Un gran bel paio di gambe
A questo punto la ricerca era già naturalmente indirizzata verso l'obiettivo successivo e, tra il 1987 e il 1989, la Honda sviluppò altri tre prototipi (E1, E2 ed E3) che migliorarono le prestazioni della deambulazione soprattutto in termini di velocità. Lo scoglio maggiore fu implementare la possibilità di far variare il centro di gravità del robot e interpretarne la nuova posizione nel corso della locomozione. In questo modo il robot poteva "aggiustare" la postura per mantenersi in equilibrio. A tale scopo, i ricercatori giapponesi studiarono a fondo i meccanismi che regolano non solo l'atto umano di camminare, ma anche i metodi di locomozione adottati da altri animali in natura.
I punti prescelti di snodo delle giunture furono nel complesso sei, tre per ciascuna gamba. La "caviglia" con la possibilità di ruotare intorno a due assi perpendicolari tra loro, il "ginocchio", con la possibilità di ruotare intorno a un solo asse perpendicolare alla direzione del movimento e l'"anca" con i medesimi gradi di liberà della caviglia. Fu proprio nei giunti delle caviglie che vennero inseriti i sensori di "contatto" in grado di far interpretare al robot la superficie su cui stava camminando. I risultati di queste ricerche si tradussero nelle successive versioni che migliorarono sempre di più la velocità della deambulazione. Il prototipo E2 era in grado di raggiungere (a piedi, naturalmente!) una velocità di 1.2 km/h, ovvero di un 1 metro ogni 3 secondi. Se si considera che a piedi l'uomo ha una velocità media di circa 2 m/s, la strada da percorrere era -letteralmente!- ancora molto lunga, anche considerato che il robot non era in grado di affrontare superfici non piane, rampe o gradini in un atto stabile. Tuttavia per la Honda fu contemporaneamente la fine del primo ciclo di ricerca sullo studio della replicazione artificiale della locomozione umana e l'inizio di uno nuovo.
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