Questo probabilmente è quanto di più vicino alla prescienza possa arrivare uno scrittore di fantascienza. E' straordinariamente vicino a quanto è avvenuto realmente con le sonde inviate su Marte. Clarke ha ben compreso i principi e le possibilità della missilistica interplanetaria, ma, come tutta l'umanità nel 1951, ha in qualche modo sottovalutato i potenziali a lungo termine del "piccolo ma complesso cervello elettronico", così come quelli della "vera televisione". Negli anni novanta la missilistica è ferma, mentre la tecnologia dei "cervelli" e dei media elettronici sta esplodendo.
I progressi nei computer e nelle comunicazioni rendono possibile la speculazione sul futuro dell'esplorazione spaziale su direttive interamente nuove. Proviamo a immaginarci un'esplorazione di Marte, nel primo quarto del ventunesimo secolo. Però non ci sono "colonie spaziali", razzi a tre stadi, basi pressurizzate, né tracce di trattori, né abitanti umani.
Invece, ci sono centinaia di robot grandi come insetti, ognuno equipaggiato non solo per "una vera trasmissione televisiva", ma per qualcosa di molto più avanzato. Sono equipaggiati per una telepresenza. Un operatore umano può vedere ciò che essi vedono, sentire ciò che sentono, anche guidarli secondo la sua volontà (anche se naturalmente ci sarà un forte scarto temporale nella trasmissione). Questi micro esploratori, costruiti con economici microship e fibre ottiche, sono così squisitamente monitorati che una persona può realmente sentire le pietre di Marte nei loro piccoli artigli mobili. Pilotare uno di questi piccoletti giù per le Valles Marineris, o magari in qualche crepaccio sconosciuto sulla Luna, darebbe veramente la sensazione di "esplorare". Se fossero abbastanza economici potreste anche usarli per correre fra le dune.
Nessuno vive in stazioni spaziali, in questo scenario. Invece, l'intero sistema solare è pieno di economici sistemi di monitoraggio. Non ci sono più missili. La maggior parte di questi robot pesano meno di un chilogrammo. Vengono sparati in orbita da piccoli cannoncini montati su aerei. O magari vengono lanciati con propulsione laser: raggi di calore che partono dal suolo caricati da camere a reazione che danno l'impulso.
Possono essere anche letteralmente sparati in orbita da "cannoni spaziali" come quello di Jules Verne, utilizzando l'intrigante tecnologia poco costosa del supercannone iraniano progettato da Gerald Bull. Questa pazza ma promettente tecnologia sarebbe inadatta al lancio di esseri umani, perché l'accelerazione frantumerebbe tutte le ossa di un essere vivente; ma queste piccole macchine sono resistenti.
E i piccoli robot avrebbero molti altri vantaggi. A differenza dei voli con equipaggio, i robot potrebbero andare in posti pericolosi come le cinture di radiazioni di Giove, o gli anelli di Saturno, o sulla acida superficie di Venere. Porterebbero avanti la loro missione, operativi, non per giorni o settimane ma per anni. Sarebbero estensioni non della popolazione umana ma dei sensi umani.
Essendo piccoli e numerosi, devrebbero essere poco costosi. Il punto centrale di questo scenario è creare un nuovo tipo di sonde spaziali che siano piccole, poco costose e sacrificabili come le tecnologie da cui discendono, quelle dei microchip e del video, traendo vantaggio da nuovi materiali come le fibre al carbonio, le fibre ottiche, la ceramica e i diamanti artificiali.
L'idea centrale di questa visione è "veloce, poco costoso e senza controllo". Invece di sforzi giganteschi, costosi, ultra hi-tech come quello per il telescopio Hubble (rovinato da una cattiva ottica) o per il Galileo della NASA (rovinato da problemi all'antenna), questi micro esploratori sono economici, e sono legioni, sono dappertutto. Si rovinano tutti i giorni, ma non importa perché ce n'è continuamente di nuovi a centinaia, e nessuna vita viene messa a rischio. La gente, anche la gente comune, affitta tempo su di essi, così come paga per la TV via satellite o via cavo. Se volete sapere come appare oggi Nettuno chiamate un centro dati e date un'occhiata di persona.
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