Con la tecnologia russa affittata a turisti milionari e l’America barcollante costretta ad affidarsi all’obsoleto arsenale postsovietico per continuare a bazzicare lo spazio, è il colosso cinese a tenere in vita questo moribondo sogno orbitale che da sempre intriga l’umanità. Due settimane fa la Cina è tornata nello spazio con due astronauti imbarcati sulla navicella Shenzhou VI, lanciata dal poligono di Jiuquan della remota regione del Gansu, mille chilometri a nordovest di Pechino. Il veicolo, una versione aggiornata di quello che nel 2003 portò nello spazio il primo astronauta cinese, il colonnello Yang Liwei, è entrato regolarmente in orbita a 350 chilometri di altitudine, circa un’ora e mezza dopo la partenza. I suoi due occupanti, i quarantenni Fei Junlong e Nie Haisheng, come il loro predecessore sono dei piloti militari. I loro nomi sono venuti fuori da un’accurata selezione operata sui 14 migliori piloti che si stanno sottoponendo all’addestramento per le missioni spaziali della Repubblica Popolare Cinese.

 

Diversamente dal colonnello Yang, partito per le stelle con una missione quasi segreta, nei giorni che hanno preceduto il lancio i suoi due eredi sono stati al centro dell’attenzione massmediatica cinese. L’agenzia d’informazione Nuova Cina ha diffuso le loro biografie, dipingendo Fei come un pittore mancato, un artista che ha rinunciato alle tele per assecondare la sua vocazione militare, e il suo collega Nie come un cowboy taciturno e coraggioso. Un interessante episodio del passato di quest’ultimo, non si sa fino a che punto autentico, è stato riportato alla luce per l’occasione: nel 1992 Nie si sarebbe infatti rifiutato di abbandonare il suo aereo avariato, riprendendone il controllo e riportandolo a terra nel corso di uno spettacolare atterraggio di fortuna che lo consacrò come eroe negli ambienti militari.

 

La loro missione è partita nelle prime ore della mattina locale del 12 ottobre, dopo che la prima nevicata della stagione aveva fatto temere un rinvio. “Non c’è nulla da temere, porteremo a compimento la missione con risolutezza” hanno dichiarato gli astronauti dopo aver ricevuto il saluto ufficiale del primo ministro Wen Jiabao. Con lui hanno presenziato al lancio altri due dei nove membri del comitato permanente del politburo comunista, l’organo che di fatto detiene il potere decisionale in Cina. Il presidente Hu Jintao ha seguito il lancio dal centro aerospaziale di Pechino. La partenza è stata trasmessa in diretta dalla televisione di Stato, che ha mostrato anche l’immagine dei due astronauti nello spazio, sorridenti e rilassati.

 

Prima di rientrare in una zona ai margini del Deserto del Gobi, nella Mongolia Interna, nella notte tra domenica e lunedì, i due astronauti si sono sottoposti a diversi test fisici. Scopo della missione, come propagandato dalla stampa di Pechino, è lo studio approfondito del comportamento umano in vista delle tappe future del programma spaziale cinese. Entro i prossimi cinque anni la Cina ha infatti intenzione di avviare la costruzione di una stazione spaziale che serva da testa di ponte verso la Luna. E, di fronte ai passi da gigante che sta facendo la Cina nel campo aerospaziale, l’America potrebbe presto trovarsi a condividere le paure degli imprenditori del Triveneto surclassati dalla concorrenza rossa. Peccato solo che nello spazio non si possano invocare misure protezionistiche… Non ancora, almeno.