Un videogame dedicato al Padrino e sconfessato dal suo regista, Francis Ford Coppola, esiste già. Una delle licenze più costose degli ultimi anni, tanti milioni di dollari da far tremare le casse di Electronic Arts, il mega editore che se l’è assicurata e l’ha data alle stampe su Pc e console. Ma è probabilmente più questo Grand Theft Auto Liberty City Stories a legarsi al cinema di mafia, anche se da una prospettiva completamente differente. Messa da parte qualsiasi aspirazione drammatica, rispolvera il sempreverde taglio caustico della serie, sepolta sotto metri di humor nero. La storia ruota attorno alle malefatte di Toni Cipriani, un picciotto della corte di don Salvatore Leone, appena rientrato sulla piazza e desideroso di farsi un nome. La vera protagonista però è, come in tutti i Grand Theft Auto, la città. Che è la cara, vecchia Liberty City di Grand Theft Auto III, il primo rivoluzionario episodio per PlayStation 2, assemblata ad hoc per questo spin off, originariamente pensato per Psp, la console portatile Sony. Grand Theft Auto Liberty City Stories si rivela un andata e ritorno in molti, se non tutti, i sensi. Alleggerito in più punti, per scelta o necessità derivate dall’hardware Psp e dall’idea di un utilizzo razionato del gioco, magari durante i viaggi, il videogame Rockstar è un salto indietro nel tempo anche joypad in mano. Messe da parte le intuizioni elaborate in Grand Theft Auto San Andreas, l’ultimo capitolo costruito sulla base di PlayStation 2, si riprende a scorrazzare stretti tra i limiti della stesura del 2001, che se allora era una boccata di aria fresca, oggi costringe la libertà di chi abbia provato la tridimensionalità per terra, per cielo e per mare del resto della serie.
I videogame Rockstar hanno comunque trovato spesso il modo di farsi perdonare, tanto che li si adora a milioni nonostante i bug sparsi qua e là nel codice del gioco. Anche Grand Theft Auto Liberty City Stories non fa eccezione, anzi. Le sbavature ci sono e perseguitano. Però, nella tradizione della serie, ci sono anche un buon numero di missioni piuttosto fantasiose e personaggi curiosi, così come un fiume di gag hard boiled e citazioni. Lo spirito e lo stile ricercato del marchio sono conservati e, seppure non all’apice, una sicurezza. Il fatto che gli incarichi si mantengano su tempistiche lampo – altra deriva del mondo portatile – se da una parte non riesce a ripetere il divertimento di certe maratone rocambolesche di Vice City e San Andreas, dall’altra allontana la frustrazione, sempre dietro l’angolo quando – come ormai assodato – tra i difetti storici di Grand Theft Auto c’è un sistema di controllo un po’ grossolano. Niente a cui una risata – e se ne fanno – non può porre rimedio. E mal che vada, ci si può rilassare a far le penne con la motoretta. La struttura libera di Grand Theft Auto è naturalmente farcita di diversivi. Benché sia l’esposizione più debole del lotto e nemmeno tanto vasta, Grand Theft Auto Liberty City Stories resta un titolo interessante per tutti gli appassionati della serie. Grazie alla lungimiranza di Rockstar Games, è possibile completarla senza dover per forza allargare il parco macchine alle console portatili. A patto di digerire un progetto nato in altri lidi e che, grafica 3D a parte, evidenzia spesso le sue origini, dimenticando però di traslare l’unica vera aggiunta registrata su Psp: il multiplayer.
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