uno sguardo alla sf del futuro da Emiliano Gokuraku Farinella
Detto, per la sua innata diplomazia e la sua abitudine di pesare le parole e di non avventurarsi mai in un'opinione in qualche modo sgradita a qualcuno, "Attila".
Cieli sintetici
Un viaggio nella nuova fantascienza, nei suoi rapporti con la società e le sue tendenze più originali, alla ricerca degli spunti più promettenti per il futuro del genere che più di ogni altro è pronto ad accompagnarci nel nuovo millennio.
IT Horror Magazine è un'interessante rivista elettronica dedicata all'horror. Una punto di riferimento per affacciarsi al mondo dell'horror e accorgersi che la distanza tra horror e fantascienza non è molta.
La grossa novità che vi anticipiamo attraverso questa intervista è la prossima apertura di un portale italiano dedicato all'horror: Horror.it
Lasciamo ora che Andrea Colombo, direttore di IT, ci introduca al mondo dell'horror e approfondisca alcuni temi: il legame tra fantascienza e horror e il film evento The Blair witch project.
Delos: Parliamo di letteratura di genere, e andiamo a scoprire l'horror dal punto di vista della fantascienza. Horror e SF che punti di contatto hanno, e dove sono sostanzialmente distanti?
Andrea Colombo: Cominciamo col carico da novanta, vedo. In verità come ben saprai, visto che mi poni la domanda questa è una questione ricorrente e diabolicamente complessa, una specie di campo minato in cui per addentrarti e uscirne intero, devi avere chiara in testa la mappa. In effetti, il solo fatto di interrogarsi con tanta assiduità sul dove inizi l'uno e finisca l'altra, dovrebbe far venire almeno il sospetto che sia improprio cercare divisioni nette tra i generi del "fantastico". Sono molte le affinità e le somiglianze, i linguaggi utilizzati sono assai simili e gli obiettivi sono in larga parte coincidenti. Il vero problema, se di problema vogliamo parlare, è che troppo spesso si ragiona in questi termini: c'è un'astronave? E' fantascienza. C'è un vampiro? Horror. Un drago? Fantasy. Ragionando così le cose si fanno dannatamente complesse, perché se un mostro bastasse per individuare l'horror, come definire Frankestein Junior, un film che adoro e conosco in sostanza a memoria? Se un'astronave fosse sufficiente per parlare di fantascienza, come porci di fronte all'agghiacciante e metafisico Punto di non ritorno (Event Horizon)? E allo stesso modo, che dire di Alien, indicato tra i migliori film horror di sempre e nel frattempo adorato dalla folta schiera degli appassionati di sf? L'apparato scenico è squisitamente fantascientifico, ci sono astronavi, voli intergalattici, tecnologie avveniristiche, ma l'impianto narrativo è proprio dell'horror, con l'astronave metafora del labirinto/castello, l'isolamento di un gruppo ristretto di uomini e la presenza del mostro che si cela nell'oscurità per manifestarsi poco a poco sino al climax finale. E ancora, un libro come Le creature del buio (The Tommyknokers) di Stephen King dove andrebbe collocato? Paura, terrore e morte suscitati dalla scoperta graduale di un disco volante seppellito sotto terra. E i libri di Evangelisti?
Insomma, è tutto molto complicato.
In genere, quando mi viene posta la fatidica domanda, tento di risolvere la questione citando una splendida definizione di Douglas E. Winter che sento di condividere in pieno: "l'horror non è un genere, è un'emozione". Immancabilmente questa definizione fa andare in bestia il mio interlocutore se appartenente alla folta schiera dei puristi incasellatori, come li chiamo io, ma a mio avviso è perfettamente calzante. In realtà, infatti, occorrerebbe accettare l'idea che l'horror non può avere canoni rappresentativi congelati e immobili in quanto non è di questo che esso vive. Quello che fa dell'horror il genere che conosciamo, è la capacità di toccare corde profonde nell'animo del lettore, farlo riflettere, inquietarlo, suscitare il dubbio. Spaventarlo, quando è possibile. Poco importa quale sia la strada scelta, l'importante è l'obiettivo prefisso. Questa è la grande risorsa e il grande handicap dell'horror. Si evolve, muta, si trasforma e questo - nei periodi in cui tenta di passare da crisalide a farfalla lo rende difficilmente individuabile e riconoscibile.
Delos: Il panorama horror italiano come si presenta?
Andrea Colombo: In questo ultimo periodo mi pare si stia muovendo qualcosa. Abbiamo passato anni davvero molto bui, anni di clandestinità, di assoluta irrilevanza, ma pare che ultimamente le cose stiano cambiando. Intendiamoci, non è un processo né eclatante né casuale, ma la lentissima progressione su una parete di montagna ripida e liscia di uno scalatore testardo, determinato e generoso. Del resto, se nel cinema abbiamo avuto grandi figure (Bava, Fulci, Argento...) note in tutto il mondo, nell'ambito letterario sono mancati personaggi di spicco che fungessero da riferimento e da battistrada. Nessuno ha spianato la strada alle nuove leve e il ritardo accumulato è grande. Troppo lungo spiegare qui le motivazioni e responsabilità di tutto questo, mi limito a sottolineare come oggi si stia creando una 'generazione' (non solo intesa in termini squisitamente anagrafici) di autori horror che lavorano incessantemente e che iniziano a farsi sentire. Ci sono molti scrittori e critici di qualità che non hanno nulla da invidiare ai colleghi americani se non la fama e questo è un dato di fatto che non può passare inosservato. Ho appena curato un'antologia di racconti di spettri, Spettri Metropoliani (Addictions) che si è guadagnata un posto sugli scaffali delle librerie (laddove distribuita, altro grande problema, questo), e da qui a settembre vedranno la luce altre due antologie che sto curando, quindi penso di poter affermare che si stia risvegliando un certo interesse e soprattutto che questo interesse si stia lentamente rivolgendo anche verso gli autori italiani. Sono convinto che nell'immediato futuro la situazione non potrà che migliorare.
Delos: L'horror in rete, puoi darci qualche percorso?
Andrea Colombo: Beh, fatti salvi i siti che curo, se si parla di Internet occorre per forza rivolgersi agli USA, dove l'abbondanza di siti horror é quasi imbarazzante. Quello che però è interessante, è che oltre agli immancabili siti che i fan dedicano ai loro beniamini, è cospicua la presenza dei soggetti 'istituzionali': case editrici, produttori cinematografici, magazine curati da noti editor... insomma, c'è un alto tasso di professionalità. Tra i miei siti preferiti, il magazine americano Gothic.net (www.gothic.net) che unisce narrativa e saggistica a uno splendido senso dell'ironia che non può passare inosservato. Ci sono poi i siti ufficiali degli autori: ogni autore americano di horror ha il suo sito e penso sia una cosa fantastica. Tra i più belli, sicuramente quello di King (www.stephenking.com) e quello di Clive Barker (www.clivebarker.com). Tra il serio e il faceto, il divertentissimo (e alquanto macabro) The Death Clock (www.deathclock.com) che fornisce la data esatta della tua morte. Potrei stare qui ore e ore a citare siti, ma temo di diventare piuttosto pedante...
Delos: Sei il direttore di IT Horror Magazine, il primo magazine italiano dedicato all'horror in rete. Come è nata la rivista e, soprattutto, che riscontri ha adesso, cosa offre?
Andrea Colombo: Il discorso sulla nascita di IT è diretta conseguenza di quanto dicevo poco fa circa la situazione della scena horror italiana. La mancanza cronica e assoluta di serie riviste specializzate di settore è stato - a mio avviso uno degli handicap che hanno afflitto l'horror nostrano e quando approdai al Web per la prima volta nel '95, mi resi subito conto dell'opportunità offerta da questo nuovo media. Il primo numero di IT è relativamente giovane se si pensa in termini di tempo consueti (risale ai primi mesi del '97) ma in termini di tempo-web mi pare sia passata una vita. All'epoca c'era Netscape 2.1 ed Explorer muoveva i primi timidi passi, di siti italiani ce n'erano pochissimi e Delos era sicuramente uno dei punti di riferimento. Insomma, non è per metterla giù troppo dura, ma eravamo davvero ancora all'età del ferro della rete italiana (l'età della pietra a mio avviso erano le BBS). Adesso va di moda avere un sito o fare webzine, ma in quel periodo un magazine in rete era poco più di una stramberia. Forse per questo l'idea mi conquistò subito.
Noi appassionati di horror, devi sapere, siamo gente un po' strana...
Il primo numero di IT fu in realtà una prova, un numero zero che progettai insieme ai miei soci Pier Luigi Ubezio e Mauro Marongiu. Quello che non avevamo previsto fu il successo riscosso da quel numero di prova! Ma più che lo sterile numero di accessi, a farci capire che l'idea era valida furono le e-mail che ci giungevano: dicevano tutte più o meno la stessa cosa. Era ora che qualcuno ci pensasse. Insomma, c'era gente che come noi si sentiva orfana. E ce n'era davvero molta.
Oggi la rivista può contare non solo su un pubblico sempre più vasto, ma anche sulla collaborazione di molti tra i protagonisti della scena italiana, sia scrittori che saggisti, nonché su un singolare credito anche all'estero. IT, infatti, è linkato anche dai maggiori siti horror statunitensi e questo fa sì che ogni tanto da parte di autori americani riceviamo la richiesta di versioni in inglese delle recensioni fatte ai loro libri. E' buffo, ma è così.
Questo, poi, per noi è un periodo speciale. Stiamo infatti per varare il nuovo sito che conterrà tutte le nostre iniziative: Horror.it. Dovrebbe essere pronto per la fine di Marzo. O almeno lo spero, vista la mole del sito stesso.
Delos: La telematica ha cambiato il genere?
Andrea Colombo: Non credo. Ha forse offerto più possibilità di diffusione dei propri scritti, ma per il momento non mi pare di vedere influssi significativi nel genere stesso.
Delos: Cosa cerca chi legge horror?
Andrea Colombo: Difficile dare una risposta valida per tutti, penso che ognuno cerchi qualcosa di diverso: la catarsi delle proprie paure attraverso l'immedesimazione nella finzione letteraria o cinematografica, la ricerca di temi corrosivi e controcorrente affrontati senza troppi compromessi... oppure una semplice corsa sulle montagne russe. Urli come un pazzo e hai lo stomaco in gola per tutto il tempo, ma quando finisce sei esaltato e col sorriso in faccia. Insomma, l'horror è emozione e l'emozione è il nutrimento stesso della letteratura o del cinema. L'appassionato di horror cerca le stesse cose che cercano gli altri, né più né meno.
Delos: Come si sono evoluti temi e stili? Adesso dove siamo?
Andrea Colombo: Adesso siamo in un periodo di assestamento, a mio avviso. Ormai penso sia passata del tutto la fiammata dello Splatterpunk che aveva gettato nello scompiglio l'ambiente negli anni Ottanta portando a esplicitare quello che una volta veniva solo accennato. Il sangue e l'efferato vengono descritti in maniera minuziosa, quasi clinica, tanto che alcuni arrivarono addirittura a parlare di una "estetica del sangue". Ovviamente anche le tematiche si adattarono e si iniziò a interpretare in chiave moderna le molte icone horror della tradizione. Forse oggi siamo un po' più cattivi e meno facilmente impressionabili di una volta, quindi diventa sempre più dura rendere credibili e agghiaccianti certe vicende.
La parabola discendente dello Splatterpunk ha più o meno coinciso con quella del Serial Killer, che ci è stato proposto (e lo è tuttora) in tutte le salse. Sempre più cattivo, sempre più brutale...
Il cambio di data, poi, con l'avvicinarsi dell'ormai stantio anno 2000 ha dato nuova linfa ai vecchi temi metafisici, alle ansie e paure mai sopite, robetta del tipo fine del mondo e cose del genere. Lo spauracchio del mille e non più mille è un evergreen che non delude mai. Vero è che lo si può cavalcare piuttosto di rado, ma se hai la fortuna di capitarci a tiro, come lasciarsi scappare l'occasione?
Delos: The Blair witch project, il film di cui si parla da mesi. Qual è il tuo giudizio sul film?
Andrea Colombo: Il pregio e il limite stesso dell'operazione sta proprio nella sua idea di fondo: il falso documento. Il cinema e la letteratura sono già finzioni che vengono elaborate in modo da apparire più verosimili possibile. E' un patto tra spettatore e autore: tu sospendi la tua incredulità per un paio d'ore e io vedrò di non barare e raccontarti tutto come se fosse vero. Tutti sappiamo che quello che vediamo o leggiamo non è vero, ma se il narratore è bravo, per la durata del film o del libro ignoriamo la cosa. The Blair witch project, invece, effettua un doppio inganno. Giro un film (una falsificazione) che deve sembrare realtà e per farlo ti mento affermando che è vero. Però in moltissimi (tranne i disinformati) sapevano benissimo di andare a vedere un finto documentario e quindi sapevano di assistere a un doppio inganno: so che quelli sono attori e la storia non è realmente accaduta, quindi se i tre ragazzi recitano da cani o pronunciano battute imbarazzanti, non posso fare finta di nulla, la cosa mi dà fastidio. Nel romanzo bisogna elaborare i dialoghi perché sembrino veri, ma sappiamo tutti benissimo che per ottenere questo risultato non si può trascrivere un vero dialogo ascoltato per caso, sarebbe un disastro, quindi per ottenere veridicità devo ricorrere alla falsificazione. Il processo contrario come nel caso di The Blair witch project è come attraversare bendati l'autostrada. Non puoi immaginare le conseguenze perché dipende tutto da chi sta sulle macchine che ti sfrecciano accanto. Forse è questo il vero motivo per cui i giudizi sul film sono tanto contrastanti. Venendo a mancare i punti di riferimento entrano in gioco fattori troppo soggettivi.
Delos: L'opera mediatica attraverso cui è stato montato il fenomeno The Blair witch project è superiore al film?
Andrea Colombo: Sicuramente sì: se sul film ci possono essere dei dubbi, sul suo lancio bisogna solo inchinarsi e ammettere che è stato geniale e perfetto. Una grande lezione su cosa si possa fare con un po' di ingegno e sfruttando l'effetto domino. Il mio timore, però, è che adesso saremo sommersi da campagne simili, che ovviamente saranno solo ridicole visto che scoperto il trucco, il gioco di prestigio non affascina più.
Delos: Abbassare la risoluzione crea l'effetto real TV. Si vede meno, sembra più vero, ci si spaventa di più?
Andrea Colombo: Direi che sono un espediente efficace e che se usato in modo appropriato fanno il loro effettaccio. Chi non ricorda le scene in Alien 2, quando il commando scende nelle viscere della base alla ricerca dei coloni? Ci vengono proposte proprio con questa tecnica e nel momento in cui l'alieno fa la sua apparizione, la concitazione e il terrore che traspaiono dalle voci "sporche" che si sovrappongono, dalle immagini fuori fuoco, disturbate e parziali, sono palpabili anche se sappiamo tutti che siamo nella finzione più conclamata.
E che dire di quei pochi, terrificanti flash ne Il signore del male? Poche immagini che sembrano provenire da una TV inquadrata da molto vicino, un audio da trasmissione radio disturbata. Non vediamo niente, solo l'ingresso di una chiesa e una figura traslucida, eppure sentiamo accapponarsi la pelle...
La finzione che rappresenta la realtà è tanto più efficace quanto l'inganno è progettato nei minimi particolari. Scimmiottare la verità nuda e cruda è una scommessa persa in partenza.
Delos:. Vorrei conoscere la tua opinione su Stephen King. Talvolta si sente parlare di "effetto King" con connotazioni estremamente negative, e alcuni operatori culturali vorrebbero snobbarlo. Invece King è quasi sempre appassionante e mai banale. Offre sovente diverse chiavi di lettura, riesce con una maestria davvero inusuale a costruire un primo livello di lettura tesissimo, appassionante, e sopra riesce a costruirci riflessioni molto sottili. Basti pensare alla metaletteratura di Misery, la storia tesissima in primo piano, e la riflessione sulla letteratura popolare che scorre lungo tutto il libro.
Andrea Colombo: King è fonte di odi viscerali o amori incondizionati. La critica gli ha dato addosso per anni mentre i suoi fans lo hanno osannato e sostenuto indifferenti a tutto. Penso sia normale che ciò accada, specie per uno scrittore capace come lui di travalicare i confini della letteratura per divenire fenomeno di massa. E' tradotto e letto in tutto il mondo, milioni di appassionati nutrono un interesse quasi maniacale nei suoi confronti (e come ha ammesso lui stesso avverte molto lo stress di tanta attenzione...), per forza di cose, quindi, qualsiasi suo libro diventa occasione di dibattiti e discussioni accesissime.
Personalmente amo molto King, trovo che sia unica la sua capacità di tracciare personaggi unici e vivi, di realizzare scenari credibili in cui farli operare, di stupirti con poco e di farti provare quella smania di leggere, leggere, leggere senza smettere mai nemmeno se devi andare in bagno e non ce la fai davvero più a trattenerti!
Ultimamente, con mio sommo dispiacere, trovo che la sua prosa sia un po' "trattenuta", più misurata. Nei vecchi libri (quelli della sua gioventù) era un vero turbine, ti prendeva per il bavero e ti trascinava dove voleva senza permetterti di rifiatare un secondo, era scanzonato e cattivo e divertente come nessuno. Adesso, nei suoi ultimi libri, trovo che stia controllando molto la sua prosa, tiene a freno la sua smania di mettersi a correre. All'inizio pensavo che questo portasse a una maggiore incisività e ne ero entusiasta, ma col passare del tempo, ho visto che in realtà ne aveva fatto le spese il King più vulcanico e scanzonato, il King ragazzo che scrive come un ossesso ogni santo giorno perché quello solo vuole fare. Spero che non lo stia facendo solo per compiacere la critica, ma perché varcata la soglia dei cinquant'anni abbia voglia di nuovi stimoli, di misurarsi con nuove sfide.
Inevitabilmente, questo lo fa apprezzare da nuovi lettori che magari un tempo rifuggivano dai suoi libri più dichiaratamente orrorifici e fantastici, ma fa storcere il naso a chi lo segue da tantissimo tempo e lo ricorda come l'unico e indiscusso Re dell'horror. Quando segui un autore per un arco di tempo superiore ai dieci anni (io lo leggo da sedici anni almeno, ho passato metà della mia vita con lui!), cresci con i suoi libri e certi romanzi ti riportano alla memoria fatti e periodi della tua vita, non puoi non sentire nostalgia per le sensazioni che hai provato tanto tempo prima. Il cambiamento è salutare e non si può pensare di restare uguali a se stessi per sempre, ma il rimpianto per il passato è comunque un sentimento umano e comprensibile, non credi?
Resta comunque il fatto che qualsiasi cosa scriva, il buon Stephen è un grande narratore e riuscirebbe a inchiodarti alla poltrona anche scrivendo di rape e zucchine. Ha il dono di trovare sempre il lato magico delle cose. E in fondo tutti noi cerchiamo il fantastico che si cela dietro alla monotonia quotidiana.
Delos: Qual è la SF che mette piu' paura?
Andrea Colombo: Ne indicherei di due tipi. Il primo è quello che con un lucido istinto visionario riesce a farti intravedere sprazzi di un possibile e temibile - futuro. Intuizioni spiazzanti che precorrono i tempi o che interpretano la realtà odierna con metafore futuristiche e non per questo meno taglienti. La megalopoli spersonificante e i replicanti di Blade Runner, gli scenari prospettati dal cyberpunk... moniti su come potrebbe cambiare la società e l'uomo. Moniti spesso profetici.
Il secondo tipo di SF terrorizzante è a mio avviso - quello che sposa l'horror e, come ho accennato sopra, ripropone in nuove ambientazioni stilemi classici del cinema dell'orrore. Terminator è un film pieno di tensione che ripropone l'idea dello zombie, del mostro inarrestabile e implacabile, il golem che non puoi ammazzare e che lento ma inesorabile ti bracca nella notte; i già citati Alien, Punto di non ritorno, i vecchi capolavori degli anni Cinquanta, dove la paura dell'alieno (ovviamente metafora di paure concrete) fece nascere capolavori impressionanti ancora oggi; film dove scienza e orrore si fondono come in La mosca... Insomma, tutti quei casi in cui è difficile distinguere dove finisca la SF e inizi l'horror.
Se vogliamo, la prima è una paura più cerebrale, la seconda più viscerale. Puoi scegliere se essere intimorito dalla prospettiva di un futuro (anche prossimo) non proprio roseo, oppure essere scioccato da un orrore che il fiato te lo leva subito. E che magari ti fa passare la notte in bianco.
IT Horror Magazine:www.fabula.it/IT
Horror Weekly:
www.tenebra.com/weekly
Tenebra.com:
www.tenebra.com
Horror.it:
www.horror.it
Delos: La fantascienza quando si avvicina di più all'horror? In che momento diventano estremamente labili i confini tra i due generi?
Andrea Colombo: Penso che appunto tutti i film e i libri che appartengono al secondo tipo di cui sopra, possano rispondere alla tua domanda. Per essi, forse, non ha nemmeno più senso tentare di individuare un confine, in quanto esso viene continuamente varcato. Un film recentissimo come La moglie dell'astronauta, infatti, fino a qualche anno fa sarebbe stato un film di fantascienza, oggi i voli sullo Shuttle fanno parte della routine quotidiana. L'horror metabolizza il presente e la fantascienza di oggi sarà l'horror di domani.
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