Ma la molteplicità del cyberpunk è tale che a questo punto possiamo aggiungere solo qualche nome, dalla SF più dozzinale di Alexander Besher e Bruce Bethke a quella “media” e divertente di Loren McGregor, di Richard Paul Russo, di Deus X (1992; Deus X, Nord) di Spinrad, con l’attribuzione della santità a un doppio virtuale del papa, e le protagoniste dei deliziosi Valentina: Soul in Sapphire (1984) di Joseph Delaney e Marc Stiegler e Lady El (1992) di Jim Starlin (il grande fumettista) e Dana Graziunas. Inevitabilmente, il cyborg e il ciberspazio diventano centrali in tanta military SF, di cui ci occuperemo in un’altra occasione. Qui, però, è importante notare che nell’albo d’oro dei premi Hugo e Nebula, nei due anni successivi a Neuromante, il trionfatore fu Orson Scott Card. E il mondo virtuale è davvero fondamentale nel suo ciclo di Ender (che riprende un racconto del 1976). In Ender’s Game (1985; Il gioco di Ender, Nord), la storia è quella dell’adolescente a cui si fa credere di partecipare a un gioco di guerra, e che si ritrova autore del genocidio di un’intera specie aliena; la sua vicenda (la vicenda di un Olocausto del futuro) proseguirà drammaticamente in Speaker for the Dead (1986; Il riscatto di Ender, Nord) e oltre, fra alieni, intelligenze artificiali e dilemmi (bio)etici. L’universo virtuale - al di là dei proclami di Sterling - non è fonte di rassicurazione per la fantascienza, tutt’altro. E per fortuna. Lo stesso accade nel cyberpunk femminista di Pat Cadigan. Il suo romanzo d’esordio, Mindplayers (1987; Mindplayers, Shake), parte ancora dal mito della frontiera (dal classico pathfinder di Fenimore Cooper alla pathosfinder, la cercapathos), donna arruolata (un po’ come nelle varie versioni, cinematografiche e televisive, di Nikita) in una polizia segreta virtuale in un mondo che vende, compra, ruba e contrabbanda personalità artificiali e naturali. Questo è lo sfondo di tutti i suoi romanzi e racconti. Fra i racconti, il vertice è Pretty Boy Crossover (1986; Le traversie di Bimbo Bello, Asimov’s Armenia), la storia della scelta fra accettazione della carne e accettazione dell’esistenza virtuale. E poi Synners (1991; Sintetizzatori umani, Shake), un toccante catalogo di personaggi con le loro varie reazioni di fronte al rapporto fra carne e virtuale, sempre con la consapevolezza che “qua fuori, non si poteva semplicemente cambiare programma, cancellare i vecchi referenti, e riprendere la storia in un punto qualsiasi”. E poi Fools (1993; Folli, Shake), il mondo eroicomico da incubo dell’attrice virtuale che perde il controllo delle sue personalità, raccontato in un virtuosismo verbale e tipografico che rappresenta uno dei culmini formali della fantascienza.
Ripensando al Cyberpunk
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