Penso che famiglia sia una parola che designa un concetto; il concetto, come tutto ciò che appartiene all’umanità, è qualcosa che si evolve nel tempo, per fortuna. Sarebbe terribile se non ci fosse quest’evoluzione. Mi sembra che in Italia i tempi siano maturi per un riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, omosessuali e no. Sarebbe necessario pensare a una forma di “contratto di vita a due” che tuteli la coppia, senza peraltro simulare un matrimonio in senso classico. Bisognerebbe andare oltre le vecchie formule, creare davvero un nuovo tipo di famiglia che non abbia bisogno di essere legittimato dal matrimonio.
E sul tema delle adozioni? Nel tuo romanzo Mikhail e il suo compagno hanno potuto adottare e crescere una bambina...
Neith è una persona fortunata, vive nel futuro, dove le adozioni da parte di una coppia omosessuale sono un evento consolidato e perfino banale. In realtà, più che sottolineare la particolarità della famiglia di Neith, volevo parlare di ciò che lega gli esseri umani. Nonostante che Andrej, il compagno di Mikhail, sia una persona accattivante, capace di intrattenere un rapporto facile e spontaneo con la figlia, poi quest’ultima sia più affezionata all’altro padre? Mikhail è sempre stato consapevole delle sue difficoltà ad assumere il ruolo paterno, e tuttavia le affinità di pensiero tra lui e Neith ha giocato unruolo maggiore. Il caso li ha messi assieme in una relazione di tipo genitoriale ma poi loro due si sono “scelti” liberamente in base alle regole dell’amore, un sentimento che non segue le umane definizioni.
Spiegaci il titolo del romanzo.
Sulla Luna esiste realmente una formazione rocciosa che si chiama Rupes Recta, e ha un aspetto regolare e simmetrico, tanto da sembrare costruita ad arte. Questo perché qualcuno ha visto una nota di snobismo nel titolo latino del romanzo. Dal punto di vista del ruolo particolare che la Rupes riveste per gli abitanti della Luna il riferimento è al Muro del Pianto di Gerusalemme. Ho pensato che in un mondo così disumano come la società lunare il rimpianto fosse indirizzato ai sentimenti perduti, a ciò che manca a ognuno di noi, alla memoria stessa, che fonda l’unità della persona. In un certo senso è la concretizzazione minerale di Mikhail, che già di suo è un tipino roccioso, soprattutto negli affetti, ma lo raffigura a pennello in quanto contenitore dei ricordi dell’umanità stessa; in fondo, la vita e le vicissitudini di Mikhail sono rappresentative della vita di molte persone.
Perché sulla Luna da te immaginata è uso comune indossare delle maschere?
Le maschere lunari hanno una doppia funzione: difendono la pelle dalla violenza dei raggi solari, che la precaria atmosfera lunare non riesce a filtrare, e proteggono dal malocchio. Gli abitanti della Luna sono tutti, in forma più o meno grave, superstiziosi; temono gli effetti della magia, le conseguenze delle maledizioni e degli incantesimi. Mi sono ispirata alle maschere della Sartiglia, una competizione equestre che si svolge ad Oristano ogni carnevale da cinquecento anni; i contendenti portano tutti una maschera bianca priva di espressione, un volto impassibile e bellissimo. Mentre i cittadini lunari hanno maschere variopinte e personalizzate Mikhail è l’unico a indossare una maschera bianca. Il bianco è il suo colore del lutto, un colore che implica anche trasformazione, passaggio da una condizione ad un’altra.
Il romanzo Rupes Recta di Clelia Farris è stato recentemente ristampato ed è acquistabile sul Delos Store www.delosstore.it/delosbooks/scheda.php?id=18635
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