- Fa niente... Va tutto bene, non si preoccupi, venga. Prego, di qui.
Avviene un nuovo cambio di stanza. Dentro questa, c'è una ragazza con un camice bianco, lungo. L'infermiere le rivolge una rapida occhiata, mostrandole la lastra. - Recente trauma cranico - la informa sottovoce. - O ce l'ha dalla guerra, o è caduto dalle scale in questo periodo.
- Okay Giorgio, grazie - risponde lei. - Dopo ti faccio sapere.
Zanon spalanca gli occhi e si volta con uno scatto quando l'infermiere, dietro di lui, esce e richiude la porta. Il rumore, nel suo cervello, si è amplificato e moltiplicato come spari di mitraglia.
- Va tutto bene - gli sorride la ragazza. - Sssh. Tutto bene. Venga, signor Zanon. Si sdrai sul lettino. Si sdrai sul lettino, mi sente? Signor Zanon, mi sente? Si sdrai sul lettino. Ecco, così, bravo.
- Cosa mi fate, adesso?
Flash: immagine di denti che ringhiano. Mario Zanon si rizza sedu-to, fissando la parete. Passano pochi secondi e l'uomo sbatte di nuovo le palpebre, come di fronte a un'improvvisa luce accecante. Indica il muro.
La ragazza gli accarezza la testa. - Sssh.
- Oh...
- Signor Zanon... Non c'è niente, lì. Si rimetta giù... Giù. Sì, così.
Lui ha gli occhi sbarrati. - Che ore sono?
La ragazza va alla parete a digitare su una tastiera. Una musica lenta e dolce si diffonde per la stanza, assieme a fumi di olii essenziali bruciati. - Sssh - risponde.
- Perché non torna?
- Sssh. Chi?
- Tonin. Era lui di guardia, stanotte.
- Lei non è più in guerra, signor Zanon. E' tornato a casa molto tempo fa. La guerra è finita.
- I crizca.
- Quelli sono tornati da dove erano venuti. Grazie a uomini coraggiosi come lei che hanno salvato il nostro paese. Anzi, che hanno salvato il mondo.
- Sissì, va bèn, ma le loro astronavi sono scese sul pendio orientale, qualcuno deve avvertire il sior capitano...
- Quegli esseri non esistono più. Non ne è rimasto più nemmeno uno. - La ragazza comincia un massaggio rilassante. - Sssh, è tutto finito.
Solo allora Mario Zanon, la barba lunghissima su un volto abbastanza giovanile, un metro e ottantotto per settantacinque chili, tatuaggi sparsi su gran parte delle braccia, una cicatrice sulla guancia destra e una medaglia al valore che tiene nel taschino della giacca, si accorge che la musica è quella di un carillon. Un carillon, di quelli che si mettono sopra le culle dei neonati per farli stare buoni.
Muove le mani nell'aria, stupito, come a voler afferrare i suoni. Sorride. L'infermiera lo aiuta, piano, a togliersi la giacca e la camicia. - Sssh. Ecco, bravo. Lei e i suoi compagni siete degli eroi, avete salvato... il mondo... Sssh.
- Sì... - Zanon chiude gli occhi. Lentamente si muove ad assumere una posizione fetale. Sbadiglia.
- Lei ha salvato la sua patria. E' stato un uomo coraggioso che ha fatto il suo dovere.
- Sì...
- Ma la guerra è finita, adesso.
- No...
- E' finita da due anni, lo capisce?
- Sì, lo so... Lo so. Però... Mi stia a sentire, c'era il Tonin, ieri notte, di guardia...
- Il suo amico Tonin non era di guardia, ieri notte. Questo è accaduto due anni fa, Tonin è a casa anche lui, ora.
- Sì, ma ieri... Voglio dire, qualcuno dovrebbe andare a controllare - Zanon alza le spalle - così, per sicurezza, perché potrebbe essergli successo qualcosa.
- Sssh. Va tutto bene. E' tutto finito. Senta questa musica. Si rilassi...
Dopo un po', Mario Zanon comincia a piangere. Dapprima silenziosamente. Poi, proprio come un bambino. - Quelle bestie...
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