Quando Mike Brown, del California Institute of Technology (il celebre CalTech), scoprì 2003 UB313, l’oggetto era talmente lontano da necessitare ulteriori osservazioni. Dopo sei mesi di calcoli, Brown arrivò ad annunciarne la scoperta lo scorso giugno, avvalorandola con i risultati ottenuti sulla sua distanza e la sua orbita. I dati raccolti erano però ancora insufficienti per una stima delle dimensioni. Qualcuno, tuttavia, già allora cominciava a sospettare, in virtù dell’enorme distanza che ci separava da lui, che UB313 potesse rivaleggiare in dimensioni con Plutone, avanzando l’ipotesi che potesse quindi candidarsi a decimo pianeta del nostro sistema solare. La bocciatura di Quaoar (scoperto nel 2002) e di Sedna (2004) spingevano ad usare prudenza, visto che l’International Astronomical Union (UAI) aveva deciso di classificarli semplicemente come “grandi oggetti” della fascia di Kuiper, quella regione ricca di oggetti di piccoli dimensioni (e battezzati un po’ irriverentemente “nani di ghiaccio”) poco oltre le orbite di Nettuno e Plutone.
Ora, grazie alle analisi condotte mediante il telescopio da 30 metri IRAM, di Pico Veleta (Spagna), provvisto di un sofisticatissimo sensore MAMBO, un rilevatore di onde millimetriche, gli astrofisici dell’Università di Bonn e i ricercatori del dipartimento di radioastronomia del Max Planck Institut potrebbero far pendere l’ago della bilancia verso un futuro glorioso per UB313 e il suo scopritore. Il diametro dell’oggetto è infatti stimato tra i 2800 e i 3500 chilometri e, anche se il margine inferiore sembra più plausibile, risulta ben maggiore dei 2300 chilometri del diametro di Plutone. La Luna, per avere un termine di paragone più immediato, misura 3476 chilometri, risultando quindi essa stessa più grande di Plutone, il più piccolo dei pianeti conosciuti. Il dato, ottenuto mediante la misura delle emissioni termiche del presunto pianeta, solleva un nuovo dilemma nella comunità scientifica. Se infatti i precedenti candidati erano stati scartati sulla base delle loro dimensioni, lo stesso criterio non potrà essere adottato per UB313. Si tratta infatti del più grande oggetto identificato nel sistema solare dal 1846, anno della storica scoperta di Nettuno. Ed è il più lontano finora osservato: la sua orbita, molto eccentrica e inclinata, lo porta a una distanza dal Sole pari a 97 UA (misura della distanza media della Terra dal Sole), vale a dire oltre il doppio di quella massima toccata da Plutone. Alla distanza di 14,5 miliardi di chilometri, il Sole laggiù è come una stella debolissima che risalta nella notte cosmica ma brilla fioca su un panorama di ghiaccio e metano congelato.
Qualcuno è già tornato a riproporre il declassamento di Plutone dal rango di pianeta, che sembra perdere sempre di più le sue peculiarità. Sotto il punto di vista delle caratteristiche dell’orbita (dei nove pianeti finora riconosciuti, Plutone è quello con l’orbita più inclinata ed eccentrica, che addirittura si spinge per un breve arco all’interno dell’orbita di Nettuno), delle dimensioni (Sedna misura circa 1600 chilometri, Quaoar 1250) e della complessità (proprio come Plutone è provvisto di una luna relativamente grande, Caronte, quasi un pianeta gemello di 1250 chilometri di diametro, anche Sedna potrebbe avere un satellite responsabile del suo lento moto rotatorio), sembra che Plutone non si differenzi molto dagli altri oggetti transnettuniani. Ma l’affetto con cui è tenuto in conto presso molti scienziati, soprattutto in America dove è stato scoperto nel 1930 da Clyde Tombaugh, rende piuttosto improbabile la prospettiva di una retrocessione. Il che gioca proprio a favore di UB313: appare infatti irrealistica la possibilità di ignorare una scoperta simile. Anche per questo, probabilmente, 2003 UB313 non ha ancora un nome certo. La prudenza di Brown potrebbe quindi essere premiata e noi potremmo presto trovarci con il tanto favoleggiato decimo pianeta, magari una meta esclusiva per il turismo spaziale dei nostri nipoti.
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