Il donnone, che già stava pericolosamente avvicinando la fiamma del saldatore ai gioielli di famiglia di Timothy, ridotti per la paura alle dimensioni degli attributi di Big Jim, si arrestò. - Cosa vuoi, caccolicchio?

- Hai detto che il signor Flanders teneva dei nanetti di gesso in giardino...

- E allora?

- Sei sicura che fossero proprio dei nanetti?

Annie assunse un'aria pensierosa. - In effetti, ricordo di averne visto uno solo. Vicino alla fontanella...

- Ricordi chi era? Dotto? Mammolo?

Il donnone spense il saldatore, assorta. - Ora che me lo chiedi, non sembrava affatto uno dei nani Disney. Somigliava piuttosto a...

- Un pagliaccio? - propose Timothy.

- Un pagliaccio. - ripeté Annie, sorpresa - E tu come fai a saperlo?

- Eri tu, vero? - accusò Timothy, rivolto al grassone appollaiato sulla cima dell'armadio. - Sei sempre stato tu...

- Fuocherello, Timmie. - commentò il pagliaccio, arricciandosi la parrucca viola con le dita cicciute - Ci sei molto vicino.

- Con chi stai parlando, caccolicchio? - sibilò il donnone, sospettoso.

Timothy fu lesto a rivolgersi di nuovo a lei. - Tu lo avevi già visto prima, quel pagliaccio, vero?

- Non... non credo. - rispose Annie, confusa.

- Pensaci bene. Forse da bambina. Davvero non ricordi?

La donna lasciò andare l'accetta. - Io... forse...

- E lui allora ti offrì qualcosa da mangiare. - insistette Timothy - Qualcosa che ti era proibito, che tu non potevi proprio accettare. Non è così?

- Uh, uh, Timmie, il fuocherello è bello grosso adesso. - gongolò il pagliaccio - Ci si potrebbe cuocere un bue panato, sopra.

Annie era impallidita, come se la folgorazione l'avesse all'improvviso colta sulla via di Bangor. - L'hamburger di MacDonald, che mia madre non voleva comprarmi... - ammise - Tu come fai a saperlo?

Timothy sospirò di sollievo. - Toglimi le manette, e te lo spiegherò.

La donna esitò solo un istante, poi obbedì.

...

- Vedi Annie, tutte queste melensissime storie di traumi infantili, di abusi sessuali, di turbe adolescenziali, di tabù violati nella crescita, di incesti, stupri, prevaricazioni minorili e violenza non sono altro che cazzate post-freudiane da moralisti bacchettoni del New England. La verità è molto più semplice.

- E sarebbe?

- Sarebbe che tutte le nostre perversioni nascono dal cattivo rapporto che abbiamo col cibo.

- Dici?

- Sicuro. Le persone che mangiano e bevono liberamente ciò che gli piace, quando gli piace e nella quantità che gli piace sono tranquille, rilassate e campano da re. Chi invece si preoccupa della linea, chi rinuncia ai piaceri della tavola, chi è angosciato dai rimorsi ogni volta che trasgredisce la dieta o beve un bicchierino di troppo è una persona stressata, contorta e in guerra con se stessa. Credimi, Annie, i grassi sono felici, e i forzatamente magri sono tutti potenziali psicopatici.

- E' sempre stato così, Timmie. - approvò il pagliaccio - Di quella vecchia storia del serpente e della mela non è mai stato capito un accidente. Non c'è nessun cavolo di metafora, lì dentro: la piccola Eva voleva solo addentare una bella mela succosa, ma il Boss non era d'accordo, e così la reprimeva. Tutti i nostri guai vengono da lì...

- In effetti, il peggiore trauma infantile che ricordo è appunto quella storia dell'hamburger. - ammise la donna - Alla ricreazione tutti gli altri bambini avevano quel fottuto panino di MacDonald, e io invece dovevo mangiare una ciofeca fatta da mia madre con le fette dei toast... Credo che sia stato allora che ho cominciato a usare l'accetta.

- Vedi? - approvò Timothy - Lo stesso vale per me. Prima mia madre, poi la mia ragazza e infine mia moglie mi impedivano di mangiare come volevo e mi riempivano di sensi di colpa... - Timothy lanciò un occhiata distratta sotto il divano, da dove spuntava un paio di caviglie in tacchi a spillo. - A proposito, devo ringraziarti di avermi liberato anche in quel senso.

- Figurati. - disse Annie, spezzando il pane per fare la scarpetta nel piatto.

- La rinuncia al cibo è la vera madre degli incubi. - pontificò Timothy, masticando rumorosamente - Per chi ha la pancia piena e nessun rimorso di golosità non esistono mostri all'angolo della strada.

- Parole sante, Timmie. - approvò il pagliaccio, stappando la bottiglia di vino Rock di Castle (rosso dei castelli, ndt) ed empiendo generosamente i bicchieri dei suoi due commensali. Timothy tracannò il suo vino, poi gettò via il piatto e si posò davanti direttamente l'enorme pentola fumante piena delle più succulente e colesteroliche schifezze che era riuscito a trovare razzolando nelle dispense di casa. Annie, ridendo, buttò giù il bicchiere e fece altrettanto con le dodici teglie grondanti grasso di maiale misto a sugo, mascarpone, maionese e Nutella.

Il pagliaccio aprì una seconda bottiglia. Poi una terza.

Qualche minuto dopo, ubriaco come una cocuzza, il grassone si infilò nelle mutande la sua parrucca viola e intonò a squarciagola uno sguaiato motivetto. Gli altri due, pur non capendone il testo, gli vennero dietro con unanime sazietà viscerale e soddisfazione etilica.

- Ma che ce fregaaahhhh, ma che ce importaahhhhh... - il coro a tre voci echeggiò a lungo per i boschi del Maine, scacciandone via le inquietanti nebbie.

FINE