta ad arrivare nel terzo mondo videoludico. Già da questo assaggio, Atlus ribadisce che la sua serie, in qualunque versione, originale o alternativa, può giocarsela legittimamente coi grandi della generazione Playstation 2.
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