5. Dopo il cyberpunk
Sull’impatto del cyberpunk non si può dubitare. Esiste un “prima” e un “dopo” Neuromante. Che coinvolge tutti i media. Nel cinema, basta pensare alla trilogia di Matrix, al Tredicesimo piano, al Truman Show, a Dark City. Nel fumetto, al rinnovarsi di universi Marvel come quello degli X-Men e di Wolverine, o all’indimenticabile cyborg afroamericano Deathlok. Nella tv, insieme agli holodeck delle varie serie Trek, pensiamo a TekWar. Nella letteratura, limitiamoci a un po’ di nomi. Innanzitutto il cyberpunk delle donne: Rebecca Ore, Maureen F. McHugh, Laura J. Mixon, Lisa Mason, Misha e qualche importante escursione di Lois McMaster Bujold. Un titolo fra tutti: He, She, and It (tit. inglese Body of Glass; 1993; Cybergolem, Eleuthera) di Marge Piercy, un trattamento decisamente politico che merita la rilettura, insieme al comparire della metafora virtuale nel recente La salvezza di Aka di Ursula Le Guin Ma a questo punto possiamo andare al di là degli Stati Uniti. Una nuova patria del ciberspazio e soprattutto dell’intelligenza artificiale è senz’altro l’Inghilterra: CrashCourse (1993; FilmLive, contratto mortale, Nord) e ClipJoint (1994) di Wilhelmina Baird; il quartetto di Jon Courtenay Grimwood composto da neoAddix (1997), Lucifer’s Dragon (1998), reMix (1999), redRobe (2000); Hothead (1992), Hotwire (1995) e Headlong (1999) di Simon Ings; Escape Plans (1986) e Kairos (1988-1995) di Gwyneth Jones; Memento Mori (1995) di Shariann Lewitt; Necroville (1994; Necroville, Fanucci) e Scissors Cut Paper Wrap Stone (1994; Forbici vince carta vince pietra, Einaudi) di Ian McDonald; The Night Major (1989) di Kim Newman; Vurt (1993; Le piume di Vurt, Frassinelli), Pollen (1995; Polline, Frassinelli) e Nymphomation (1997) di Jeff Noon; Silver Screen (1999) di Justina Robson; Lethe (1995), Someone to Watch Over Me (1997) e Dreaming in Smoke (1998) di Tricia Sullivan. Il British Boom della SF contemporanea è reale, e anche il cyberpunk ne è una componente. Ovviamente, il successore più famoso di tutti è l’australiano Greg Egan, il vero e maggior poeta dell’intelligenza artificiale, a partire da Quarantine (1992; La terra moltiplicata, Nord) e Permutation City (1994; Permutation City, Shake) e così via. In Canada (dove da sempre risiede Gibson), meritano una menzione almeno Svaha (1989) dell’autore fantasy Charles De Lint, un originalissimo tentativo di unire cyberpunk e riferimenti alla cultura dei nativi americani; The Terminal Experiment (1995; Killer on line, Nord) di Robert J. Sawyer, ottimo thriller “filosofico”; e Memory Wire (1987; Memorie di domani, Urania) di Robert Charles Wilson, problematica riflessione sulla violenza.
Per finire, almeno ricordiamo anche l’esistenza di un cyberpunk italiano, che trovò un tentativo di formulazione sistematica nell’ottima antologia curata da Roberto Sturm, Sangue sintetico (Pequod, 1999). Ed è anche opportuno ricordare che il cyborg, il ciberspazio, l’intelligenza artificiale non mancano nelle metrpoli future in cui si svolge la SF di Donato Altomare, Paolo Aresi, Vittorio Catani, Alberto Cola, Carlo Formenti, Francesco Grasso, Gabriele Guerra, Massimo Pietroselli, Nicoletta Vallorani, Elisabetta Vernier, Enrica Zunic’ e tanti altri che leggiamo su Delos, Robot, Carmilla, Alia e sulle tante fanzine o su altre pubblicazioni estemporanee che escono in Italia. Li leggiamo, vero?
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