Con tanti bei premi letterari che non vanno oltre la prima edizione, è proprio uno scandalo che il concorso Sviccata dell'anno, l'unico premio di cui i vincitori si vergognano, sia giunto già alla terza edizione. Facile per gli altri premi premiare i racconti migliori: bei racconti se ne trovano dappertutto. Ben più ambizioso lo scopo del premio Sviccata, ovvero premiare il peggior racconto. La cosa più incredibile è che ci sono anche un sacco di persone che partecipano, sforzandosi di scrivere male, ma in modo il più possibile originale. Non sono accettati racconti con errori di battitura o di grammatica: l'autore deve esprimere la sua incapacità di scrivere in modo più sofisticato, attraverso trame assurde, personaggi bidimensionali (o anche monodimensionali), dialoghi demenziali, ingenuità, noiosità e altro.
I pregiurati di quest'anno, ovvero Silvia Castoldi, AlbertoCola, Davide Raco, Annetta Soppelsa e Selene Verri, gente che evidentemente oltre a non avere proprio nulla da fare ha anche una discreta dose di masochismo, con la collaborazione di Giuseppe De Micheli, la cui reputazione è già stata compromessa dall'aver vinto l'edizione dell'anno scorso, e dell'entità ispiratrice del premio, Vittorio Curtoni, che della propria reputazione se ne è sempre fatto un baffo (e anche una barba), si sono letti tutti i racconti pervenuti e hanno decretato i nomi dei tre finalisti.
In finale sono giunti quindi i racconti Powha il rosso di Luigi Brasili, La Stele Odad di Fabrizio Bianchini e Ali nuove di Lanfranco Fabriani, autore che dopo essere giunto al massimo degli onori con la seconda vittoria al Premio Urania ha evidentemente deciso di buttare subito tutta la fama e il successo alle ortiche.
La classifica finale, come d'abitudine, verrà resa nota durante la consueta cena dello Star Vic Italian Club che si terrà a Piacenza nei primi mesi del prossimo anno e della quale verrà data tempestiva comunicazione a tutti i partecipanti.
E' molto probabile che il racconto vincitore, se sarà davvero adeguatamente brutto, sia pubblicato su uno dei prossimi numeri di Robot, una rivista la cui qualità è talmente alta che ogni tanto bisogna fare queste cose perché altrimenti sembra che si voglia strafare.
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