Prendete la Macchina del Tempo e fate un piccolo salto spazio-temporale. Il luogo è una convention di fantascienza in America. Il tempo, pressappoco la metà degli anni Cinquanta. Al bar dell’albergo dove si svolge il raduno c’è una ressa di gente alquanto bizzarra: la maggior parte di loro sono scrittori e fan, ma qua e là c’è anche qualche semplice ospite dell’albergo, che guarda incuriosito quello strano gruppo di esseri umani.
Ad un certo punto, la sala è scossa da un fremito: in fondo, dalla porta d’ingresso, è entrato una vera e propria leggenda vivente, uno scrittore che incarna per tutto e in tutto la fantascienza. È Isaac Asimov. Entra e rivolge un saluto generale a quanti lo riconoscono e che lui stesso riconosce.
Dopo qualche stretta di mano, un tizio strano, basso di statura e dagli occhi frizzanti, si avvicina ad Asimov. Lo scrittore non lo conosce, ma ne riconosce la tipologia a cui appartiene: è un fan e per giunta in adorazione.
Il fan chiede allo scrittore, con voce rotta dall’incredulità: “Lei è Isaac Asimov?”.
Lo scrittore è compiaciuto e chi non lo sarebbe al suo posto. Risponde: “Si, sono io”.
Il fan, in evidente stato di confusione, aggiunge: “Non sta scherzando? Lei è davvero Isaac Asimov?”.
Lo scrittore pluripremiato, l’uomo che ha contribuito in modo determinate a forgiare il genere narrativo che tutti, in quel bar di un Hotel americano, amano, assume chiaramente un’aria di paterna comprensione nei confronti del fan. Si predispone un po’ pomposamente a ricevere una sequela di sperticate lodi, a cui dovrà rispondere senza un finto imbarazzo.
“Be’ secondo me lei è…”, inizia a farfugliare il fan, preso da un chiaro stato di ansia. Un profondo respiro, una doverosa pausa e il fan conclude, dicendo: “una nullità?”.
Immaginate la scena: la faccia di Asimov diventata all’improvviso pallida, mentre un silenzio innaturale cala inesorabile sul chiacchiericcio generale.
No, non è l’inizio di un racconto di fantascienza, né siete finititi Ai Confini della Realtà. L’episodio sommariamente descritto è accaduto davvero e lo ha raccontato lo stesso Asimov nella prefazione a Dangeorus Vision, la famosa antologia di racconti curata da Harlan Ellison. Quel fan, così sfacciato, era proprio Ellison, diventato a sua volta scrittore e leggenda vivente della science fiction americana.
In una nota a quella prefazione, Ellison rettificò l’episodio, sostenendo che le parole pronunciate furono: “lei non è un granché”, ma la sostanza dei fatti non cambia.
Un fan diventato scrittore
Questo semplice episodio dovrebbe rendere efficacemente l’idea di uno scrittore come Ellison: irriverente, polemico, spigoloso, geniale, scontroso. È famoso per il suo temperamento caldo e per la natura franca delle sue opinioni. Una caratteristica della sua personalità che irrimediabilmente si è trasmessa alla sua narrativa, quasi tutta formata da racconti, che si può definire scandalosa, pungente e praticamente unica nel panorama della letteratura fantastica americana.Nato a Cleveland il 27 maggio del 1934, nell’Ohio, dove si diplomò all'East High School, Harlan Jay Ellison ha iniziato la sua ormai più che quarantennale carriera di scrittore nel modo più naturale per il mondo della science fiction americana: diventando un fan. A Cleveland ha vissuto la sua infanzia, con i suoi genitori, Serita Rosenthal Ellison e Louis Laverne Ellison e sua sorella più grande, Beverly. Il padre era dentista e quando morì nel 1949, gli Ellison si spostarono da Painesville, una piccola città, a Cleveland. Qui viene a contatto con un club di fantascienza, il Cleveland Science Fiction Society, è diventò ben presto un fan incallito, uno di quelli che leggono tutto, che vanno alle convention e si fanno promotori di fanzine, le riviste create da e per gli altri appassionati. Così, quando nel 1950 decise di diventare uno scrittore, la cosa più naturale fu quella di diventare uno scrittore di fantascienza. Ma si fece quasi da subito anche la fama di polemico e trasgressivo, sia per i suoi interventi come fan – vedi l’episodio del suo primo incontro con Asimov – sia per i suoi racconti. Dopo aver abbandonato l’università, si trasferì a New York nel 1955, dove incontrò Robert Silverberg, cominciando a scrivere per alcune fanzine centinaia di racconti e di articoli, molti dei quali con lo pseudonimo di Nalrah Nosille. Durante il suo soggiorno a New York, Ellison si è unito (sotto un'identità falsa) ai Red Hook Brooklyn Barons, una gang giovanile, per 10 settimane. Quest’esperienza ha ispirato i suoi primi scritti non di fantascienza, tra cui ricordiamo Rumbe (1958), The Deadly Streets (1958) e Rockabilly Memos from Purgatory: Two Journies of Our Times (1961) e i tre romanzi Web of the City (1958), The Sound of a Scythe (1960) e Spider Kiss (1961). Dopo varie vicissitudini e traslochi, si trasferisce di nuovo, prima a Chicago, dove lavorò come redattore per la rivista Rogue, e poi nel 1962 a Los Angeles, dove decide di diventare scrittore a tempo pieno. Qui comincia anche la sua carriera di scrittore per la TV, costellata però di numerosi episodi di scontro con i produttori e, più in generale con l’establishment televisivo e cinematografico di Hollywood.
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