a cura di
Vittorio Catani
Quando le radici
Rassegna storica della fantascienza italiana Introduzione
C'è una relazione fra poesia e fantascienza? Probabilmente sì, se è vero che poeta e fantascrittore sono entrambi capaci (quando hanno mano felice, ovviamente) di sguardi che vanno 'oltre', di intuizioni concesse a chi osserva il mondo con occhi diversi. Una cosa comunque è sicura: un rapporto profondo fra versi e squarci su una differente realtà esisteva senz'altro per la poetessa Gilda Musa se, a quarant'anni suonati, Gilda decise improvvisamente di scrivere anche fantascienza. Il suo primo racconto, Memoria totale,
apparve nell'ottobre del 1963 sul terzo numero di Futuro, la coraggiosa rivista curata inizialmente da Lino Aldani, Massimo Lo Jacono e Giulio Raiola.
Memoria totale era un racconto inevitabilmente 'poetico', e gettava un bel sasso nelle acque stagnanti della nostra science fiction dei primordi, scardinando le inerenti convenzioni narrative, le 'convinzioni' di come 'dovesse' scriversi sf.
Si trattava, in sostanza, di una simbiosi fra 'luoghi' tipici della sf e scrittura non di genere, diremmo 'scrittura alta'... se l'espressione non fosse oggi deteriorata.
Quanto al primo punto (luoghi tipici della sf) era in ballo la memoria archetipica, ancestrale: concetto che, val la pena notare, a quell'epoca timidamente si affacciava nella sf grazie ai primi lavori di Ballard (Deserto d'acqua apparve in Italia proprio nel 1963, quasi in concomitanza con la storia della Musa). Quanto al secondo punto (rapporto con la scrittura non di genere), riteniamo che esso sia stato perfettamente inquadrato da Inìsero Cremaschi (marito dell'autrice, scrittore fra i maggiori del panorama italiano, nonché autore sua volta di ottime storie sf): "Scrivendo poesia, Gilda elaborava una sua ispirazione di tipo logico-fantastico che esprimeva in situazioni e personaggi al contempo reali e di invenzione. Ma l'elemento scientifico esigeva uno spazio sempre maggiore, e a un certo punto la forma della poesia non riuscì più a contenerlo tutto. Memoria totale nacque così: come una poesia più ampia e distesa. Ed è poesia in prosa. Poesia fantascientifica. (...) La convergenza fra ragione poetica e ragione fantascientifica consentiva a questo racconto di superare le vecchie formule dei generi letterari intesi come compartimenti stagni. Del resto, Gilda non aveva mai considerato il proprio lavoro in poesia come un limbo di astrazioni per élites, né la sf una malabolgia di rozzi messaggi (...)" [Da: Futuro. Il meglio di una mitica rivista di fantascienza, Nord, 1978].
Siamo pertanto lieti di presentare ai lettori di Delos questa opera davvero 'storica' per la sf italiana, Memoria totale: una lettura insolita che ci introduce in una science fiction oggi non più praticata; una strada che qualche nostro autore aveva spontaneamente intrapreso negli anni Sessanta (ciascuno ovviamente con proprie particolarità formali), ma che evidentemente non doveva risultare gradita al 'grosso pubblico', o forse ai manovratori del mercato, dal momento che poi lo stile corrente della scrittura fantascientifica italiana insisté nel battere un'altra via, tranne rarissime eccezioni.
In Memoria totale c'è un personaggio, Anna, che durante un pomeriggio solitario si ritrova in un particolare stato di lucidità: i dettagli visivi le appaiono nitidissimi, quasi ossessivi; anche il più banale rumore domestico sembra magicamente evocare sensazioni ed eventi. La narrazione comincia a scartare, passa dalla terza alla prima persona e viceversa (ma non è solo un vezzo stilistico), in un crescendo di immagini frantumate ma legate fra loro e soprattutto legate ad Anna. Finché si solleverà un'ondata non fronteggiabile, una sorta di tsunami psichico: non andiamo oltre, limitandoci a osservare che in una storia come questa, che pure ha una trama semplicissima, occorre entrare con la maggiore lievità e ricettività possibile. E ci sembra che il suo significato (o 'un' suo significato) possa rinvenirsi in una frase che s'incontra a metà narrazione: "Che cosa è questa profonda memoria del mio corpo, profonda delle ombre (...), delle sofferenze di un passato che non è mio, non può essere mio?"
Proporla su Delos ci sembra un buon modo, da parte nostra, di ricordare e diffondere il nome di Gilda Musa, la sua narrativa "di forte suggestione poetica e di sottili brividi metafisici", come scrisse Michele Prisco. Gilda ci ha lasciato a fine febbraio, all'età di 77 anni. Romagnola, era figlia del pittore-xilografo Romeo Musa. Narratrice, poetessa, germanista, personaggio di punta tra le non poche scrittrici di vaglia della sf nostrana, ci lascia numerose storie fantastiche e di sf. Ricorderemo i volumi Festa sull'asteroide (1972, Dall'Oglio), Esperimento donna (1979, De Vecchi), Fondazione Id (1981, Nord), Marinella super (1978, SEI; più di venti edizioni: uno dei tre romanzi per ragazzi di Gilda), Dossier Extraterrestri (1978, Rusconi; in collaborazione con Inìsero Cremaschi). Il romanzo Giungla domestica (1975, Dall'Oglio) si ritrovò al centro di un piccolo 'caso', perché successivamente la Rai trasmise uno sceneggiato, La traccia verde, il cui soggetto mostrava notevoli affinità con quello del libro di Gilda.
Infine, parlare di Gilda Musa significa anche parlare di Inisero Cremaschi e del costante impegno di entrambi (specie a partire da metà degli anni Settanta) per la promozione della fantascienza italiana; significa ricordare loro presenza vivace ad alcune conventions (gli SFIR ferraresi) documentata anche in rete nel Museo fotografico del Fandom italiano (www.fantascienza.com/mffi). Vuol dire inoltre (per chi vi scrive) rievocare una lontanissima sera a Milano: la loro piacevolissima compagnia in un salotto domestico, una complice penombra, insieme ad altri estimatori di poesia e di letteratura fantastica.
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