Marg si concentrò e raccolse un pensiero nella stanza. Non riusciva a identificarne la provenienza, ma era un ricordo distinto, un’immagine nitida che sembrava indirizzata specificatamente a lei. Ancora il cimitero di Annwyn con una piccola lapide scoperchiata. Un contenitore di metallo ionizzato, due spazi vuoti, un terzo spazio con una provetta.Si rivolse al collega. - C’è qualcun altro nella stanza. Lo senti anche tu?Lui annuì. - Lo sento. Ma chi può essere?I loro sguardi vagarono nella stanza in cerca di una spiegazione. Lei si soffermò alla vista del monitor. Con un brivido intuì la verità. - Il cuore. Non è il suo cuore che stanno monitorando, non è vero?Ewan si avvicinò al letto per leggere la cartella clinica. Aveva grandi occhi scuri pieni di rammarico. - E’ quello del bambino. Non era un tentativo di suicidio. Era una minaccia di aborto.Il padre di Cyn sembrò svegliarsi da un brutto sogno. - Bambino? Sei incinta? - deglutì a vuoto. - Di lui? Di Moon?

Moon era probabilmente estraneo alle gioie del sesso, trasmise sconsolato Ewan, e questa sciocca ha pensato di regalargli un bambino andando a recuperare suo fratello o sua sorella. Ma che diavolo....

- Appunto - continuò a voce alta Marg. - Perché diavolo lo hai fatto?

La faccia di Cynthia si accartocciò come il foglio di un giornale e lei scoppiò finalmente in un pianto dirotto. - Io lo amavo più di tutti! Io potevo dargli un figlio, avrei potuto dargli una famiglia! Nessuno... nessuno di loro lo amava quanto lo amavo io!

- Bugiarda! - gridò la madre. - Avrebbe capito quale spregevole puttanella sei sempre stata!

- Voi sapevate - singhiozzò lei. - Per questo lo avete ucciso!

Cominciarono a gridare tutti quanti contemporaneamente. Nella stanza non si udiva più il debole ronzio del monitor.

Ewan prese la mano di Marg e chiuse gli occhi. Mentre tutti erano così furiosamente impegnati a litigare, sarebbe stato impossibile sondare le loro menti e paragonare le versioni, i moventi e gli alibi. Ma i due investigatori unirono le loro forze per interrogare l’unico testimone che non aveva ancora parlato e che legalmente non avrebbe potuto denunciarli per violazione del pensiero. Quel piccolo essere per il momento era solo cuore e cervello, e in quella fase della sua vita era molto simile a Moon.

Non c’erano parole e neppure immagini con le quali comunicare. Ma solo emozioni turbinanti, palpiti di pensieri confusi. Per i due telepati era tutto più semplice, non c’erano distrazioni o fraintendimenti. La creaturina viveva ore di angoscia e tristezza. E sapeva come era morto Moon.

9

Era un’esperienza assolutamente unica: rivivere gli ultimi istanti di vita di una persona attraverso i suoi stessi sensi. L’embrione non aveva occhi o orecchie con i quali raccogliere informazioni, non aveva nessun tipo di relazione con la donna che lo aveva generato o con quella che lo portava in grembo. Ma reagiva alla carezza amorevole delle emozioni di Moon. Ed era rimasto con lui fino alla fine.Tossendo e sputando, Moon si era aggrappato all’imbarcadero e si era issato lungo una scaletta. Era rimasto fradicio e gocciolante sulla panchina sulla quale pochi istanti prima aveva concluso la romantica passeggiata con Cyn. Stava valutando il caso di tornare nella stessa abitazione che condivideva con la ragazza, quando un’altra persona era emersa dall’ombra alle sue spalle.Peer aveva una faccia stravolta. Gli occhi infossati di chi non dorme e non mangia. Il volto sofferente di chi è dilaniato dalla sofferenza.- Io non avrei mai potuto darti quello che poteva darti lei. Ah, quella cagna lo aveva capito. Un bambino, una famiglia. Tutto subito e presto. Nessuna fatica - alzò il braccio, reggeva una pesante mazza da cricket. - Avresti preferito lei a me. Io non ho mai amato nessuno - singhiozzava scomposto - e non avrei mai amato nessun altro. Saresti stato l’unico per me, per sempre - gridò in lacrime. - Ora non amerai più nessuno!Alzò la mazza e vibrò il colpo che lo prese in pieno viso accendendo un intenso lampo di dolore. Moon indietreggiò cercando di schivare il secondo colpo. Alzò le braccia e fece per fuggire ma scelse la direzione sbagliata e piombò nuovamente nell’abbraccio soffocante del Clyde.Il freddò attenuò parzialmente il dolore, ma passò qualche tempo prima che riuscisse a orientarsi a sufficienza da ritrovare l’imbarcadero. Rimase disteso sulle assi sconnesse per quella che parve un’eternità. Il sangue continuava a scorrere dal naso rotto e lui non poteva che inghiottirlo e rabbrividire ad ogni respiro. Qualcuno lo stava chiamando, si sollevò sui gomiti per girare la testa e la vide.La chiamò con un gemito strozzato, ora più che mai aveva bisogno delle cure amorevoli della madre di Cyn, ora più che mai si sentiva disposto ad accettare un po’ dell’amore che aveva distribuito generosamente per tanti anni.

Ma la donna non fece il gesto di scendere ad aiutarlo, aveva un logoro cappotto maschile annodato in vita e teneva la mano in tasca. Moon si alzò in piedi a fatica e abbozzò un sorriso, che si spense non appena vide la pistola in mano alla donna.

- Sei un traditore - la voce era tagliente, non c’erano lacrime nei suoi occhi. - Hai tradito la mia fiducia, proprio come ha fatto lui sei anni fa. Ma questa volta non ci saranno cimiteri del matrimonio e druidi con la barba bianca. Questa volta decido io come andrà a finire, mi hai sentito? - gli puntò la pistola al petto, la mano non tremava affatto. - Avrei dovuto farlo anche sei anni fa, ma il tuo tradimento è molto peggiore. Ti amavo come un figlio, come quel figlio che non ho avuto. Ho scelto quei due disgraziati e invece volevo uno come te - Levò la sicura. - Guardami ora, un vecchio rottame. Tutto sbagliato, tutto da buttare. Non si può ricominciare daccapo, non si può.

Lo sparo fu sorprendentemente attutito nella notte silenziosa, ma incredibilmente accurato nel centrare il cuore. Il dolore fu meno accecante della frattura al naso, non si rese nemmeno conto di essere crollato sulle assi dell’imbarcadero e di essere rimasto svenuto per delle ore. Respirava, era vivo per miracolo. Ancora una volta si alzò barcollante, indeciso sul da farsi.

Il solo fatto di rialzarsi, ancora e ancora, dopo tutti quei tentativi di eliminarlo avevano qualcosa di epico, eroico. Niente poteva distruggerlo, in effetti, nè malattie, nè incidenti. Da tempo si era convinto che tutto quell’amore lo aveva resto immortale. Il suo era uno scudo invincibile.