È un mondo corroso da piogge velenose quello sul quale spendono le loro monotone e impaurite esistenze gli ‘Oms, gli abitanti del crepuscolo. Vivono rintanati nelle loro abitazioni sebbene capiti di tanto in tanto che anche gli ‘Oms, ubriachi di noia, escano per le strade. L’aumento dell’inquinamento ambientale esterno ha spinto alla costruzione di cupole sigillate, dentro le quali vivere nel più completo isolamento. Un flautista ancora ricorda l’esistenza di un libro nel quale si raccontava di un’era anteriore a quella ‘Oms. Talvolta qualcuno di loro rompe la rigidità di quell’esistenza e compie azioni uniche, come quello che riporta nel mondo, dal mito, la Mandragora. Dal mito, e con citazione chiara di un racconto di Harlan Hellison, riemerge anche la bestia primordiale che gridava al mondo “amore”; ma coloro che abitano nella città odono solo un ruggito e non capiscono, reagendo con la violenza, l’unico modo che conoscono per reagire alle proprie paure. Gli ‘Oms costituiscono forse l’involuzione del genere umano. Affidate alle macchine, man mano che la conoscenza e la memoria si affievoliscono nella mente degli uomini questi diventano degli ‘Oms, un’umanità ridotta alla sua espressione più semplice, ripiegata su se stessa, che ha dimenticato il mare, pietrificato l’anima e si è avviata verso il decadimento totale.
Tra le varie storie proposte Equinozio racconta la storia di Morgana, la donna diversa che viveva nella città fortezza di N’omana e che ogni notte cantava al mare, sino a quando il mare stesso poté conquistare la città sino al più alto dei tetti, usando una sorta di cavallo di Troia in versione marina. Anche le altre, gelide città ‘Oms fronteggiano spesso la distruzione. In Nebbia la città di R’om è invasa da una spessa vischiosa coltre grigia che poi ritirandosi lascia gli ‘Oms esposti alla visione dei loro corpi nudi, il che li uccide. In Ceneri la morte si annuncia come una bianca nevicata che per un attimo regala agli ‘Oms un battito d’eccitazione, seguito però da una spaventosa epidemia, la morte rossa, nel rappresentare la quale Caza cita Alfred Rethel proponendola come uno scheletro che suona la sua mortale melodia con le ossa delle sue vittime.
L’età d’ombra è l’epoca della fine di una civiltà oramai corrotta nei sentimenti, di una rigidità marziale, senza dinamica e senza colore, che si è dimenticata della natura e della fantasia. Solo per quei pochi ‘Oms che oseranno sfidare le norme e allontanarsi dalle granitiche città ci sarà la possibilità ultima del cambiamento, tramite il contatto con gli “altri”. Caza, personalissimo nel tratto e nell’uso deciso e funzionale del colore, ha creato un mondo poetico e al tempo stesso angosciante. L’albo di Alessandro Editore è prezioso perché racchiude la collezione completa delle storie della serie, realizzate tra il 1979 e il 1983 includendo anche l’inedito racconto finale L’lobo realizzato nel 1997. Raccomandatissimo a tutti gli appassionati di fumetto e di fantascienza che non disdegnino l’aggiunta di un velo di poesia.
L’autore: Caza, vero nome Philippe Cazaumayou, è nato in Francia nel 1941. Dopo aver lavorato per molti anni come disegnatore pubblicitario approda al fumetto nel 1970, con la pubblicazione di Kris Kool, senza per questo abbandonare attività collaterali di illustratore e copertinista. Nel corso degli anni ’70 collabora a Pilote e Metal Hurlant, raggiungendo vasta popolarità grazie a Les Chroniques de la Vie de Banlieue. In ambito fantasy/fantascienza oltre a L’età d’ombra ha realizzato anche Le Monde d'Arkadi.
La citazione: “Quando i mostri vedono qualcuno che è diverso gridano: al mostro.” Emile Ajar, Pseudo.
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