Ancora fantascienza italiana, tutto sommato la volta scorsa ci abbiamo preso gusto ed una storia così lunga come quella della fantascienza italiana non poteva essere liquidata in una puntata. Eccoci quindi nuovamente qui per affrontare altri due testi italiani, e precisamente Dove stiamo volando, di Vittorio Curtoni (Galassia n.174, La Tribuna, 1972, successivamente ricartonato nella raccolta Bigalassia 47 ) e Vittorio Catani: L'Eternità ed i mostri (Galassia n 168, La Tribuna, 1972 anche questo ricartonato in Bigalassia, 40)
Due volumi diversissimi, non fosse altro per il fatto che quella di Catani in realtà è una antologia, comprendente 3 racconti ed un romanzo breve: Breve Eternità Felice di Vikkor Thalimon, mentre per quanto riguarda Curtoni siamo di fronte ad un romanzo.
L'epoca in cui è stato scritto Dove Stiamo Volando è abbastanza facilmente identificabile, basta il livello di arrabbiatura del romanzo a farci capire che ci troviamo di fronte ad un'opera che ha visto la luce nei primi anni settanta, e ciò non va minimamente inteso in senso deteriore. Il mondo è stato distrutto da una catastrofe nucleare, come e perché è quasi appena accennato, poiché non è questo che interessa Curtoni, quanto il confronto tra l'umanità dei normali e quella dei mutanti che si fronteggiano con un misto di diffidenza ed odio. Non mancano esempi di umani ben disposti verso i mutanti, anzi ne troviamo quasi all'inizio del romanzo, ma per lo più, da entrambe le parti il clima è di apparente malcelata sopportazione, diciamo apparente perché il potere politico dei normali, non aspetta che un protesto per procedere allo sterminio dei mutanti, da tempo rinchiusi in un ghetto. Questa diversità tra le due barricate è accentuata dal particolare punto di vista del romanzo, affidato ad un personaggio che si presenta quasi come tramite tra i due mondi, la sua mutazione infatti non ha nulla del bestiario medievale, anzi è quanto mai nascosta. Il/la protagonista, asessuato, né maschio né femmina o forse proprio per questo maschio è femmina, esteriormente, di fronte ai mutanti appare normale, ma tra i normali non c'è posto per lei ed il suo punto di vista è quello di un personaggio scisso, che non può non trovare un senso di estraneità in entrambi i mondi. Parte del romanzo è costituito dal suo viaggio per giungere al ghetto, dove in base ad una legge dimenticata e non più applicata, dovrebbe risiedere, pena la morte. Al suo arrivo al ghetto scopre l'amore e forse la normalità immediatamente prima della catastrofe finale e nel giro di poche pagine trova tutto e perde tutto.
Quello che più rimane impresso del romanzo è il clima di insensatezza che avvolge i rapporti tra i normali ed i mutanti, e soprattutto tra il potere e l'altro. All'epoca in cui il romanzo è stato scritto, forse tale rapporto andava letto in chiave politica, come metafora dei contrasti tra il potere e la gioventù contestataria, oggi invece, con la presenza in Italia di flussi migratori provenienti dal terzo mondo e gli sconvolgenti accadimenti delle guerre etniche che hanno devastato nel corso degli ultimi anni ed ancora adesso i Balcani la lettura cambia, fornendo nuova validità ad un romanzo che dopo venti anni non sembra aver perso un briciolo di attualità.
Diverso dicevamo il clima nell'antologia di Catani, L'Eternità ed i mostri, e diverso anche il registro che l'autore usa per sviluppare tre racconti ed un romanzo breve che raccolti in un'antologia, si presentano come uno specchio dell'ecletticità di questo autore che avrebbe meritato maggiori riconoscimenti. La Breve eternità di Vikkor Thalimon può essere definito unicamente come hemingwayano, ambientato com'è in un pianeta lontano, che ricorda molto l'Africa nera dello scrittore americano. Passiamo ad un registro prettamente bradburyano in La sfera, ambientato in un circo che batte la provincia americana e dove troviamo un ritratto della cultura girovaga descritto con rara sensibilità. Il clima diventa quasi da racconto gotico in I Mostri, in cui gli esperimenti sul cervello, pur ambientati in una moderna clinica americana, sembrano confondersi con gli esperimenti tenebrosi condotti in un sotterraneo dagli scienziati dei racconti dell'orrore. Ma questa ecletticità non deve in alcun modo trarre in inganno il lettore e far ritenere che Catani sia un mero scopiazzatore. Ci troviamo invece di fronte invece ad un vero scrittore, che legge, curioso di tutto, e rielabora i materiali alla luce della propria personalità, tessendo le sue trame con uno stile prezioso ma lieve, quasi impalpabile, dove ogni singola frase è attentamente studiata perché scivoli via quasi inosservata ma dove ogni singola parola trova il suo posto e la sua ragion d'essere.
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