aneddoti di
Vittorio Curtoni
Memories of green Neri araldi della notte
Non sappiamo se Delos sia entrato nella storia della fantascienza italiana, ma sicuramente la storia della fantascienza italiana è entrata in Delos. Vittorio Curtoni, già direttore delle mitiche riviste Robot e Aliens - e comunque un bel po' mitico già di suo - ha accettato di portare sulle nostre pagine una collezione di gustosi aneddoti del fandom e dell'editoria italiana. Ah, per sua volontà, il sottotitolo di questa rubrica è "i farneticanti ricordi del vecchio vic". Almeno sapete cosa aspettarvi...
Tra il 1967 e il 1968, la rivista inglese New Worlds, la portabandiera del movimento New Wave, pubblica a puntate, e in forma ridotta, il romanzo di Norman Spinrad Bug Jack Barron (Jack Barron e l'eternità). Lo scandalo è enorme: l'opera viene giudicata un accumulo di oscenità per il linguaggio che usa e le situazioni che rappresenta, e la sana "morale" dell'establishment non tarda a reagire. La W. H. Smith, la più grande catena di distribuzione editoriale inglese, mette al bando la rivista, assestandole un colpo durissimo. E non stiamo parlando di fatti di un secolo fa; stiamo parlando di un episodio che risale a una trentina di anni fa. D'accordo che l'Inghilterra si è sempre trascinata dietro i pesanti cascami del moralismo vittoriano (il periodo nel quale il sesso, ufficialmente, non esisteva; e, guarda caso, anche il periodo che ha visto la più imponente fioritura sotterranea di letteratura pornografica), ma secondo voi le cose in Italia andavano meglio?Siccome questo mese scriverò di faccende che sono un po' fuori tema, ma che mi sembra interessante raccontare soprattutto a beneficio dei giovinotti e delle giovinotte che non le hanno vissute, per fingere di non uscire dal seminato mi servirò di un classico marchingegno della fantascienza: la macchina del tempo. Avete presente? Bene, prendiamo la nostra brava macchina del tempo, torniamo nell'Italia degli anni Sessanta, preleviamo un individuo medio, portiamolo al nostro oggi, e mettiamolo davanti alla programmazione serale dei vari canali televisivi che esistono da noi. Posso garantirvi che, di fronte all'abbondanza di nudi, di rapporti sessuali mostrati talora in maniera anche molto esplicita, di parolacce che fioccano tra film, telefilm e spettacolini d'intrattenimento, questo nostro antenato potrebbe persino cadere in preda a una crisi epilettica. Non crederà ai propri occhi; penserà di essere impazzito. Continuerà a ripetersi: "No, è impossibile, in Italia queste cose in televisione non si possono vedere! E che diavolo, non si vedono nemmeno al cinema..." Erano anni di buia oppressione. Io ho vissuto lo strapotere della censura cinematografica sulla mia pelle, ed è una di quelle esperienze che non dimenticherò mai. Quando ero ancora un ragazzino che frequentava le medie, esisteva solo il divieto ai minori di sedici anni; in seguito, verso la metà dei Sessanta, sono comparse le due fasce ancora oggi in vigore, quella dei quattordici e dei diciotto anni. Cosa c'entra tutto questo con la fantascienza o col fantastico? C'entra, c'entra. Perché la miopia della censura era tale da colpire indiscriminatamente tutto e tutti. Si censurava il genio di Ingmar Bergman come quello di Federico Fellini o di Luchino Visconti, ma si andava giù a colpi d'accetta anche coi più modesti artigiani dell'horror nostrano come Mario Bava, Antonio Margheriti, Riccardo Freda. Per cominciare, TUTTI (salvo rarissime eccezioni) i film horror erano vietati: probabilmente si riteneva che potessero avere effetti devastanti sulla giovane psiche dei virgulti italioti. Un dato interessante sta nel fatto che invece il cinema di fantascienza non era vietato ai minori e, per quel che ne so, non subiva le vigorose sforbiciate regolarmente riservate all'horror. Questa è una cosa che non ho mai capito, perché in tenera età ho trovato terribilmente spaventosi film come Il mostro dell'astronave o Attacco alla Terra, per citare due titoli che mi ispirarono un particolare terrore. Ovviamente, rivisti oggi fanno solo sorridere, ma inquadrati nel contesto dell'epoca possedevano per un ragazzino una carica ansiogena non inferiore a, che so?, Danza macabra di Margheriti o I tre volti della paura di Bava. Eppure la censura li laciava passare indisturbati. Mah. *
A un certo punto, io decisi di attrezzarmi per il contrattacco. Sui quattordici anni falsificai la mia licenza di pesca, e mi ritrovai per magia ad avere sedici anni! Quel prezioso, amatissimo documento mi permise di vedere per la prima volta il grande ciclo cormaniano tratto da Poe e sceneggiato da Matheson (I vivi e i morti, La tomba di Ligeia, eccetera), che era regolarmente vietato. A sedici anni, quando il divieto era salito ai diciotto, mi preparai da me un documento completamente falso, una tessera della pro loco del paese dove abitavo all'epoca, Calendasco, con tanto di timbro a secco del comune e firma (falsa) del sindaco! Il segreto di questa strabiliante operazione? Semplice: mio padre era il segretario comunale di Calendasco, e a me bastò intrufolarmi in comune una sera, a uffici chiusi, per preparare il tutto. Spero che questi reati siano caduti in prescrizione. Sarà pericoloso raccontarli in pubblico? :) Insomma, ragazzi, se non si facevano cose del genere, i film dell'orrore non si potevano vedere! E nemmeno i primi timidi film zozzarelli, roba che oggi potrebbero proiettare al cinema parrocchiale...
L'horror era perseguitato dalla censura per principio, suppongo perché ritenuto malsano per sua intrinseca natura (se il motivo non è questo, non saprei cosa pensare). Nel caso dei registi italiani, poi, si aggiungevano pesanti aggravanti: retrotoni di sessualità piuttosto esplicita, con sconfinamenti in abominii (per la censura, intendo) come l'omosessualità femminile o la necrofilia; e una generale, diffusa tendenza a rappresentazioni visivamente violente a fronte delle quali l'eterea calligrafia di Roger Corman era cosa per neonati. C'è da ammettere che Margheriti, Bava e compagnia bella hanno fatto di tutto per farsi odiare dalla censura e farsi tagliuzzare, ed è uno dei motivi per i quali li amo di più. Del resto, non erano soli: i metri di pellicola sono saltati anche da film come La dolce vita di Federico Fellini o Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti o La donna scimmia di Marco Ferreri (questo film uscì addirittura mutilo del finale, ritenuto eccessivamente amorale anche per spettatori maggiorenni; a dio piacendo, oggi se ne può acquistare una videocassetta integrale), giudicati rappresentazioni "offensive" della realtà italiana, il che è davvero da spanciarsi dal ridere; e alcuni dei massimi risultati estetici delle nostre forbici censorie si trovano con estrema abbondanza nell'opera di Ingmar Bergman. Provate a rivedervi due capolavori come Il silenzio e Il rito e fate caso ai bruschi salti in certe scene: zac, l'amplesso è sparito! Snip, il seno femminile non c'è più! Lo chiedo a voi, lettori tanto più giovani di me: vi sembra concepibile che qualcuno, in nome e per conto di quello che all'epoca era ritenuto il comune senso della morale (o del pudore), non solo ponesse divieti d'età per la visione, ma si premurasse comunque di tagliare tutto ciò che risultava inaccettabile? Questa è violenza bella e buona. E' fascismo. Come il tempo ha dimostrato con tanta, lapidaria chiarezza: oggi questi film passano tranquillamente in televisione e sono considerati capolavori della cinematografia, non di rado dalle stesse persone che all'epoca li hanno vietati, tagliati, perseguitati... Nemmeno il lusso della coerenza si vogliono concedere. Questi beneamati buffoni.
Un'altra cosa molto interessante, che devo assolutamente riferire, è questa: la censura non nutriva il minimo interesse per i libri. A quattordici anni mi sono iscritto a una biblioteca circolante, dalla quale ho potuto prelevare senza alcun problema romanzi come La noia di Alberto Moravia o La nausea di Jean Paul Sartre, che a mio modesto giudizio avevano contenuti assai più eversivi, e per più versi, di tanti dei film censurati.
Per non parlare del fatto che proprio in quell'epoca ci fu la grande esplosione delle collane economiche da edicola, che hanno davvero pubblicato di tutto; e nessuno ti chiedeva la carta d'identità prima di venderti un libro. Molto, molto bizzarro. Anche se una spiegazione mi appare terribilmente, orribilmente ovvia: la lettura è sempre stata considerata un'attività praticata da pochi pervertiti, una masturbazione mentale capace di contagiare solo le frange della sana, operosa società civile, e quindi a basso tasso di pericolosità. Al cinema invece, a quei tempi, andavano frotte immani di spettatori, sicché il gregge andava controllato per benino... Non so, magari mi sbaglio, ma se può esistere qualche altro motivo logico per questa nettissima cesura di interessi censorii, a me non è mai passato per la mente.
I grandi scrolloni alla censura sono iniziati nei primi anni Settanta.
Stavano mutando i tempi. Era anche ora. Diamo a Cesare quel che è di Cesare: le cosiddette "riviste per soli uomini" hanno fatto, per il risanamento psichico collettivo della bella Italia, molto più di quanto abbia fatto la cultura "alta". Ce n'erano di ottime, di buone, di mediocri e di pessime, e ovviamente erano (e sono) un affare lucroso, mica iniziative motivate dall'idealismo altruista; ma hanno comunque dato spintoni poderosi al perbenismo, al moralismo, all'ipocrisia di chi voleva mostrare sempre e solo un lato delle cose, castrandole. Magari oggi saremo all'eccesso, ma la mia personale opinione è che gli eccessi liberi siano sempre meglio degli eccessi restrittivi. Finché non si predica la violenza, it's all right, per quel che mi concerne. E' stato peraltro un percorso lungo, faticoso, costellato di continui sequestri in edicola, di denunce, di proclami di sedicenti comitati per la tutela della moralità doc: evviva!
Se li fai incazzare, significa che li hai colpiti al cuore. Che sei vivo.
Al cinema, il grande evento fu un film del 1971, Carnal Knowledge (Conoscenza carnale) di Mike Nicholls, che lasciò sotto shock prima l'America, poi l'Italia (e pure il resto del mondo, penso), per i toni tanto espliciti di linguaggio. Conoscenza carnale ha aperto le dighe, e da lì in poi la censura ha cominciato a indietreggiare. Pussa via. Per quanto, negli anni Settanta, si sia arrivati all'assurdo di imporre il rogo definitivo di un film (c'è chi non sa che sto parlando di Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci?) per distruggerlo per sempre, farlo sparire per l'eternità dalla faccia del pianeta. Incredibile. C'è ancora qualcuno che voglia sostenere che questo mio sproloquio non ha attinenze con la fantascienza? Sì? Be', allora, caro mio, chiunque tu sia, vatti a rileggere Fahrenheit 451 di Ray Bradbury: siamo esattamente, precisamente, millimetricamente, in quell'area.
Okay. Ho detto quel che volevo dire. Provo quasi un senso di sollievo, di liberazione. Mi sembra significativo raccontare come stavano le cose a chi non c'era. Perché, cari ragazzi miei, la realtà che ho vissuto io era quella che ho narrato; e se oggi voi potete andare al cinema a godervi film non sforbiciati, o se a dodici anni potete gustarvi in televisione prelibati mostri che nella mia gioventù nemmeno potevo immaginare, è perché siamo usciti dal medio evo censorio e siamo entrati in un (relativo, certo) rinascimento. Ma attenzione, le forze del male sono sempre in agguato dietro l'angolo...
Com'è il titolo di quel saggio di Philip Dick? Se vi pare che questo mondo sia brutto, dovreste vederne qualche altro. Appunto. Ho cercato di farvene vedere uno, e non ho nemmeno dovuto fare sforzi di immaginazione! Inutile, Phil ne ha sempre saputa una più del diavolo.
* Voglio notare una bizzarra eccezione, un film di fantascienza italiano che a me pare memorabile più che altro per il fatto di essere tratto da un racconto di Robert Sheckley: La decima vittima di Elio Petri, del 1965.
L'ho rivisto tempo fa in televisione, e mi venisse un accidente se riesco a capire perché mai qualcuno possa avere pensato di vietarlo ai minori di diciotto anni. O forse Ursula Andress era di per sé un perturbante (come direbbe Freud) sufficiente?
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