I mesi passati senza poter effettuare il contatto neuro simbiotico stavano dando il loro effetto. Madres stava regredendo allo stadio iniziale. Stava tornando ad essere un semplice computer. Meglio. Non gliene importava niente. Voleva solo stare in pace. Riposare. Il dolore fisico era ormai passato ma la terribile sensazione di non appartenere al corpo che lo ospitava era rimasta. Anzi, cullata dal silenzio e della solitudine si era accentuata. Provava disprezzo per quegli arti, ribrezzo per quella pelle, rabbia per i limiti fisici in cui era costretto. Si sarebbe già ucciso se solo ne avesse avuto il coraggio, ma non gli era rimasta abbastanza forza di volontà per compiere un gesto simile.

- Ledeo, ho bisogno di te. Ci siamo, il momento è arrivato ma ho bisogno di te. –

Di nuovo. Ancora la sua voce. Nel dormiveglia in cui era Ledeo non riusciva a capire se fosse solo un sogno o la realtà. Ormai da giorni tutto appariva confuso, distorto. Non era più in grado di distinguere le allucinazioni dalla verità.

Alcuni minuti di silenzio.

- Non posso farcela da sola, Ledeo, ho bisogno di te. Solo insieme possiamo riuscirci.

Altri preziosi momenti di pace.

Poi tutto accadde velocemente. Prima un colpo sordo. Fortissimo. Poi ancora un altro, sempre dalla stessa direzione. Subito dopo l’allarme risuonava a gran voce per tutta la Novak. Ledeo si era seduto sul letto, lo sguardo vitreo. Non riusciva a capire cosa stesse succedendo. Aveva la vaga sensazione che si dovesse alzare per fare qualcosa, per controllare, ma non sapeva perché avrebbe dovuto farlo.

Altri colpi sordi, questa volta seguiti da esplosioni. La Novak stava esplodendo. Forse il destino aveva capito che era ora di far finire quell’inutile viaggio.

D’un tratto tutte le luci si spensero. Ledeo era sempre sul letto, sballottato dalle vibrazioni ora non si sarebbe potuto alzare neanche se lo avesse voluto. Era tutto un sogno, un’allucinazione. Gli eventi si susseguivano con troppa velocità per la mente annebbiata di Ledeo.

Un’altra esplosione. Questa volta più vicina a lui. Un attimo dopo le fiamme nel corridoio illuminarono di nuovo la sua stanza. Cos’era quell’odore?Una folata d’aria diversa era arrivata fino a lui. Era fresca, umida. L’odore di iodio gli riportò alla mente un’immagine piacevole: il mare all’alba.

Dunque stavano precipitando sul pianeta. Che ironia! Il miglior finale per un viaggio nato dall’inganno. Schiantarsi sull’obiettivo.

Un’altra esplosione. Questa volta così vicina da far schizzare via la sezione degli alloggi dove si trovava Ledeo. Poi l’impatto. Non con la terra ma col mare. L’acqua gelida invase la sua stanza, la sua bocca, i suoi polmoni. Per un momento Ledeo rivide le immagini felici della sua vita. Ben poche in realtà. Poi ebbe la netta sensazione di aver già vissuto quel momento. Un deja - vu molto forte. Certo, il sogno che aveva fatto in quell’incredibile notte poco prima di partire! Poi il panico, l’istinto di sopravivenza prese il sopravvento obbligando il suo corpo a trovare una via di fuga.

Al buio, nel panico, non era certo una cosa semplice. Gli parve di vedere una piccola luce. Si aggrappò a quell’esile speranza con tutte le sue forze e la seguì. Quando ormai pensava che non ce l’avrebbe fatta la sua testa emerse dal mare. L’aria riprese a circolare nei suoi polmoni avidi di lei.

Era notte. Galleggiava in un mare su un pianeta sconosciuto. Probabilmente aveva solo cambiato il tipo di morte a cui andare incontro.

IV

Il mare era una tavola piatta ma freddo come la morte. Ledeo cercava di stare a galla, ormai sentiva che le ultime forze lo stavano abbandonando. Prima di lasciarsi andare ebbe ancora un pensiero. Tutto intorno a lui era coperto dalla notte più nera, allora cos’era quella luce che aveva seguito?Poi chiuse gli occhi e smise di muoversi.

Che strana sensazione. Familiare, anche se il ricordo legato ed essa era inafferrabile.

Un tiepido torpore accarezzava i suoi muscoli dandogli una bella sensazione. Ma la cosa che più lo colpiva era il senso di sicurezza che si era impossessato di lui. Si sentiva protetto, assolutamente sereno e svincolato da ogni peso materiale e legame filosofico. Ledeo non riusciva a spiegarsi per quale motivo, ma aveva la netta percezione di fare parte di un’insieme molto vasto. Un piccolo ma indispensabile ingranaggio in una macchina dalle proporzioni colossali. Questo lo faceva sentire appagato. Non sapeva se fosse morto o no, ma la condizione in cui si trovava ora era perfetta. Qualunque essa fosse.

- Benvenuto nel Pensiero Pangea, il luogo che non esiste dove noi tutti ci incontriamo.

Ledeo non si sorprese ne si spaventò. Quel messaggio di benvenuto si era materializzato sotto forma di emozioni e immagini. Un tipo di linguaggio che impegnava tutto il suo corpo e la sua mente nel riceverlo. Nessun suono ma migliaia di altri stimoli sensoriali talmente precisi e dettagliati da rendere la parola umana un semplice grugnito animale.

Come dicevo Ledeo non rimase spiazzato perché sapeva che doveva esserci un altro pensiero intelligente in quello strano luogo, anzi, poteva avvertirne diversi, a varie distanze da lui. Ma chi erano?

- Cosa intendi dire con “tutti”? Chi siete?

- Noi siamo il popolo che vive negli Oceani. Così dall’inizio fino alla fine. Siamo il pensiero razionale che osserva la perfezione e si compiace di farne parte.

Ledeo era esterrefatto. In quella piccola frase aveva rivissuto in un attimo la storia di quelle incredibili creature. Aveva visto la loro stirpe nascere, evolversi, soffrire, nascondersi e poi finalmente arrivare alla gloria attuale. Un’incredibile evoluzione incentrata sulla comunicazione anziché sull’invenzione. Aveva visto i suoi antenati cacciarli e massacrarli, ma solo per un breve periodo. L’era dell’uomo era tramontata in fretta su quel pianeta.

Quelle creature erano cetacei. Anche su Al Arret ne esistevano ma non di questo tipo e soprattutto di queste dimensioni. Da quello che riusciva a immaginare dovevano essere lunghi almeno 90 metri, forse anche di più.

- Perché mi avete salvato?

- Non potevamo permettere che un’altra creatura razionale morisse. Sei troppo importante.

- Per chi? Per voi? La mia razza vi ha sterminato per generazioni ed ora che siete padroni del mare volete ricominciare tutto da capo? Era meglio se mi lasciavate morire.