E io sono il Prigioniero della Torre.

Ah, cosa darei per esserci! Cosa darei per vedere la faccia del carceriere, per ridere della sua delusione quando entrerà nella prigione e mi troverà annegato nel mio stesso sangue. Il mio sangue, il mio sangue vermiglio che continua ad alimentare senza interruzione la pozzanghera. Senza interruzione. E' strano: non avrei supposto di averne in circolo una quantità così enorme. A pensarci dovrebbe già essere esaurito. Da tempo. A pensarci dovrei essere già morto. Da tempo. Oppure é l'intontimento a confondere le mie capacità di valutazione. O magari manca ancora un anello, una maglia nella catena dei ricordi. Ecco, forse è proprio questo che difetta, che mi confonde: un frammento fondamentale di memoria. Oh, ma cosa importa ormai! Spero solo che, prima di ricongiungermi a Enkidu nella Casa di Polvere, mi resti il tempo per indirizzare al carceriere un messaggio di commiato, affinché sappia che adesso io ricordo davvero.

Dalla branda mi lascio scivolare sulla pietra della pavimentazione e, nonostante lo sfinimento, striscio verso la porzione di parete ancora libera da affreschi. Non mi è necessario raccattare pennelli e colori: la linfa rossa che continua a defluire copiosa dai miei polsi, come da sorgenti perpetue, servirà egregiamente allo scopo.

I frammenti della menzogna.

Utnapishtim offre a Gilgamesh un'opportunità:

sei giorni e sette notti dovrà restare sveglio

e anch'egli diverrà immortale.

Gilgamesh siede sulla spiaggia e nell'attimo stesso cade addormentato.

Utnapishtim fa cuocere una pagnotta di pane ogni giorno

e la fa posare ai piedi di Gilgamesh.

dopo sei giorni e sette notti Utnapishtim lo sveglia

e gli mostra le pagnotte e il loro stato di decadimento,

dal pane più recente al più vecchio, ammuffito.

La moglie di Utnapishtim convince l'uomo del Grande Diluvio ad avere misericordia di Gilgamesh; lui gli offre in luogo dell'immortalità una pianta che gli restituirà la giovinezza, ma lui non ha fiducia e non l'usa;

decide di portarla a Uruk e provarla prima su un vecchio.

Mentre dorme, una serpe mangia la pianta magica (è per questo che i serpenti versano la loro pelle) e striscia via

Prostrazione

Spossamento

Vista confusa.

Seduto sulla pietra del pavimento, appoggiato alla parete, ho ascoltato di nuovo suole calpestare scalini di legno, ho udito ancora sferragliare di catenacci, in un'immagine fumosa ho visto la porta della prigione aprirsi. E questo è davvero strano, perché io non dovrei essere più qui, ma nella Casa di Polvere, già al cospetto di Ereshkigal, regina di Inferno...

Beletseri, lo scrivano di Inferno, siede di fronte a lei

Beletseri solleva una tavoletta e la legge a Ereshkigal

Lei leva lentamente la testa e mi osserva

Chiede: chi ha mandato quest'uomo?

L'ometto ha occhi grigi da topo, radi baffetti da topo, incisivi sporgenti da topo. Se non fosse per due pezzi di vetro a forma di mezzaluna, in equilibrio sulla punta del naso, e per la parte sinistra della fronte rattoppata da una placca che diffonde i riflessi del ferro, la mia vista annebbiata dedurrebbe che il carceriere ha varcato la porta della cella in compagnia di un topo troppo cresciuto.

- Maledetto idiota! Lo ha fatto di nuovo - inveisce l'omino roditore, con una vocina stridula che mi raggiunge da profondità abissali. - Sai già cosa fare - dice rivolto al carceriere. - Fai venire un paio di chirurghi dal Primo Livello a ricucirgli i polsi, e raccomandati per una giusta dose di sintetica: per un terzo tentativo occorrerà che non ricordi le esperienze precedenti.