- Rane, amico mio. Rane, non rospi. Persino gli egiziani le assunsero come ideogramma della formula uhenm ânkh ovvero quale simbolo delle ripetizioni di vita. Per tornare all'esperimento, i signori che pagano sanno che ho ragione. Conoscono i miei studi sulle staminali totipotenti, e sanno che io sono fra i pochi in grado di replicare un soggetto isolando cellule idonee non solo da midollo osseo ma anche da sangue in circolo capillare. Nel nostro caso, poi, tessuti che sanguinano senza interruzione ne facilitano l'individuazione. No, ne sono certo, loro sanno di essersi rivolti alla persona giusta. Soltanto, si aspettavano risultati più rapidi.

- Non è me che deve convincere, professore. Io ero presente il giorno del ritrovamento, e ho seguito le fasi di crescita accelerata della copia... e ho assistito ai primi due tentativi di suicidio.

Il significato oscuro del dialogo finisce per confondere ulteriormente la mia mente già provata. Non riesco davvero più a seguirne il senso.

- Ma un paio di cose non mi sono ancora chiare - ha ripreso il carceriere. - Primo: se diamo per scontato che le ultime Tavolette siano menzognere, che riportino una versione falsa, suggerita magari dallo stesso sovrano di Uruk per nascondere al mondo di aver ottenuto da Utnapishtim il segreto della vita eterna, e se quello del ritrovamento è davvero il dito medio di un uomo immortale, c'è un tizio, il proprietario di quel dito, che da qualche migliaio d'anni continua a girovagare in lungo e in largo per questa terra e che non può morire. Giusto?

- Giusto, un uomo immortale, come la nostra copia qui - conferma faccia di topo. Si piega e mi scruta da vicino, sporgendo sopra i pezzi di vetro gli occhi grigi. - Ma questo è un problema che al momento non ci riguarda. Vero, creatura che non può morire? - La mia vista è sempre più annebbiata, ma intuisco che si sta rivolgendo a me, direttamente. - Se solo riuscissi a capire questa tua fase autodistruttiva. Cosa ti spinge? Perché proprio nel momento che ti avvicina alla consapevolezza, al luogo della comprensione? Perché a un passo dalla meta credi di poter scegliere di morire? Non dovresti. Se non altro per una sorta di riconoscenza per chi ti ha creato. Creato! E' il termine giusto? O non sarebbe meglio dire ricostruito? No, creato è la parola. L'analogia, tutto sommato, è sconcertante: come nell'epopea, un dio ha creato un sosia di Gilgamesh. Sì, è vero, il mio metodo ha poco di mistico e utilizza cellule staminali recuperate dal plasma di un dito medio, ma cosa cambia? Tutto sommato tu non sei che un Enkidu moderno.

In uno sforzo estremo chiedo alla mia vista ancora un po' di fuoco e mi guardo i polsi: la linfa vermiglia continua a fuoriuscire copiosa, lenta ma, ormai questo l'ho capito, inarrestabile. Comincio a intuire l'orrore della mia condizione, un orrore che supera di gran lunga la semplice prigionia in una torre.

Il grosso topo con i pezzi di vetro sul naso torna a rivolgersi al carceriere, le ultime frasi mi giungono sempre più disturbate dagli sciami d'api che, nelle mie orecchie, hanno intensificato i lavori di costruzione degli alveari. Mi riesce ormai difficile persino stabilire quale dei due visitatori formuli domande e quale fornisca spiegazioni, e il mio unico desiderio, al momento, è quello di trovarmi altrove, in un altro Luogo...

Su ogni lato le corone dei re sono ammucchiate

Su ogni lato le voci dei re che portarono quelle corone