Lafferty, chi era costui? Alzi la mano chi, sotto i trenta anni, ne ha sentito parlare. In effetti, l'ultima pubblicazione che ne ha visto il nome in copertina risale al 1985, e da quell'anno di lui restano solamente una manciata di racconti disseminati in varie antologie pur prestigiose. Eppure con Lafferty siamo di fronte ad una delle personalità maggiormente geniali della fantascienza moderna, un autore odiato od amato, osannato o cestinato che ha però il pregio di lasciare un segno, nel bene o nel male, nel proprio lettore. D'altronde è normale, un Robert Anson (Heinlein) può dedicarsi a scrivere la Storia Futura, ma cosa può fare un Raphael Aloysius se non toccare con impareggiabile maestria le corde del grottesco? Ciò che è particolarmente appariscente è l'incapacità della critica di mettersi d'accordo su una definizione ed una delimitazione del suo universo narrativo, tanto questo è ampio e diversificato.

Di Lafferty prenderemo in esame non le sue opere più importanti e forse note, Il Diavolo è morto (The Devil Is Dead, 1971, ed. ital. SFBC 42 1974), o Quarta fase (Fourth Mansions, 1969, ed. ital. Nord 1974) o Maestro del Passato (Past Master, 1968, ed. ital. Nord, Cosmo Argento, 1972), tutti romanzi che ci sentiamo di consigliare caldamente a chiunque, certi che la loro lettura non lascerà indifferenti. Esamineremo invece due opere che potrebbero sembrare minori, ma che minori non sono: Cantata Spaziale (Space Chantey, 1968, ed. ital. Galassia 216, La Tribuna, 1976) e Le Scogliere della Terra, (The reefs of Earth, 1968, ed. ital Galassia 222, La Tribuna, 1976).

I due romanzi, sono profondamente differenti tra loro tanto che a prima vista potrebbero sembrare opera di due autori, e questa è proprio la dimostrazione della grande ecletticità di Lafferty. Riguardo Cantata Spaziale, potremmo semplicisticamente dire che ci troviamo di fronte ad una Odissea della fantascienza, ed effettivamente i punti di contatto tra il poema di Omero e questo romanzo sono puntuali, ma si tratta di un'Odissea riscritta alla luce di Rabelais, tutto nel romanzo ricorda il Gargantua e Pantagruele, ed infatti abbiamo parlato di grottesco, qui dovremmo forse precisare comico grottesco. Provare a definire la trama è inutile: alla fine di una lunga guerra due capitani su due navi spaziali decollano per tornare a casa, ma prima decidono di fare qualche deviazione lungo la strada e così incontriamo Troll, valchirie, e giganti che reggono il mondo ma quello che conta è il modo in cui Lafferty Rabelais gioca con il materiale mitologico, irridendolo con la sua comicità a volte luciferina.

R.A. Lafferty: Le scogliere della Terra
R.A. Lafferty: Le scogliere della Terra
Ben diverso è il clima di Le scogliere della Terra, in questo caso Lafferty, che ha sempre trovato difficile adeguarsi ad un qualsiasi canone della fantascienza o del fantastico, esce se così possiamo dire, dal solco della fantascienza. Certo, la razza di cui parla, i Puca, vengono definiti una razza aliena, ma tutto sommato gli accenni a tale proposito sono talmente minimi ed anzi a volte vengono trasposti in un quadro leggendario, che il clima è sicuramente più fantastico che fantascientifico in senso stretto. Qui più che Rabelais, l'influsso presente sembra quello di Mark Twain e di certe raffigurazioni della provincia americana lungo il Mississippi. Una famiglia di extraterrestri approda in una cittadina di provincia, dominata dalla solita cricca di delinquenti corrotti, e tra sindromi terrestri che conducono alla follia e linciaggi, solo i figli ne usciranno vivi, lanciati alla certa conquista od alla distruzione del mondo.

Anche in questo caso, la trama è quasi insignificante, quello che importa è invece la densità della pagina, che senza il minimo sforzo, trascina il lettore in una narrazione magica e coinvolgente. Le sue scene sono particolarmente vivide e realistiche, al lettore sembra di assistere di persona agli scontri dei suoi personaggi, per quanto assurdi possano apparire, sembra di poter odorare le paludi od il fiume del romanzo.

Qualunque sia l'opinione che se ne possa avere, Lafferty, non è passato senza lasciare traccia o ricordo, come a volte accade agli scrittori di fantascienza, ed il suo posto nello scaffale, lo ha ampiamente meritato.