L’uomo di Tralfamadore

Kurt Vonnegut è diventato presto, in America, un’autentica autorità culturale, il prototipo dell’intellettuale, quello che in Italia è stato probabilmente rappresentato da Pier Paolo Pasolini. Senza riserve o falsi pudori, Vonnegut si è sobbarcato la responsabilità e non si è sottratto alle incombenze del ruolo, tra le quali il contatto diretto con il pubblico e pubbliche prese di posizione. Vonnegut è un socialista statunitense della scuola di Eugene Victor Debs, un compagno hoosier che ama citare: “Finché ci sarà una classe spossessata, sarò dalla sua parte. Finché ci saranno elementi criminali, sarò dalla loro parte. Finché esisterà un’anima in prigione, non sarò libero” . E quando parla non ha peli sulla lingua. Però finora nessuno si è mai azzardato a intimargli di chiudere la bocca. Magari qualcuno fa finta di non sentire e si gira dall’altra parte, ma sappiamo che Vonnegut dice quello che deve essere detto. Chiaro, conciso, chirurgico, ogni suo giudizio non può che nobilitare l’ascoltatore o il lettore, perché il suo interlocutore non è un gruppo politico, una setta di simpatizzanti o un manipolo esoterico: Vonnegut parla rivolgendosi all’umanità nella sua interezza, senza esoneri o eccezioni. Non sorprende quindi il numero di citazioni della sua opera in cui è possibile imbattersi anche solo guardando un film. Tanto per annoverare quelle più recenti, in The Family Man, discreta commedia fantastica diretta da Brett Ratner (2000), Nicholas Cage scopre tra i suoi ricordi dell’università una copia di Cat’s Cradle; lo stesso libro è più volte citato ne La regola del sospetto (The Recruit, Roger Donaldson, 2003), dove Ghiaccio Nove è il nome di un fantomatico virus elettronico capace di infettare non solo le reti informatiche ma la stessa rete di distribuzione dell’energia elettrica, al centro di una cospirazione ordita da un diabolico Al Pacino; e l’imminente e apocalittico Southland Tales di Richard Kelly, già artefice del cult movie Donnie Darko, già si annuncia forte debitore delle tematiche vonnegutiane. Senza dimenticare poi le varie trasposizioni cinematografiche delle sue opere.Nel mondo delle lettere, sarebbe arduo ricostruire lo scambio d’influenze con altri fondatori del romanzo postmoderno. Affinità nei temi e nell’approccio possono essere riscontrate sia con Philip K. Dick che con Thomas Pynchon. Ma l’autore che meglio di tutti sembra aver colmato il vuoto di Vonnegut nella fantascienza è stato l’inglese Douglas Adams, indimenticato autore della Guida galattica per autostoppisti.

Ma non finisce certo qui. Quando nel 1974 Philip José Farmer pubblicò il libro di fantascienza Venere sulla conchiglia, che non mancò di suscitare scalpore per la disinvoltura con cui affrontava argomenti tabù (per la fantascienza) come il sesso e la religione, decise di firmarsi Kilgore Trout proprio in omaggio al celeberrimo personaggio uscito dalla penna di Vonnegut . Il Nostro ha schiere di ammiratori anche nel mondo scientifico, come attesta l’asteroide 25399 Vonnegut, battezzato così in suo onore. Non desta quindi sorpresa la decisione del sindaco Michael Bloomberg di istituire l’11 novembre del 2002, in occasione dell’ottantesimo compleanno del suo illustre concittadino, la Giornata di Kurt Vonnegut, Jr. nella città di New York. E non penso occorra ricordare che Bloomberg e Vonnegut non hanno proprio lo stesso background né il medesimo orientamento politico .

Questo, magari, non fa altro che confermare quanto tutti noi abbiamo da imparare da lui.