E torniamo alla fantascienza anglosassone, e per accentuare maggiormente il distacco con le puntate precedenti, dedicate alle fantascienza italiana, prendiamo due volumi diversissimi tra loro, accomunati unicamente dall'editore della prima edizione italiana.
Stiamo parlando dell'antologia di William Tenn, Nel migliore dei mondi (Of All Possible Worlds, 1955, Ed. ital. Fantapocket Longanesi, 1978) e del romanzo di Keith Laumer, Il Clandestino dei Mondi (The World Shuffer, Ed. ital. nei Fantapocket Longanesi, 1977).
A parte l'antologia di cui ci occupiamo questa volta, Tenn, non ha avuto dirittto ad altre raccolte in Italia, e questo è veramente un peccato perché Tenn, pseudonimo dello scrittore Philip Klass, è stato indubbiamente una delle voci più interessanti tra quelle che negli anni '50 si raccolsero intorno alla rivista Galaxy, all'epoca diretta da Horace Gold, editor il cui nome a buon diritto viene ricordato accanto a quelli di Hugo Gernsback e John Campbell. Negli anni '50, Galaxy era il punto di riferimento per tutti quegli autori che si sentivano troppo ristretti nella fantascienza così come si era andata formando secondo le direttive di Campbell, questo perché Gold era maggiormente interessato ad un tipo di fantascienza che parlasse dei problemi dell'uomo, quella che verrà definita fantascienza sociologica. Accanto a Tenn, del gruppo di Galaxy facevano parte personalità del calibro di Frederick Pohl, Robert Sheckley, Philip K. Dick, e tanti altri, e tra loro il nome di Tenn non sfigurava. A questo proposito basta riprendere racconti come il celeberrimo Giù tra i morti (Down Among the Dead Men) dove ci viene presentato un agghiacciante futuro nel quale l'uomo deve confrontarsi in una guerra senza fine con una razza aliena e questo lo porterà ad inventare nuove forme di umanità, oppure il meno noto ma spassoso Io, io stesso e me (Me, Myself and I, 1947), dove i paradossi del viaggio temporale esplodono in una narrazione irresistibile. Se qualcuno poi ritiene che i filtri d'amore possano essere una risposta ai problemi dell'uomo moderno non ha che da leggere Tutte amano Irving Bommer (Everybody loves Irving Bommer, 1951), e ce n'è anche per quanti amano pensare che l'uomo non sfigurerebbe nell'incontro con delle razze aliene: in La liberazione della Terra, (The Liberation of the Earth, 1953) nel quale la Terra, oltre ad essere liberata, viene anche riliberata per la seconda volta, in una parodia amara della guerra o forse della guerra fredda. Alcuni di questi racconti sono stati ristampati con una certa costanza, pensiamo soprattutto a Giù tra i morti, riuscito a più riprese nel corso del tempo, ma da lungo tempo non è più disponibile una raccolta organica, seppure parziale degli scritti di William Tenn, e questo, di fronte al ciarpame che spesso viene ristampato, fa quasi piangere.
Con Laumer facciamo un salto di almeno dieci anni, se Tenn infatti rappresenta la fantascienza degli anni '50, Laumer è un esponente di quella degli anni '60, e si vede. Il Clandestino dei Mondi (secondo romanzo di un ciclo mai giunto in Italia) ci riporta a quello che è uno dei temi cari della narrativa di Laumer (autore per altro di una lunga serie di racconti e romanzi aventi per protagonista Retief, un ambasciatore spaziale): quello degli universi paralleli, tema che ritroveremo nel ciclo de I mondi dell'Impero (Editrice Nord). Lo spunto è abbastanza semplice: se c'è un numero infinito di universi, molti di questi universi saranno popolati dalle stesse persone che potranno fare o non fare determinate cose, ecco quindi che la ragazza che è una principessa in uno di essi, potrebbe essere una taverniera di dubbia moralità in un altro. E quando la polizia che veglia sull'integrità e la separazione degli universi si addormenta ecco che cominciano i guai. Ed ecco che inizia, fortunatamente per il lettore, una sarabanda vorticosa di avvenimenti, inseguimenti, scazzottate, periodiche catture ed evasioni che si snoda per tutto il romanzo, trascinando il lettore, impossibilitato a sospendere la lettura sia pure per un solo istante. Forse questo romanzo non sarà un capolavoro, forse non toccherà le eccelse vette dell'arte, ma indubbiamente è servito a distrarre i lettori di una generazione e potrebbe egregiamente fare lo stesso per noi, dopotutto la fantascienza è uno dei generi letterari maggiormente versatili, ed anche lo svago puro e semplice ha un suo pieno diritto di cittadinanza in essa.
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