La stanza dei giochi di Hassan: Pasto nudo
Dopo Tangeri, William Burroughs arrivò a Parigi. Non era solo: alloggiava in una stamberga al numero 9 di Rue Git-le-Coeur, nel Quartiere Latino, in mezzo a un viavai di beatnik. Non a caso quel posto sarebbe passato alla storia come Beat Hotel. Tra la fine degli anni Cinquanta e gli inizi dei Sessanta, era un vero e proprio laboratorio creativo: c’erano Ginsberg e Orlovsky, ma anche Gregory Corso e Brion Gysin. Fu proprio quest’ultimo a introdurre Burroughs al cut-up, una tecnica di scrittura ideata negli anni Venti dal dadaista Tristan Tzara. Brion Gysin avrebbe poi tratto anche una sceneggiatura dalle pagine allucinate del Pasto nudo, per un film che non fu mai prodotto.
Il cut-up nasce come tecnica di scrittura ricombinante, nella quale una segmento più o meno esteso di testo (dalla frase al paragrafo fino ad arrivare, in alcuni casi, a un intero capitolo), viene frammentato in più parti la cui disposizione nel testo finale viene definita casualmente. Il fold-in, invece, consiste nell’inserzione all’interno di un testo di un documento della più varia origine (articolo scientifico, rapporto di polizia, referto medico, solo per citare alcuni esempi). Il cut-up, ampliato da Burroughs con l’aggiunta del fold-in a formare l’unità sintattica della sua scrittura (da lui chiamata routine), diventa una tecnica letteraria aleatoria, nella quale frammenti di testi diversi vengono ricombinati insieme, con insospettati accostamenti di parole e di concetti che nei casi più lucidi riescono a colpire il lettore con una intensità folgorante. Dopotutto, se la mente è fatta di frammenti cosa c’è di meglio che ricorrere alla frammentarietà del testo per sollecitare nel lettore nuove associazioni di idee e vere e proprie illuminazioni?
Con Burroughs, il cut-up&fold-in superò i limiti di semplice strumento estetico per trasformarsi in un’arma, entrando a far parte, in maniera consapevole e critica, di un processo ideologico.
Durante la sua permanenza parigina, Burroughs scrisse anche la parola fine al suo capolavoro. Nessuno dei libri seguenti fu figlio di quello stato d’animo, anche se il resto fu tutt’altro che in discesa. Ma gran parte del lavoro successivo ha un debito verso quel leggendario Pasto nudo, particolarmente evidente nelle altre opere tratte da The Word Hoard: La macchina morbida , Il biglietto che è esploso , Nova Express , che possono essere inquadrati come la prosecuzione di un discorso ideale intrapreso dall’autore proprio con Pasto nudo, ma anche i racconti raccolti nell’antologia Interzona .
Tra autobiografia e delirio, William Burroughs guida il lettore in un giro turistico nei più tetri gironi del suo Ade interiore. Torbidi frammenti di vita e lucide disamine scientifiche di tutti i tipi di droga in commercio all’epoca si mescolano nella partitura del romanzo, che è disarmonica, caotica, a tratti confusa, ma efficace e insuperabile nel fornire un fedele spaccato di quell’esperienza devastante e micidiale che è la tossicodipendenza. Una struttura che sembra essere il risultato di un’esplosione neurale e nasce dalla convergenza di finalità artistiche ed esigenze teoretiche. Se da una parte, infatti, il libro è un resoconto delle peripezie dei suoi protagonisti, tutte vissute per ovvie ragioni al di sotto della soglia della coscienza, dall’altra la sua struttura riflette le ossessioni di Burroughs per il controllo, la sua paranoia innata, il suo profondo senso di repulsione verso ogni forma di condizionamento che può venire dal sistema (inteso come società, Stato, complesso di valori religiosi, culturali e politici). “Il controllo dei mass media dipende dallo stabilire delle linee di associazione” diceva Burroughs. “Quando le linee sono tagliate, le connessioni associative sono interrotte”.
È così che la mente si frammenta per sottrarsi al controllo. E la tecnica del cut-up&fold-in adottata nel Pasto nudo assolve proprio a questa finalità: distruggere le associazioni convenzionali per crearne di nuove mette il lettore in condizioni operative ideali, lo trasforma da bovino, passivo consumatore di idee altrui, in artefice del suo stesso sapere. Attraverso la sottrazione dell’oggetto letterario dalle ambizioni di controllo del resto del mondo si realizza la vera libertà, e l’opera di Burroughs, come del resto la sua vita, dissoluta, dissipata, tormentata, lontana da ogni senso della misura, si configura proprio come un solenne inno all’indipendenza dell’individuo.
Al Beat Hotel, Burroughs recuperò molte delle vecchie abitudini: l’eroina, con la complicità di Gregory Corso, e la passione. Con Ginsberg si recò a far visita a Louis-Ferdinand Céline, poco prima che il discusso maestro francese morisse in condizioni di estrema miseria. E tornò anche ad avere inconvenienti con la giustizia. Ma riuscì a vendere il Pasto nudoall’Olympia Press, che aveva una collana di libri pornografici a basso costo che già aveva ospitato Henry Miller e Vladimir Nabokov. Nella primavera del 1960, anche la fertile parentesi sulla Rive Gauche si concluse.Gli anni che seguirono videro la graduale affermazione del Pasto nudo presso gli ambienti della controcultura giovanile e, durante una visita a Londra, Burroughs ebbe modo di conoscere e stringere amicizia con un altro idolo della ribellione come Anthony Burgess, autore del libro culto Un’arancia a orologeria .
In America il libro incontrò le resistenze della censura e fu condannato per oscenità dal Tribunale del Massachussets, ma copie pirata venivano fatte circolare clandestinamente, specie nei campus di college e università. Un grande come James Graham Ballard se ne è sempre dichiarato entusiasta, al punto di includerlo nella lista dei suoi dieci libri preferiti di sempre (insieme alle pagine bianche di Los Angeles, ma questa come si suol dire è un’altra storia…). Quando la Corte Suprema del Massachussets nel 1966 annullò le precedenti sentenze ai danni del romanzo, questo era ormai un culto e il fatto di essere stato l’ultimo titolo giudicato per oscenità dalla giustizia americana non faceva altro che ingigantire l’alone di leggenda che già lo attorniava.
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