1

Margaret Wallace chiuse la porta del suo ufficio con un calcio, lanciò la valigetta sulla sedia e sospirò scrollando i capelli bagnati. - Mi pare fossi stata tu a decantare la poesia di quelle deliziose nebbie autunnali scozzesi, Marg - Ewan McDougall abbassò il giornale che stava leggendo: “Druidi alle urne” recitava il titolo in prima pagina. “Abbiamo la vittoria in pugno”.La ragazza grugnì sfilandosi i guanti e l’impermeabile viola. - Non parlavo certo dello smog di Glasgow, parlavo di brughiere, di canali e di tramonti sul mare.Ewan quasi si soffocò nel tentativo di inghiottire la pillola di Betamax. Ne aveva una collezione completa allineata sulla scrivania: Octorange per prevenire le intrusioni mentali, Dipsonet per controllare l’empatia, un antiallucinogeno e un flacone di pastiglie per calmare l’atroce mal di testa. Si alzò per prendersi un bicchiere d’acqua e lanciò un’occhiata fuori dal vetro opaco della finestra. Solo nebbia sporca e qualche ombra che si agitava lungo il King George Bridge, apparendo e scomparendo come un fantasma. Rabbrividì sentendo il grido dei gabbiani sulle rive del Clyde.- Dov’è? - chiese lei mentre sistemava la sua valigetta sulla scrivania e ficcava un fascio di documenti nel cassetto. Il calore della stanza sembrava far evaporare l’umidità dai suoi capelli, normalmente biondi e perfettamente dritti. Ora erano scuri e contorti quasi quanto l’espressione del tenente. Si accese una sigaretta e il fumo si mescolò al vapore dei capelli.- Sala interrogatori n. 5. Le hanno dato un calmante.- Testimone o sospetto?

- Mmmmh - Ewan si pizzicò il naso cercando di prevenire uno starnuto. - Testimone. Per ora.

- Va bene. Andiamo - spense la sigaretta nel vaso dell’unica pianta che i colleghi le avevano regalato un compleanno di tre anni fa. Un cactus.

- Agli ordini, capo.

2

Peer avvicinò tra loro le conchiglie e sparò un filo di colla dalla sua pistola. Scelse delle pietre colorate e le aggiunse alla sua composizione: si sentiva ispirato. Forse dei riccioli di sabbia vetrificata potevano dare una pennellata di romanticismo alla Fanciulla del Mare.Alzò la testa dal suo bancone di lavoro e allontanò la lente che gli serviva per i particolari più minuti. Incontrò lo sguardo di Moon, che sedeva di fronte spolverando e lucidando le conchiglie, e gli rivolse un sorriso subito ricambiato. Sentì il calore dell’affetto più sincero fluire dentro il suo cuore. Si sentiva orgoglioso del suo lavoro, soddisfatto di meritare l’interesse e l’ammirazione di Moon. Ai suoi occhi si sentiva importante e capace. In sua presenza si sentiva davvero in gamba, un genio, un artista. Non gli era mai successo prima, in nessuna occasione.Peer faticava ancora a crederci. Per sei dei suoi diciannove anni aveva odiato quello squallido capannone vicino al porto, quello stupido lavoro certosino nel fabbricare ignobili souvenir per turisti talmente idioti da volersi ricordare di un posto del genere.Per anni aveva odiato tutto e tutti. La sua casa, la sua scuola, il suo lavoro. La famiglia, gli amici, se stesso. La rabbia lo aveva consumato atomo per atomo, sognava solo di presentarsi in quel capannone armato di un martello e di sfogarsi fracassando tutto.Fino al mese prima.Poi era arrivato Moon. “Quell’orribile ranocchio” l’aveva definito Peer sghignazzando non appena l’aveva visto. Un uomo assolutamente insignificante: dal volto magro e spigoloso, occhi sporgenti a palla e un ciuffo di capelli biondi che cresceva in maniera stentata sulla sommità del cranio asimmetrico. Giovane ma già vecchio, alto ma rattrappito. Per le prime ore non aveva parlato, si era limitato ad ascoltare le spiegazioni del padre di Peer che gli illustrava il lavoro. La sua magrezza era impressionante, le spalle e la schiena, persino lo sterno, erano così ossuti da sporgere dalla camicia a scacchi. Ma non sembrava malato, né sofferente. In verità... Peer non avrebbe saputo spiegarlo, sembrava tranquillo, sicuro di sè, perfettamente a suo agio. E di sicuro Peer non aveva mai incontrato una persona del genere. Nel suo quartiere erano tutti tristi, rabbiosi o amareggiati. Glasgow sembrava fatta per i depressi, gli alcolizzati e gli aspiranti suicidi. Peer era sulla buona strada per entrare nel club ma ora, per la prima volta, pensava al suo futuro in termini di opportunità. Non una avvilente serie di giornate tutte ugualmente da dimenticare nella loro inutilità; ora nel suo futuro era scritta una parola che prima avrebbe considerato alla stregua di una bestemmia. Felicità. Così semplice. Così facile.

3

Nonostante i corridoi del distretto di polizia fossero molto affollati, nessuno rispose al saluto di Margaret o ai sorrisi di Ewan. Erano una bella coppia, giovani e in splendida forma. Lei vestiva un tailleur viola e tacchi alti, professionale e seducente al tempo stesso; lui era alto e ben proporzionato in un completo in tartan a righe rosse, e portava con orgoglio vistosi favoriti fino a metà guancia. Nessuno, né tra i loro colleghi né tra le persone in attesa sedute sulle panche, incrociò il loro sguardo. Il distintivo che portavano al bavero della giacca era tra i più temuti: divisione psi. Stupidi, pensò rabbiosa Marg, non ho bisogno di guardarli per sapere quello che pensano. Non ho bisogno di telepatia per leggere nelle loro maledette teste.Ewan continuava a distribuire sorrisi e cenni di intesa senza rendersi conto dell’atmosfera ostile che li circondava. Si fermarono davanti alla porta della sala interrogatori n. 5. Il piantone, una ragazza dai capelli scuri raccolti in una treccia, si irrigidì e consegnò una cartelletta a Margaret. Lei non ebbe bisogno di sfogliarla, le bastò raccogliere i punti essenziali dai pensieri della ragazza.- Corpo ripescato nel Clyde. Niente documenti. Maschio sui trent’anni. L’ha trovato la ragazza: Cynthia Rose Munro. Causa della morte?L’agente mantenne lo sguardo fisso davanti a sè. Strinse le labbra e scosse impercettibilmente la testa.