Eymerich vide che, oltre la soglia della stanza, un gruppetto di persone era intento ad assistere con sguardo trepidante alla scena. Tra costoro, riconobbe il signor De Cocacol, Mastro Lindt, Bibì e Bibò. Oltre le bifore che davano in strada, intuì anche la presenza della gente del paese, corsa a spiare quell'eccezionale confronto verbale.
Zantys annuì con aria vagamente ebete. Poi, finalmente, parlò.
- C'è grossa crisi... - mormorò - La gente non sa più quanto sta andando...
Il principe sorrise ammirato. La folla, fuori dalle finestre, si lasciò sfuggire un grido di trionfo.
- Vedete, padre, quanta saggezza in quest'uomo? - esclamò De Curtis - Egli , certamente, non può essere malvagio.
Torvo, Eymerich decise di cambiare tattica. Si rivolse direttamente Zantys.
- D'accordo... maestro. - la sua voce era carica di velenosa ironia - Permettetemi allora di mettere alla prova la vostra decantata saggezza... C'è un passo, nella letteratura patristico-ermeneutica del terzo secolo, dibattuto dai più grandi e sapienti filosofi cristiani: Clemente Alessandrino, Origene, Sant'Agostino, Tertulliano, Gregorio Magno, Basilio di Cesarea, Ireneo, Tommaso D'Aquino, Red Ronnie, Jovanotti... Inutile ricordarvi di cosa si tratta: di certo lo sapete benissimo. La mia domanda è: siete maggiormente d'accordo con Origene o con Tertulliano?
Dietro la maschera glaciale, Eymerich si concesse un sorriso di trionfo. Zantys non aveva scampo: se si fosse professato sulle posizioni di Origene, che negava ogni possibilità di cura terrena per le infezioni agli arti inferiori, avrebbe smentito sé stesso. Se, viceversa, si fosse detto convinto dei precetti di Tertulliano, avrebbe sposato una posizione condannata dai teologi degli ultimi decenni, e si sarebbe automaticamente confessato eretico. Se, infine, avesse ammesso di non conoscere abbastanza a fondo la questione, ne sarebbe uscito screditato come sapiente.
Zantys non aveva alcuna possibilità. Soddisfatto di sé, Eymerich incrociò le braccia e attese fiducioso la risposta del suo avversario.
L'uomo in tonaca di spugna batté le palpebre più volte. La sua espressione era sempre più ebete. Nella stanza e in tutto il castello, il silenzio era palpabile. Il pubblico tratteneva persino il respiro.
- La domanda è mal posta... - disse alla fine Zantys, con la massima tranquillità - In realtà volevate chiedermi: "Che ore sono?" - controllò il Bulova ad acqua che gli pendeva al fianco - E' l'ora sesta e tre minuti.
Oltre le bifore, il giubilo della folla esplose. Il principe corse ad abbracciare Zantys.
Eymerich, confuso, cercò con gli occhi il sostegno di padre Farmimal, ma questi stava esaminando con libidine una collezione di cilici e di spilloni acuminati esposta in bell'ordine su una cassapanca.
- Zantys! Guy Zantys! - gridava il volgo - Quelo! Quelo!
L'uomo in tonaca Bassetti sembrò voler accontentare il suo pubblico. Impugnò un singolare feticcio, nient'altro che un pezzo di legno con qualche chiodo sporgente, e lo brandì verso le finestre. Le urla della folla raddoppiarono di intensità.
Per Eymerich era troppo. Tremando di collera, l'inquisitore levò le braccia al cielo e gridò con voce stentorea.
- Idolatria! Paganesimo! - il suo volto si accese di un'incontenibile ira - In ginocchio, miserabili, e chiedete perdono a Dio dei vostri immondi delitti, o brucerete per l'eternità. Perché in me è la furia di Abimelech, che distrusse la città di Sichem e vi bruciò Baal con mille uomini! Perché in me è la forza e la collera di Zamiri, che sterminò la famiglia e il parentado dell'infedele Baasa!
Un sonoro pernacchione coprì il suono della sua sacrale invettiva. Allibito e furibondo, Eymerich vide che il colpevole dell'oltraggio era lo stesso principe.
- Ma mi faccia il piacere! - lo zimbellò De Curtis. Come se non aspettassero che quel segnale, tutti i presenti, compresi De Cocacol, Mastro Lindt e gli aiutanti, si unirono al coro dei pernacchi.
Quasi sopraffatto dall'ira, Eymerich riuscì a stento di impedirsi di saltare alla gola del principe. Ma la forza stava ancora dalla sua parte, e lui ne era ben conscio.
- E voi sareste il signore feudale di queste terre? - chiese in tono velenoso.
Il principe si produsse in un inchino derisorio. - Signori si nasce. - confermò - E io, modestamente, lo nacqui.
- Da domani non lo sarete più.
Il sorriso di De Curtis si spense. - Cosa volete dire?
- Il vostro diritto dinastico non è così solido come volete far credere. - Eymerich contò sulle dita. - Gli eredi del balivo di Biscardonnes, Alphonse De Luria, Galcèran De Pinot, Philippe De Castre e Guidobald Tintarel De Luna si trovano in questo momento a Parigi, al cospetto del Delfino, impegnati a screditarvi e a tramare per togliervi il feudo. Vostro cugino, il vicesincaco di Langueglosse, è caduto in disgrazia nei confronti del cognato della zia morganatica del nipote di terzo letto della baronessa di Rocher, che da parte sua è in fin di vita per indigestione di cioccolato e che probabilmente lascerà i suoi possedimenti e le sue prerogative di elettrice del Sacro Romano Impero, anziché a voi, al maggiordomo Ambrogio. - l'inquisitore si tolse i calzari e continuò a contare sulle dita dei piedi - Il ducaconte Barembani, da cui dipendete in quinto intarsio valvassatico e gerarchia ipo-feudal-sessagesimale, non ha mai visto di buon occhio la vostra alleanza con il marchese Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare. E quest'ultimo, da parte sua, pur appoggiando le vostre pretese sulla contee di Avicenne di Sopra e Zerinol di Sotto, non vi ha mai perdonato di avergli rubato, quando avevate entrambi cinque anni, la figurina di Ferraris IV dal suo album. Inoltre, le forze residue dei vostri alleati verranno distratte dalla crociata che si prepara, dalle avvisaglie di peste in Europa, dai tempi supplementari della Guerra dei Cento Anni, e dalla successione al trono del nipote del cugino del cognato del viceré in quarta radice cubica del principato/baronato/giudicato di...
- Basta, per carità, basta! - supplicò De Curtis, in evidente debito d'ossigeno.
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