La conversazione a questo punto deraglia un po': Alexis gli chiede che cosa l'ha colpito di più nell'intervista, si parla della rivista che prende il nome da Asimov, della produzione di divulgazione fantascientifica, di gialli...
Ma, alla fine, si ritorna sul film. Duvic esprime prima una speranza: "Bisognerebbe vederlo, perché spesso chi vuole dire qualcosa nei film hollywoodiani è un po' obbligato, come si diceva poco fa per Minority Report, a essere un po' sottili, a trasmettere i messaggi in modo che non siano percettibili, e questo è antipatico, e anche un po' stupido se la maggior parte degli spettatori non coglie questi messaggi. Ma è vero che a volte guardando questi film più da vicino, si scopre che vanno un po' più in profondità".
E infine, un po' di sano sarcasmo, che non venga in mente a nessuno che ci siamo rammolliti. Un sarcasmo che non si sa se venga più dallo scrittore o dallo sceneggiatore. O, magari, dal lettore: "Se Asimov fosse vivo, forse il film non sarebbe stato fatto nello stesso modo. D'altra parte la prova è che quando si vuol fare un film tratto da un'opera di un grande autore di fantascienza, si aspetta che sia morto".
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