Un lavoro diretto ai dettagli, angoli smussati qua e là e una nuova grafica, stile Pixar. Non è in seno a grandi cambiamenti che nasce Micro Machines V4, seguito a nove anni di distanza dall’ultimo episodio della serie di party game culto nei Novanta. D’altronde ciò serve a dimostrare che la ricetta era buona. Buona oggi come allora? Sembrerebbe di sì, a patto di avere un po’ di amici con i quali scambiarsi simpatiche sportellate. E missili a ricerca, raffiche di mitraglia, mine, raggi al plasma, colpi di supermartello... I bonus sono uno dei particolari con cui la veterana Supersonic Software, società responsabile anche dei primi due capitoli del videogame, ha rimescolato le carte in Micro Machines V4. I circuiti straripano di icone fluttuanti da investire affinché si possa godere dei loro curiosi effetti. Non è tanto sulla varietà che hanno insistito gli sviluppatori – le tipologie sono le tre abituali: armi per inseguitori e inseguiti; difesa - quanto piuttosto sulla concentrazione degli stessi. Al punto che adesso, il più delle volte, non serve neppure andarli a cercare infilandosi in scorciatoie ardite. Capita più spesso semplicemente di passarci sopra e la questione, al massimo, è di essere dal lato giusto della strada nel caso di un testa a testa. Un’evoluzione abbastanza naturale per la serie – almeno una delle due possibili e più scontate – che ha sempre privilegiato, proprio nell’ottica del suo caotico multiplayer, il battibecco fisico alla ragione corsaiola. Il modello di guida, affinato da anni di esperienza sul campo (dopo Micro Machines, Supersonic ha creato Mashed), è praticamente perfetto nella sua immediatezza per nulla grossolana e, anche se di base tenderebbe a non impensierire, in realtà si rivela come l’ulteriore variabile di quello che è un intraducibile circo pazzo a quattro ruote, pieno di incidenti dettati da bizzarre congiunzioni astrali.
In Micro Machines vincere non è solo questione di abilità. A determinare l’esito delle gare, nella bolgia scaturita dall’incontro di quattro giocatori che si bersagliano come dannati, concorre un pizzico di fortuna e, a dispetto di quanto indicherebbero i trattati di game design, la cosa risulta comunque divertente. Molto divertente, come lo è abbrustolire la fuoriserie dell’amico sui fornelli della cucina o sbatterla giù per il lavandino (escluso il fuoripista, le torture possono protrarsi con deperimento graduale del veicolo). I sorrisi extra arrivano proprio dai tracciati, una cinquantina tra alti e bassi ma con abbondanza dei primi, che nella tradizione della serie sono ricavati nel microcosmo domestico. Scordatevi i circuiti della formula 1 e preparatevi ad affrontare, a bordo di ruggenti automobiline (ce ne sono più di duecento da collezionare) grandi quanto un’unghia, tutti i pericoli della casa vista da una prospettiva così piccina. I trabocchetti sparsi per gli ambienti dalla miniaturizzazione aggiungono del pepe dove, invece, la pianta ovale e non particolarmente arzigogolata delle piste di norma non si preoccupa di farlo. L’azione non manca, complice il sistema a punti che raggruppa i partecipanti all’interno di un ristretto cono visivo, eliminando di volta in volta i piloti scivolati fuori dall’inquadratura della telecamera (ce ne sono due: la classica fissa e un’altra mobile che segue la direzione del percorso) e incoraggiando, di conseguenza, le scaramucce tra chi si trova vicino.
Il tutto disegnato con linee morbide e i colori pastello, per un’insieme di fantasia che ricorda le produzioni Pixar sul grande schermo e sposa – sobriamente, con gusto - l’allegria di Micro Machines V4, piacevolissimo giocattolo che non ha né sente il bisogno di un’esagerazione di effetti speciali, a vantaggio delle risorse hardware del PC. Se negli anni ’90 eravate quattro amici al bar Codemasters e oggi provate un po’ di nostalgia, è l’occasione giusta per sedersi ancora al vecchio tavolo - tirato a lucido - e chiedere il solito. Per gli altri l’opportunità di scoprire, sotto una veste nuova ma con la sostanza sbarazzina di allora, come i fanatici dei videogiochi si divertivano prima dell’avvento di Pro Evolution Soccer. E magari cadere nella stessa rete.
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