La notizia di un po' di tempo fa (http://punto-informatico.it/p.asp?i=52173) di un primitivo occhio bionico - con tanto di microchip installabile nel cranio - approntato da una società privata americana fa il paio con quella recentissima (reperibile cliccando su http://www.engadget.com/entry/1234000130066093) di pochi giorni fa che illustra un impianto di lenti nel bulbo oculare, così da curare una malattia che tende a rendere la visione delle cose maculata (AMD). Indubbiamente, i progressi raggiunti dalla branca “bionica” della medicina sono notevoli e provocano una sensazione di meraviglia, degna di un romanzo, mentre invece è realtà, quotidianità che lascia spazio in abbondanza ad ardite elucubrazioni. Molti ricorderanno, immagino, le gesta dell’uomo da sei milioni di dollari, che aveva tra le tante funzioni impiantate quella di zoomare l’immagine fissata sulla sua retina, così da poter meglio apprezzare dettagli che sfuggivano agli altri umani. Per il volgo, avere l’occhio bionico significa esattamente questo: eseguire un esercizio ottico in modo da vedere meglio ciò che ad altri sfugge, e nulla di più; quindi converrete che già in questo dettaglio la realtà ha raggiunto la fantasia, la vera realizzazione dell'occhio bionico basta a rendere inattuale il tema del personaggio interpretato da Lee Majors nella fiction, più di trent'anni fa.

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